Studio USA sul rallentamento dell’economia cinese

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L’accusa Usa all’economia cinese: dati falsati e crescita gonfiata. L’economia della Cina è incappata in un brusco rallentamento. Le autorità hanno subito sottolineato come la situazione fosse sotto controllo e come certi allarmismi riportati dai media occidentali non fossero altro che esagerazioni create ad hoc per colpire Pechino nella sua immagine.

Le statistiche ufficiali cinesi, d’altronde, parlano chiaro: il Pil prosegue la sua galoppata, pur ridimensionata rispetto al passato, a un ritmo del 6% annuo (record negativo di crescita dal 1990 a oggi). Gli Stati Uniti non credono a questa versione e sostengono che la crisi in cui è piombato il Dragone sia più seria del previsto. Come fare, però, a confutare i numeri ufficiali di un altro paese senza avere a disposizione prove di alcun tipo? Semplice: usando fonti alternative.

Dati fasulli?

Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, i grandi investitori statunitensi hanno iniziato a usare le foto satellitari per capire a che punto è la crisi economica cinese. Gli occhi elettronici spaziali puntati sui principali hub industriali cinesi producono immagini dalle quali si possono misurare i consumi di energia delle fabbriche, visibili per il calore che emanano.

Se l’economia va a gonfie vele, le aziende producono a ritmi elevati; dallo spazio si notano quindi alti consumi di energia, rappresentati nelle foto da un alone di colore più chiaro. In caso contrario, le immagini non mostrano alcun segno; vuol dire che le fabbriche producono a basso regime. Un’altra fonte alternativa arriva dall’intelligenza artificiale. Attraverso complicati algoritmi, le foto satellitari possono raccogliere i big data sui rientri dei lavoratori cinesi nei villaggi di provenienza in occasione delle festività. In base all’intensità dei trasporti e degli spostamenti, gli esperti sono arrivati a ipotizzare lo stato di salute dell’economia.

Un’economia da ridimensionare

Alla luce delle prove raccolte si evince che no, l’economia cinese non è sul punto di implodere ma, allo stesso tempo, si comprende anche che i danni derivanti dalla guerra dei dazi sono più gravi del previsto. Basandosi sulle foto satellitari, c’è chi ha ipotizzato che la reale crescita del pil cinese non si attesti intorno al 6,2%, bensì almeno tre punti di percentuale in meno.

Gli appelli di Xi Jinping riuniscono il popolo cinese dietro il nazionalismo cinese ma non servono a niente di fronte alla scure dei dazi di Donald Trump. Ad agosto, le esportazioni del Dragone sono diminuite dell’1% rispetto all’anno precedente; un calo che arriva dopo il + 3,3% registrato a luglio.

Sempre restando ai freddi numeri, c’è un altro dato che sposa quanto sostenuto dalle foto satellitari. Le vendite di autovetture, oltre la Muraglia, si sono ulteriormente ridotte nel mese appena trascorso; i dati dell’Associazione cinese dei produttori di auto (Cpca) hanno indicato che ad agosto le vendite hanno raggiunto 1,564 milione di auto, in calo del 9,9 anno su anno e in rialzo del 5,4% mese su mese.

La Cpca ha attribuito il rallentamento delle vendite alla lenta produzione e al maltempo. Già, una produzione rallentata: proprio come sostengono le foto satellitari degli Stati Uniti. Nel frattempo, da pochi giorni è entrato in vigore l’ultimo pacchetto di sanzioni varate da Trump. Il rischio è che la Cina continui nella sua lenta discesa che, vista da lontano, sembra un’ascesa a tutti gli effetti.

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