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I social media come una droga, creano dipendenza

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I social media come una droga, creano dipendenza
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L’identikit dei ‘drogati’ di social: nevrotici e coscienziosi. Chi possiede certi tratti della personalità è più incline a controllare morbosamente i like, le condivisioni e i commenti. E a sviluppare una dipendenza.
NON E’ TUTTA colpa dei social network. Certo, usano meccanismi ben oliati per occupare la maggior parte del nostro tempo, sono distributori automatici di dopamina e invadono il nostro cervello con sensazioni di piacere. Ma la schiavitù da Facebook, Instagram o Snapchat dipende anche dalla nostra personalità. Chi possiede certi tratti è più incline a controllare morbosamente i like, le condivisioni e i commenti. E non sono solo i caratteri problematici, i narcisisti o gli ossessivi, a trascorrere sui social la maggior parte delle ore della giornata, ma anche chi si definisce socievole e coscienzioso.
• I BIG 5
A metterlo in evidenza per la prima volta uno studio dell’università di Binghamton nello stato di New York. I ricercatori hanno distribuito dei questionari a oltre 300 studenti universitari per capire le caratteristiche del loro carattere e il loro uso della tecnologia, particolarmente dei social media. La lista comprendeva domande come: “trascuri cose importanti per passare il tempo su internet?” O “Quando non usi i social ti senti agitato?” e “Hai già provato senza successo a ridurre il tempo che trascorri su questi siti?”.I ricercatori hanno poi diviso i loro soggetti in base ai Big 5, le cinque caratteristiche del modello più condiviso e testato per lo studio della personalità, che sono: estroversione, gradevolezza, coscienziosità, nevroticismo e apertura mentale.
• L’INTERAZIONE DEI CARATTERI
Come già si era concluso in altri studi, l’estroversione e l’apertura a nuove esperienze non sono legati al consumo ossessivo dei social. Diverso è il discorso per gli altri tre tratti del carattere e delle loro interazioni. Di per sé un individuo coscienzioso, ovvero che ha un grande auto controllo e che persegue con diligenza un obiettivo, non sta incollato allo smartphone o al computer, mentre un individuo nevrotico (che spesso vive emozioni negative, come lo stress e l’ansia) ha la tendenza a rifugiarsi nella rete per dare sfogo alle sue pulsioni. Ma gli scienziati hanno studiato i soggetti che presentavano entrambi questi tratti e, con sorpresa, hanno constatato che erano comunque a forte rischio dipendenza.Anche qualcuno con grande disciplina e self control, quindi, può cadere, letteralmente, nella rete. Perché? «Probabilmente l’alto livello di ansia annulla la percezione dell’autocontrollo che ha la persona coscienziosa», spiega uno degli autori dello studio, Isaac Vaghefi, professore di Sistemi Informatici alla Binghamton.
• NON SOLO TROLL
Ancora più singolare è stata una seconda conclusione. Si pensa che il social dipendente sia, spesso, un troll, un disturbatore della rete che semina commenti ostili e insulti, che non ha una vita sociale reale e che compensa sugli spazi virtuali. Ebbene questo stereotipo è tutto da rivedere. Perché Vaghefi e il suo team hanno visto come soggetti con entrambi i tratti di gradevolezza (che indica empatica, socievolezza) e coscienziosità – dunque due caratteristiche positive – sono ugualmente inclini all’uso smodato dei social media.”Possiamo chiamarla una dipendenza di segno positivo. Queste persone usano gli strumenti social per aiutare gli altri, prendersi cura dei loro amici, stare in contatto il più possibile con le persone che amano. Non usano il web in chiave antisociale, come spesso accade a chi sviluppa dipendenza”, ci spiega Giuseppe Riva, docente di Psicologia e Nuove Tecnologie della Comunicazione dell’università Cattolica di Milano. Che poi riflette sul significato più ampio dello studio: “È la conferma del potere che i social network esercitano nell’incanalare le attività degli utenti. Riflettiamo bene sui rischi perché, come vediamo, questi siti sono in grado di attirare e invischiare nei loro meccanismi tutti i tipi di personalità, non solo quelle problematiche come si pensava”.

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