Russia al collasso, fuga delle banche e pagamenti in Yuan

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Russia in difficoltà sui pagamenti: così per le banche alleate suona la ritirata. Spaventati dalle sanzioni dopo l’ultima stretta Usa, gli intermediari finanziari stanno voltando le spalle a Mosca anche nei Paesi amici, come Cina, Emirati arabi, Turchia. Con l’export che inizia a diminuire il Cremlino e la banca centrale russa ammettono difficoltà e accelerano sul rublo digitale.

Dopo due anni di guerra e di sanzioni durissime, la Russia a scoppio ritardato comincia ad entrare in crisi sul fronte dei pagamenti internazionali. Le banche straniere che finora l’hanno aiutata ad evitare un crollo delle entrate – garantendole la possibilità di scambiare merci e prodotti di ogni genere in gran parte del mondo – una dopo l’altra si stanno tirando indietro. Un voltafaccia improvviso e sincronizzato, che coinvolge tutti i maggiori alleati commerciali di Mosca: Cina, India, Turchia, Emirati arabi, Kazakhstan, Armenia.

Né conferme né smentite

Da settimane si moltiplicano le indiscrezioni su istituti che da un giorno all’altro hanno alzato la guardia, mettendosi a passare al setaccio ogni transazione e in diversi casi addirittura chiudendo conti collegati a soggetti russi. Le voci più recenti indicano che alla ritirata sta partecipando anche Emirates NBD, grande banca a controllo statale degli Emirati arabi uniti: un caso eccellente, ma non isolato, che allunga una serie già nutrita di analoghe segnalazioni, riferite a banche e altri intermediari finanziari in diversi Paesi.

Se mancano conferme ufficiali da parte di chi avrebbe preso le distanze dalla Russia, non si registrano neppure smentite. E comunque il fenomeno è ormai diventato così evidente e diffuso che Mosca stessa non cerca più di nasconderlo. Nemmeno all’opinione pubblica interna.

La presidente della banca centrale, Elvira Nabiullina, ha dichiarato che «di recente la situazione si è deteriorata per il regolamento delle transazioni commerciali con l’estero», spingendo le autorità ad «accelerare lo sviluppo di sistemi di pagamento alternativi»: in particolare il rublo digitale, per cui la Duma ha appena approvato l’utilizzo per pagamenti internazionali, ma anche le criptovalute come il Bitcoin, cui Nabiullina si dice «contraria per l’uso nei pagamenti interni al Paese, ma a favore dell’impiego nel commercio estero».

Anche il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov non si è sottratto a domande sul tema, confermando «problemi» nei pagamenti «con gli amici cinesi» e denunciando «pressioni sfacciate, aggressive e senza precedenti degli Usa in Turchia» che hanno intimidito gli intermediari di cui Mosca si serviva fino a poco tempo fa.

L’effetto delle sanzioni

Russia in difficoltà sui pagamenti: così per le banche alleate suona la ritirataContro la Federazione russa le potenze occidentali hanno inflitto centinaia di sanzioni, con una severità che non ha paragoni. E tra le prime misure – applicate fin dal 1° marzo 2022, una settimana dopo l’invasione dell’Ucraina – c’erano state anche l’esclusione dal sistema del dollaro e la cacciata dallo Swift, sistema di messaggistica utilizzato in tutto il mondo per i trasferimenti di denaro transnazionali: provvedimenti che all’epoca erano stati definiti «un’arma nucleare finanziaria» dal ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire, ma che non sono riusciti a portare all’isolamento e alla capitolazione di Mosca.

Dopo due anni qualcosa sta cambiando. E c’è una data precisa a segnare una cesura: quella del 22 dicembre 2023, quando un ordine esecutivo della Casa Bianca in pratica ha dato mano libera al dipartimento del Tesoro nell’applicare sanzioni secondarie contro qualsiasi intermediario sospettato di agevolare «il finanziamento della macchina da guerra russa». Emissari del Governo Usa hanno rafforzato la minaccia, intimando lo stop attraverso missioni diplomatiche e incontri mirati con i vertici di molte banche, compresa l’austriaca Raiffeisen, che non ha ancora ceduto le attività in Russia.

La paura di diventare a propria volta dei paria – messi al bando dagli Usa, dal dollaro e dallo Swift – ha paralizzato molti intermediari, con ricadute pesanti per Mosca che solo ora cominciano ad essere visibili. Ogni generalizzazione o previsione sui prossimi sviluppi sarebbe prematura, oltre che incauta, ma i dati parlano chiaro. E quelli diffusi pochi giorni fa dalla Turchia mostrano che a febbraio l’interscambio con la Russia è crollato di oltre un terzo: le importazioni di Ankara sono scese a 1,3 miliardi di dollari (-36,7%), le esportazioni a 670milioni (-33%).

