Trovati i barioni mancanti in filamenti fra le galassie

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Scoperta l’ultima fetta di materia ordinaria nell’Universo. Scoperti barioni mancanti, nel team un bolognese: risolto uno dei più grandi misteri dell’astrofisica moderna. A colloquio con l’astronomo per “tradurre” questo importantissimo risultato scientifico e renderlo comprensibile anche a chi non mastica argomenti da Big Bang Theory.

Un’importante scoperta avrebbe risolto uno dei più grandi misteri dell’astrofisica moderna, quella dei barioni mancanti. La notizia è fresca e a raccontarcela è l’astronomo dell’Osservatorio bolognese INAF Sandro Bardelli, al quale chiediamo di “tradurre” questo risultato scientifico per farlo comprendere anche a chi non mastica argomenti da Big Bang Theory. Una scoperta che fra l’altro ha richiesto una ventina di anni di studio e che vede fra i ricercatori protagonisti anche il bolognese Mauro Dadina.

«Faccio una premessa necessaria spiegando che – dice Bardelli – il 70% dei componenti dell’Universo è energia oscura che nessuna teoria è in grado di descrivere e che è responsabile dell’espansione dell’Universo; che del 25% di materia oscura non sappiamo praticamente nulla e il restante 5% è ciò che conosciamo ed è ciò di cui anche noi siamo fatti: si tratta della materia barionica ed è di fatto costituita dalla nostra stessa materia (protoni, elettroni, ecc…)».

«Ecco perchè questa scoperta è così importante»

Di fatto il problema era che a parte quel 95% di ignoranza, emergeva che anche su quel 5% che restava c’erano degli aspetti per noi non visibili: «Dov’è tutto il resto? La domanda pressante era: dove è finito il resto della ‘materia normale’? Si è scoperto che l’Universo è fatto di filamenti e di vuoti (il paragone con una spugna o con del formaggio Emmenthal rende bene l’idea) e gli scienziati sono riusciti ad osservare un oggetto molto distante con una luce a Raggi X che passando attraverso questi filamenti ha intercettato degli elementi della materia ordinaria che prima erano invisibili. Questa scoperta è particolarmente importante perchè ci permette di rendere ancora più solida l’interpretazione dell’Universo in espansione».

La scoperta nel dettaglio: tanti italiani nel team internazionale

La scoperta è stata realizzata grazie all’osservazione più lunga mai realizzata di un singolo quasar da parte del telescopio XMM-Newton dell’ESA. Il team internazionale che ha condotto la ricerca, guidato da Fabrizio Nicastro dell’INAF di Roma, ha pubblicato i suoi risultati sull’ultimo numero della rivista Nature. «Le nostre osservazioni, giunte dopo diciotto anni di incessanti tentativi da parte di diversi gruppi di ricerca nel mondo, hanno finalmente individuato la materia ordinaria mancante dell’Universo», dice Fabrizio Nicastro, ricercatore dell’INAF e primo autore dell’articolo. «La materia che abbiamo trovato è esattamente nella posizione e nella quantità predette dalla teoria, quindi possiamo dire di aver risolto uno dei più grandi misteri dell’astrofisica moderna: quella dei barioni mancanti».Barioni Mancanti

Sappiamo ormai da decenni che il 30-40 percento dei barioni che ci aspettiamo di trovare nell’Universo locale sfuggono alle osservazioni. I barioni sono ciò che consideriamo materia ordinaria, vale a dire stelle, pianeti, gas, polveri e anche noi stessi. Teoria e osservaziooni indirette di questa materia durante le prime fasi di vita dell’Universo, sono in grado di fornire sia stime di quantità, facendo emergere la considerevole porzione di materia mancante, sia una possibile soluzione a questo rompicapo. Stando ai modelli, infatti, i barioni “sfuggenti” si troverebbero lungo filamenti di gas che collegano tra loro le galassie. Tali filamenti sono formati principalmente da idrogeno ionizzato, e quindi sono molto deboli e difficili da osservare. Grazie all’avvento, circa 20 anni fa, degli osservatori spaziali ai raggi X in grado di effettuare misure spettroscopiche ad alta risoluzione, gli astronomi hanno potuto iniziare ad indagare questo mistero. Nonostante i numerosi sforzi, fino ad ora erano state realizzate rilevazioni non conclusive, con bassa significatività.

Per ottenere qualche indizio in più su questa grossa porzione di materia mancante, i ricercatori hanno puntato il telescopio XMM-Newton dell’ESA sul quasar chiamato 1ES 1553+113. Grazie alle osservazioni pianificate dal team tra il 2015 e il 2017, e a una serie di puntamenti precedenti, disponibili in archivio, il set di dati è arrivato a coprire in tutto tre settimane di osservazione continua: l’esposizione più lunga in assoluto su una singola sorgente di quel tipo. L’incredibile mole di informazioni spettroscopiche raccolta si è trasformata in una “radiografia” dettagliata del materiale che si trova tra noi e il quasar. Questo ha permesso ai ricercatori di scoprire una serie di deboli righe di assorbimento dovute alla presenza di enormi quantità di barioni nascosti nel materiale caldo e gassoso che si estende anche per milioni di anni luce tra una galassia e l’altra.

Tana per i barioni mancanti

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