La psicologia occidentale si adatta anche ad altre culture?

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La cultura di provenienza falsa gli studi di psicologia. Molti comportamenti considerati universali sono stati in realtà studiati su volontari occidentali e poco rappresentativi della complessità di tutti gli umani.

La psicologia moderna è nata e si è sviluppata negli ultimi 150 anni tra Europa e Nord America. La mentalità occidentale nella quale siamo cresciuti è dunque, in gran parte dei casi, la stessa che ha “partorito” i più noti scienziati in questo campo e le loro idee.

Non solo: oltre il 90% delle persone scelte come volontari per gli studi psicologici proviene da Paesi occidentali, con un buon livello di istruzione, industrializzati, ricchi, democratici… (WesternEducatedIndustrialisedRich, and Democratic – W.E.I.R.D), perché gli studenti universitari sono per i ricercatori il soggetto più facile da reclutare.

VISIONE PARZIALE. È chiaro quindi che, sia a livello teorico, sia nell’osservazione “sul campo”, c’è una vastissima fetta di popolazione non rappresentata negli studi di psicologia. Certi comportamenti umani che potremmo pensare universali sono in realtà ascrivibili a una ristretta fascia di popolazione: non rappresentano l’intero genere umano.

Questo problema è noto agli addetti ai lavori, e sono sempre di più gli esperimenti di psicologia cross-culturale che mettono a confronto le reazioni di volontari “estratti” da contesti culturali molto diversi. Alcune di queste differenze sono davvero curiose e sorprendenti, come racconta un articolo pubblicato su The Conversation.

TROVA L’ESCLUSO. Per esempio quale coppia di oggetti tra questi tre – scimmiapanda banana – andrebbe secondo voi insieme? Avete probabilmente risposto “scimmia” e “panda”, perché sono entrambi animali. Questo modo di ragionare è indice di un pensiero analitico, che tende a considerare gli elementi indipendentemente dal contesto.

In un paese orientale risponderebbero probabilmente “scimmia” e “banana”, perché entrambi legati allo stesso habitat e uniti da una relazione (le scimmie mangiano le banane). Funziona così il pensiero olistico, che tende a considerare un elemento insieme al suo contesto di appartenenza.

Percezione e provenienza geografica: gli Himba della Namibia notano, di una scena, dettagli che sfuggono agli occidentali. | CORBIS
Percezione e provenienza geografica: gli Himba della Namibia notano, di una scena, dettagli che sfuggono agli occidentali. | CORBIS
STESSA SCENA, DIVERSI RICORDI. I diversi modi di ragionare hanno ricadute sulle principali facoltà cognitive, come la memoria, l’attenzione e la percezione. In un esperimento classico sulla diversa sensibilità tra americani e giapponesi, pubblicato nel 2001, volontari di entrambe le provenienze guardarono per 20 secondi una scena animata ambientata in fondo al mare. Tutti i soggetti, indipendentemente dall’origine geografica, furono in grado di ricordare il principale attore della scena – un grosso pesce.

Ma i giapponesi riuscirono a rievocare correttamente anche molti particolari dello sfondo come il colore dell’acqua, sintomo appunto di un pensiero olistico (che considera la scena nel suo insieme). Ecco che la cultura di appartenenza investe un campo spesso soggetto a generalizzazioni, come quello della memoria.

Tradizione, modernità e tutte le sfumature intermedie.|REUTERS/YUYA SHINO
Tradizione, modernità e tutte le sfumature intermedie.|REUTERS/YUYA SHINO

DESCRIVITI IN POCHE FRASI.Come parlereste di voi a uno sconosciuto? Probabilmente citando alcune caratteristiche “stabili” del vostro carattere: gli psicologi sociali hanno a lungo pensato che questo fosse lo standard per tutti gli esseri umani.

In realtà è così per gli individui di Paesi occidentali, che tendono a pensare a sé e descriversi come persone autonome, libere, uniche. Ma non vale allo stesso modo per tutte le culture: in Africa, Asia e Sud America si tende a considerarsi e descriversi come individui inseriti in una rete di relazioni (sono figlio di, madre/padre di…), fortemente in connessione con il resto della società.

Queste differenze sono state riscontrate anche in studi di imaging cerebrali (in particolare in fMRI, risonanza magnetica funzionale): quando uno statunitense pensa a sé e alla propria madre, le risposte nella corteccia prefrontale mediale, un’area associata con la rappresentazione del sé, sono molto diverse. Quando un cinese pensa a sé e alla propria madre, le risposte di attivazione cerebrale nella stessa area non sono molto diverse: tra la propria autorappresentazione e la rappresentazione materna c’è una forte sovrapposizione.

SALUTE MENTALE. Le differenze culturali sono anche una variabile fondamentale per capire quali comportamenti si possano considerare “normali” in un contesto culturale, e quali socialmente patologici. Certe forme di educazione, modestia e riservatezza orientali sarebbero facilmente scambiate per fobie sociali in Occidente.

Inoltre, alcune patologie sociali sono tipiche di un’area geografica: si pensi all’Hikikomori, una forma di ritiro sociale giapponese che non trova corrispondenze nei Paesi occidentali (dove le fobie sociali sono ovviamente presenti, ma prendono strade diverse); o alla convinzione diffusa presso certe culture del Sud America, che l’invidia altrui possa attirare su di sé la malasorte – una forma di superstizione che altrove potrebbe essere scambiata per paranoia.

UGUALI E DIVERSI. Far emergere queste molteplici sfumature del comportamento umano avrà un duplice effetto. Quello, più immediato, di farci apparire ancora più diversi e culturalmente vari; e nel lungo termine, quello di sottolineare le vere, comuni radici della nostra specie, che nella maggior parte dei comportamenti di base è uguale a tutte le latitudini.

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