La collisione galattica che “ingrassò” la Via Lattea. Le stelle della Via Lattea con una traiettoria e una composizione chimica differente dalla grande maggioranza delle altre sono i resti di un’antica galassia, chiamata Gaia-Encelado, che dieci miliardi di anni fa entrò in collisione con la nostra e vi fu inglobata, provocando anche un rigonfiamento nel disco galattico. La scoperta è avvenuta grazie ai dati raccolti dalla missione Gaia dell’ESA.
Dieci miliardi di anni fa circa la nostra galassia ne ha inglobata un’altra, le cui stelle sono andate a formare una parte consistente dell’alone interno; la fusione ha inoltre compresso il disco galattico interno facendogli assumere una conformazione molto più spessa di quella originaria. A scoprirlo è stato un gruppo di astronomi dell’Università di Groningen, nei Paesi bassi e dell’ Université Grenoble Alpes, in Francia, che firmano un articolo su “Nature”.
La scoperta è avvenuta analizzando i dati della missione di Gaia dell’ESA che, iniziata nel 2013, sta realizzando un’accurata mappa tridimensionale delle stelle della regione galattica più vicina al nostro Sole: finora ha determinato con precisione la posizione di oltre 1,7 miliardi di stelle, di 1,3 miliardi delle quali ha anche stabilito velocità e direzione di spostamento.
Ispirandosi al nome della sonda, gli astronomi hanno chiamato la galassia dell’impatto Gaia-Encelado, in onore di uno dei giganti della mitologia greca, figlio di Gaia (la Terra), e Urano (il Cielo). “Secondo la leggenda – spiega Amina Helmi, prima autrice dell’articolo – Encelado fu sepolto sotto l’Etna, in Sicilia, ed è responsabile dei terremoti locali. Allo stesso modo, le stelle di Gaia-Encelado sono state profondamente sepolte nei dati di Gaia, e hanno scosso la Via Lattea, portando alla formazione del suo spesso disco.”
Analizzando i primi 22 mesi di osservazioni di Gaia, relativi a 7 milioni di stelle, Helmi e colleghi hanno scoperto che circa 30.000 di esse si muovevano lungo traiettorie eccezionalmente allungate e, cosa ancor più strana, in direzione opposta alla stragrande maggioranza degli altri cento miliardi di stelle della Via Lattea, Sole compreso.
Non solo: la luminosità e il colore che caratterizzano quelle stelle indicano che appartengono a una popolazione distinta da quella degli astri circostanti o, come dicono gli astronomi, si collocano in una posizione nettamente diversa sul diagramma di Hertzsprung-Russell, che descrive l’evoluzione della vita delle stelle.
A questo punto i ricercatori – che in precedenza avevano studiato i modelli teorici degli effetti della fusione di due galassie – hanno sospettato che fosse questa l’origine di quelle stelle anomale, una conclusione che è stata poi confermata dai dati spettroscopici ottenuti con l’esperimento APOGEE (Apache Point Observatory Galactic Evolution Experiment) che ha permesso di stabilirne la composizione chimica.
Le stelle che si formano nelle diverse galassie hanno infatti composizioni chimiche uniche che corrispondono alle condizioni della galassia d’origine e alla loro età.
Secondo le simulazioni dei ricercatori, 10 miliardi di anni fa la nostra galassia avrebbe fagocitato Gaia-Encelado, che aveva dimensioni di poco superiori a quelle della Piccola Nube di Magellano, una galassia satellite della Via Lattea attuale.
All’epoca tuttavia, la Via Lattea stessa era più piccola, per cui il loro rapporto era di poco superiore a 4 a uno e per questo la collisione ha avuto effetti notevoli sulla struttura della nostra galassia. In particolare avrebbe riscaldato la parte centrale del disco galattico portandola da uno spessore originario di alcune centinaia di anni luce, simile a quello che si osserva oggi in prossimità dei bracci di spirale, a uno spessore di diverse migliaia di anni luce.
Il video mostra una simulazione della fusione di una galassia simile alla Via Lattea (stelle in blu) e con una galassia a disco più piccola simile per massa alla Piccola Nube di Magellano (stelle in rosso), come Gaia-Encelado. All’inizio, le due galassie sono chiaramente separate, ma la gravità le spinge una contro l’altra. Per distinguere le stelle origiarie della galassia più piccola è necessario analizzare i movimenti delle stelle e la loro composizione chimica. (Video cortesia H.H. Koppelman, A. Villalobos, A. Helmi/University of Groningen)
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