Cancellare i brutti ricordi con la stimolazione transcranica

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“Se mi lasci ti cancello”: ora secondo i ricercatori forse si può. Via la paura dai brutti ricordi. Un gruppo di studiosi di Psicologia dell’ateneo di Bologna ha scoperto un meccanismo che permette di alterare la memoria di un’esperienza negativa. “Lo studio ha a che fare con la manipolazione, ma c’è un comitato etico a vigilare”.

E se potessimo cancellare i ricordi che ci fanno star male? Meglio. Non i ricordi in sé, ma le emozioni negative ad essi legati. Un po’ come nel film ” Se mi lasci ti cancello”, dove Jim Carrey cercava di dimenticare l’amore perduto grazie a una società che ne resetta la memoria. È la frontiera aperta da un lavoro del Centro studi e ricerche in neuroscienze cognitive dell’Alma Mater, appena pubblicato sulla blasonata rivista “Current Biology”.

Jim Carrey in "Se mi lasci ti cancello" 
Jim Carrey in “Se mi lasci ti cancello”

Una sperimentazione condotta su un campione di 84 persone per due anni presso il Dipartimento di Psicologia di Cesena che ha portato con la stimolazione cerebrale a dissociare la paura dal ricordo di ciò che l’ha provocata. “Nel primo step – spiega Giuseppe di Pellegrino, docente di neuroscienze cognitive – abbiamo indotto nei partecipanti un ricordo avversivo, ovvero spiacevole, con delle scariche elettriche. Il giorno dopo è stato rinnovato con richiami alla situazione vissuta, e per questo è stato sufficiente farli tornare nella stessa stanza. Poi li abbiamo sottoposti alla Stimolazione magnetica transcranica o TMS che, grazie ad una bobina posizionata sulla testa, permette di creare un campo magnetico in grado di modificare l’attività neurale di specifiche aree cerebrali. In questo modo i ricordi riattivati sono stati separati dalla paura “.

Per controllare l’efficacia dell’esperimento, altri gruppi di uomini e donne sono stati sottoposti a stimolazione magnetica, senza però la riattivazione del ricordo, altri hanno ricevuto la stimolazione magnetica in altre aree del cervello. Con il risultato che solo il primo gruppo manteneva la memoria dell’evento, ma l’impatto negativo si era ridotto in maniera drastica. La scoperta svela meccanismi non noti legati alla memoria, con, almeno sulla carta, implicazioni anche inquietanti.

“Non siamo Mengele, c’è un comitato etico – mette le mani avanti il neuroscienziato – ma certo lo studio ha a che fare con la manipolazione. I ricordi quando si formano sono di per sé labili e dunque modificabili. Si chiama finestra di suscettibilità ed è su quella che interferiamo ” . La novità consta principalmente nell’aver individuato l’area del cervello dove ciò avviene: la corteccia prefrontale. Con quali sviluppi futuri?

“Siamo al lavoro in due direzioni – continua di Pellegrino – Sara Borgomaneri, ricercatrice e prima autrice dello studio, ha ricevuto un contributo dal Ministero della Salute per approfondire eventuali applicazioni a individui affetti da stress post traumatico, accadimenti come il Covid, i terremoti. Ma si pensa possa essere utile pure nel trattare le fobie”.

Con buona pace di Freud e della psicanalisi. “In realtà un neurocienziato e un analista, se fossero entrambi illuminati, potrebbero collaborare in questo ambito, traendone benefici su entrambi i fronti “. L’altra linea di ricerca è legata all’abuso di sostanze. “In questo caso si interviene sulle emozioni positive. Eliminando la sensazione piacevole legata al ricordo dell’uso di droghe, si potrebbe intervenire sulla dipendenza”.

Allora perché non sulle pene d’amore o addirittura sul lutto? “Questo mi pare ancora molto futuribile, se però vogliamo ragionare in termini di ipotesi fantascientifiche con basi sulla realtà, è interessante notare che già sono stati indotti ricordi sui topi. Il ratto si spaventa di qualcosa che non ha mai sperimentato”. E questo un po’ di paura la fa anche a noi.

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