Allo studio interferometri per misurare le onde gravitazionali

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Un condensato di Bose-Einstein nello spazio. Realizzato con un gas di atomi ultrafreddi, questo stato della materia potrebbe essere usato come interferometro quantistico per misurazioni nello spazio molto più precise di quelle attuali. Tra le future possibili applicazioni la rilevazione di onde gravitazionali in un intervallo di frequenze attualmente inaccessibile.

Un gas di atomi a bassa densità raffreddato a temperature prossime allo zero assoluto condensa fino a raggiungere un’elevata densità. E improvvisamente gli atomi tendono a comportarsi in modo coordinato, come se fossero un’unica entità, nota come condensato di Bose-Einstein.

Il fenomeno appena descritto, previsto per via teorica fin dagli anni venti da Albert Einstein e Satyendra Nath Bose, è una delle manifestazioni peculiari della meccanica quantistica. E da qualche anno, la tecnologia sperimentale dei condensati di Bose-Einstein è diventata così affidabile che già si pensa di usarli come interferometri, per esempio per la rilevazione delle onde gravitazionali.

Questa nuova generazione di strumenti garantirebbe, almeno in linea di principio, una sensibilità assai superiore a quelli attuali. E già si vedono i primi risultati in questa direzione, grazie a uno studio pubblicato su “Nature” da Maike Lachmann della Leibniz University ad Hannover, in Germania, e colleghi che da un paio di anni hanno tentato una strada pionieristica, realizzando per la prima volta un condensato di Bose–Einstein nello spazio, grazie all’esperimento tutto tedesco in orbita terrestre MAIUS 1 (Matter-Wave Interferometry in Microgravity).

Diagramma della distribuzione di velocità in un gas di atomi non condensato (sinistra), parzialmente condensato (centro) e condensato a pochi miliardesimi di kelvin (destra): in quest'ultimo caso, gli atomi sono tutti virtualmente fermi. (Credit: NIST/JILA/CU-Boulde/Wikimedia commons)
Diagramma della distribuzione di velocità in un gas di atomi non condensato (sinistra), parzialmente condensato (centro) e condensato a pochi miliardesimi di kelvin (destra): in quest’ultimo caso, gli atomi sono tutti virtualmente fermi. (Credit: NIST/JILA/CU-Boulde/Wikimedia commons)

La differenza fondamentale è che in orbita nello spazio ci si trova in condizioni di microgravità, cioè di gravità estremamente bassa, per un tempo virtualmente infinito; sulla Terra queste condizioni possono essere realizzate solo per un tempo assai breve (tipicamente con laboratori montati su velivoli in caduta libera nel campo di gravità terrestre). E i benefici sono evidenti. In condizioni di microgravità, un condensato di Bose-Einstein potrebbe raggiungere temperature dell’ordine del picokelvin, cioè di pochi millesimi di miliardesimo di grado Celsius, o anche del femtokelvin, cioè mille volte ancora più vicine allo zero assoluto (-273,15 gradi Celsius). Sulla Terra, il limite è invece quello del nanokelvin, cioè un miliardesimo di grado.

Temperature così basse sono l’ideale per studiare le leggi della fisica fondamentale, e il tentativo di Lachmann e colleghi lo dimostra: a MAIUS 1 sono occorsi soli 1,6 secondi per produrre un condensato di Bose-Einstein con circa 100.000 atomi, e in sei minuti sono stati condotti più di 80 esperimenti.

Come spiega in un articolo di commento sullo stesso numero di “Nature” firmato da Liang Liu, ricercatore dell’Accademia cinese delle scienze a Shanghai, in prospettiva l’idea è di poter arrivare a una generazione di interferometri basato su questo fenomeno. Attualmente gli interferometri basano il loro funzionamento sull’interferenza della luce, che è molto sensibile alle variazioni della distanza percorsa dal raggio luminoso (tipicamente un laser). L’idea è sostituire le onde luminose con onde di materia.

In meccanica quantistica, a ogni particella è associata un’onda; quanto più è veloce la particella, tanto più corta è la sua lunghezza d’onda, e viceversa. Il condensato di Bose-Einstein, per le sue particolari caratteristiche, può essere descritto come un’unica onda di materia, che però può essere suddivisa in due diverse componenti. Le due componenti possono poi essere ricombinate successivamente per generare figure d’interferenza molto sensibili alle perturbazioni esterne, e idealmente possono fornire il meccanismo fisico di base per realizzare sensori a onde di materia: gli interferometri quantistici.

Gli atomi però sono dotati di massa, a differenza della luce, e la massa è sensibile alla forza gravitazionale. Ciò segna una grande differenza tra gli interferometri quantistici e quelli ottici: i primi perciò molto sensibili alla gravità ed è anche per questo che funzionerebbero molto meglio in condizioni di microgravità.

In prospettiva, questi nuovi sensori quantistici nello spazio permetteranno di effettuare esperimenti impossibili o difficile da portare avanti sulla Terra. Tra questi, la ricerca di onde gravitazionali in intervalli di frequenze attualmente inaccessibili, o di possibili, sottilissime violazioni della teoria della relatività generale di Einstein.

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