Vendite di prodotti petroliferi in sofferenza

Le vendite di prodotti petroliferi russi – compromesse anche dai droni ucraini contro le raffinerie – stanno soffrendo ovunque: sempre a febbraio le spedizioni via mare si sono ridotte di un quinto, a 2,13 milioni di barili al giorno stima S&P Global Commodities, il minimo da maggio 2022 e il 24% in meno rispetto ai livelli ante guerra.

L’export di greggio “tiene” un po’ meglio, ma i caricamenti sulle petroliere sono comunque diminuiti dell’8% tra gennaio e febbraio, a 3,31 mbg. Persino l’India – che era arrivata a rifornirsi di greggio per il 40% da Mosca – sembra aver perso interesse per i barili russi, al punto da respingere petroliere già in viaggio e sostituirle con carichi importati dagli Usa (si veda il pezzo qui a fianco).

La Russia ha dimostrato grandi abilità nel costruirsi una rete fitta e sofisticata di intermediari, non solo finanziari, grazie ai quali è riuscita ad attenuare l’impatto di sanzioni occidentali che ormai colpiscono oltre 900 individui e società. E non è detto che non riesca nuovamente a riorganizzarsi. Follow the money, seguire il denaro, si sta comunque rivelando come sempre un metodo più efficace di altri.

Molti correntisti con cui la banca emiratina NBD starebbe tagliando i ponti fino a poco tempo fa avevano un ruolo centrale nello “smistare” il petrolio russo ovunque nel mondo: fonti del Wall Street Journal citano la chiusura di conti con depositi superiori a 5 milioni di dollari, alcuni dei quali intestati a Coral, Voliton, Bellatrix, Pontus Trading, società da tempo sospettate di essere state create ad hoc per agevolare violazioni dell’embargo del G7 (si veda Il Sole 24 Ore del 20 maggio 2023). Anche il conto di un grande produttore russo di fertilizzanti, Uralkali, sarebbe stato sospeso. A Dubai inoltre avrebbe interrotto le relazioni con Mosca la filiale dell’egiziana Banque Misr.

Nelle settimane scorse erano emerse indiscrezioni analoghe riferite ad altri Paesi. Già ai primi di febbraio il quotidiano russo Vedomosti scriveva di difficoltà insorte in Turchia con almeno quattro banche. In Cina si erano invece tirate indietro la Chouzhou Commercial Bank – che secondo il giornale «era diventata il canale principale per le transazioni degli importatori dalla Russia» – e le fintech Xtransfer e PingPong, che gestiscono servizi di pagamento digitale simili a quelli di PayPal.

Nessuno si sente più al sicuro dalle sanzioni, scriveva Vedomosti, nemmeno utilizzando sistemi di messaggistica alternativi allo Swift, come il cinese Cips e il russo Spfs: «I movimenti di denaro attraverso i sistemi nazionali non sono visibili agli americani e agli europei – commentava un operatore – ma chiaramente risultano nei rapporti che le controparti occidentali possono chiedere alla banca».

Dopo la stretta operata a dicembre dalla Casa Bianca tutti hanno alzato la vigilanza. Pure le banche occidentali hanno adottato cautele supplementari, che secondo fonti del Sole 24 Ore stanno rallentando i pagamenti anche quando la Russia non è coinvolta, specie per scambi di materie prime o merci “sensibili”, come alcuni tipi di componentistica.

La fuga dalle relazioni finanziarie con Mosca questa settimana registra l’abbandono da parte dell’Armenia delle carte del circuito di pagamento Mir, che non saranno più accettate nel Paese dal 30 marzo. La stessa decisione avevano preso a febbraio due banche in Kazakhstan: Bereke Bank e Freedom Finance. Quest’ultima – che ha una filiale Usa quotata al Nasdaq – era stata messa sotto indagine dal dipartimento del Commercio e dalla Sec, aveva rivelato a ottobre la Cnbc.

Mentre il cerchio si stringe, Mosca sta già pianificando le contromosse. Il 13 marzo, come si accennava, il Cremlino ha ratificato la legge che autorizza i trasferimenti internazionali di asset finanziari digitali (Dfa): valute, ma anche polizze assicurative, fondi e altro.

«I pagamenti oggi passano dal sistema bancario e quindi sono visibili ai nostri nemici, che mettono sotto pressione le banche anche in Paesi amici – ha commentato Anatoly Aksakov, presidente del comitato mercati finanziari della Duma – Questa legge ci permetterà di bypassare il sistema bancario, così l’influenza esterna sarà minimizzata».

Il rischio (per Mosca) è che gli «amici» non siano ancora tecnicamente pronti a una completa migrazione ai pagamenti digitali. Ma la Cina ha subito risposto con il via libera all’operatività con l’estero per la app e-CNY, con cui si paga in yuan digitali. È stato concesso il 19 marzo.

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