Un nuovo massimo termico come nel Paleocene-Eocene

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Siamo a 140 anni dalla replica di uno dei più grandi eventi di global warming della Terra. Meno di cinque generazioni potrebbero separarci dall’eguagliare le emissioni di CO2 (e le temperature) di un evento di 56 milioni di anni fa: il Massimo termico del Paleocene-Eocene, il più grande episodio di global warming che la Terra ricordi dopo l’estinzione dei dinosauri.

A 140 anni da un punto di non ritorno?

Le emissioni globali di anidride carbonica di origine antropica potrebbero pareggiare quelle liberate in atmosfera durante uno dei più significativi eventi di global warming molto prima del previsto: nell’arco di sole cinque generazioni, 140 anni, potremmo aver immesso in atmosfera la stessa quantità di CO2 registrata nel Massimo termico del Paleocene-Eocene (Paleocene-Eocene Thermal Maximum, PETM), il cambiamento di temperature più rilevante sulla superficie terrestre dall’estinzione dei dinosauri ad oggi.

Lo sostiene uno studio pubblicato su Paleoceanography and Paleoclimatology, che aggiunge che l’uomo sta rilasciando CO2 a ritmi 9-10 volte più rapidi di quelli ipotizzati per il PETM, e che potremmo arrivare a eguagliare il triste primato di emissioni generate nel 2159. Noi non ci saremo e neppure i nostri figli, ma se pensiamo ai nipoti dei nostri figli, e ai loro figli, quella data non è affatto lontana.

Cambiamento climatico: siamo alla vigilia di un riscaldamento globale? Era il 1975 quando Nature pubblicò per la prima volta un articolo scientifico in cui si utilizzava l'espressione "global warming". A firmarlo era Wallace Smith Broecker, geofisico statunitense che per primo predisse che l'accumulo di CO2 in atmosfera avrebbe provocato un innalzamento delle temperature e che da allora è considerato il profeta dei cambiamenti climatici. Scrisse che il clima "è una bestia feroce, che stiamo stuzzicando", e molto si spese in favore di una soluzione, un ridotto utilizzo dei combustibili fossili. Descrisse il nastro trasportatore di correnti marine che mitiga gli inverni europei, trovando in questo sistema il tallone d'Achille del clima globale - un lieve incremento delle temperature potrebbe farlo arrestare. Anche questa fu un'asserzione rivoluzionaria: gli oceani influenzano l'atmosfera, e viceversa. Broecker si è spento a New York il 18 febbraio 2019, a 87 anni. | Bruce Gilbert. Courtesy Lamont-Doherty Earth Observatory
Cambiamento climatico: siamo alla vigilia di un riscaldamento globale? Era il 1975 quando Nature pubblicò per la prima volta un articolo scientifico in cui si utilizzava l’espressione “global warming”. A firmarlo era Wallace Smith Broecker, geofisico statunitense che per primo predisse che l’accumulo di CO2 in atmosfera avrebbe provocato un innalzamento delle temperature e che da allora è considerato il profeta dei cambiamenti climatici. Scrisse che il clima “è una bestia feroce, che stiamo stuzzicando”, e molto si spese in favore di una soluzione, un ridotto utilizzo dei combustibili fossili. Descrisse il nastro trasportatore di correnti marine che mitiga gli inverni europei, trovando in questo sistema il tallone d’Achille del clima globale – un lieve incremento delle temperature potrebbe farlo arrestare. Anche questa fu un’asserzione rivoluzionaria: gli oceani influenzano l’atmosfera, e viceversa. Broecker si è spento a New York il 18 febbraio 2019, a 87 anni. | Bruce Gilbert. Courtesy Lamont-Doherty Earth Observatory

Una gara che non vorremmo vincere. Il PETM fu un periodo associato a un rapido aumento delle temperature e a un sovvertimento del ciclo del carbonio avvenuto 56 milioni di anni fa. Per ragioni geologiche o astronomiche non ancora chiare, in un arco di tempo compreso tra i tremila e i 20 mila anni, le temperature globali aumentarono di 5-8 °C e le medie globali toccarono i 23 °C, 7 gradi in più rispetto a quelle odierne.

Le analisi dei sedimenti oceanici raccontano che in quello stesso periodo, si accumularono in atmosfera tra le 3000 e le 7000 gigatonnellate (miliardi di tonnellate) di carbonio. Fino al 2016, le attività dell’uomo ne avevamo prodotte 1500: in un arco di tempo decisamente più ristretto ne abbiamo rilasciate quasi la metà rispetto al valore minimo ipotizzato per il PETM. Alla stima più alta (7000 gigatonnellate e oltre) potremmo arrivare nel 2.278.
Già a questo punto? Il Massimo termico del Paleocene-Eocene è spesso preso come punto di riferimento dai climatologi che si occupano di global warming, ma nessuno si aspettava potessimo affiancarlo così presto.

Gli scienziati dell’Università del Michigan sono arrivati a queste conclusioni utilizzando modelli matematici che hanno permesso di comparare le emissioni di CO2 prodotte durante il PETM e quelle di origine antropica sulla stessa scala cronologica: è così che è emersa l’attuale velocità di emissione.

Quali conseguenze? Durante il PETM, l’Artico era libero da ghiacci e occupato da palme e coccodrilli. Non è possibile prevedere l’impatto di un così netto rialzo di temperature oggi, su un pianeta con una fauna, una flora e una situazione geologica completamente diverse, e con una produzione di CO2 così intensa in un arco di tempo tanto breve, ma gli effetti del riscaldamento globale stanno già iniziando a manifestarsi nella loro drammaticità. Inoltre, una volta emessa, la CO2 impiega migliaia di anni a dissiparsi ed essere assorbita di nuovo. Per ritornare a temperature accettabili potrebbero volercene altrettanti.

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