Un ponte di Einstein-Rosen più piccolo di un capello dimostra che la struttura è ipotizzabile e stabile, e che potrebbe anche avere ricadute pratiche.
La teoria è complessa, ma l’effetto (fantascientifico) è semplice: il wormhole è una scorciatoia tra un punto e un altro dell’universo. Permetterebbe perciò di percorrere una distanza qualunque in un tempo non istantaneo, ma infinitamente inferiore a quello che impiegherebbe la luce attraverso lo “spazio normale”, ossia senza scorciatoie. Finora non sono state trovate evidenze dell’esistenza di wormhole nell’Universo.
Ecco però che un team internazionale a cui ha partecipato Salvatore Capozziello (Università Federico II di Napoli) annuncia di aver realizzato un modello di warmhole di grandezza inferiore a un millimetro: la ricerca, con tutta la sua matematica, è riportata online su ArXiv ed è in attesa di pubblicazione sull’International Journal of Modern Physics.
Al di là della dimensione (1 millimetro!), non immaginatevi però di poter intraprendere a breve viaggi nello spazio-tempo: tecnologie a parte, non c’è nulla di fantascientifico. I ricercatori hanno utilizzato il materiale più sottile al mondo per simulare su scala microscopica ciò che potrebbe accadere nello Spazio: due fogli di grafene (per simulare due regioni dell’Universo distanti quanto vi pare) uniti da un nanotubo di carbonio (il pozzo, o “buco di verme” che li unisce).
«Sul piano teorico il nostro lavoro propone una soluzione della cosiddetta equazione ponte di Einstein-Rosen», afferma Capozziello. Un risultato intrigante, però, anche per alcuni aspetti pratici.
Se il modello di Einstein-Rosen descrive gigantesche strutture cosmiche, il modello proposto con questa ricerca potrebbe infatti, più realisticamente, condurre a nuove implicazioni tecnologiche. Quanto osservato consentirebbe per esempio di trasmettere segnali elettrici in maniera estremamente precisa, a livello atomico. Il sistema si presenta stabile ma, commenta Capozziello, «abbiamo scoperto che con atomi penta o eptavalenti, cioè con 5 o 7 legami anziché i 6 del grafene puro, succede una cosa interessante: si generano correnti elettriche. Quindi il wormhole, secondo la nostra analogia, non è solo una struttura ipotizzabile e stabile, ma è possibile farvi passare informazioni, nel nostro caso la corrente».
Al momento l’obiettivo del team è la realizzazione di un prototipo eventualmente riproducibile su scala industriale: si potrebbero ottenere, per esempio, nanostrutture capaci di trasmettere segnali in modo istantaneo, poiché transiterebbero nel vuoto del wormhole.
Beata corrente elettrica, allora, perché invece la possibilità – per “noi” – di passare quasi all’istante da una zona all’altra dell’Universo resta fantascienza. Un wormhole cosmico richiederebbe una quantità di energia altrettanto cosmica per generare la scorciatoia: l’unica fonte potrebbe forse essere un buco nero, che avrebbe la funzione di “stargate” per il wormhole, ma chi vorrebbe avvicinarsi tanto a un buco nero da poterlo attraversare?
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