Finanziamenti all’OMS: qual è il contributo degli USA? Nel pieno della pandemia da COVID-19, Donald Trump minaccia di tagliare i fondi all’OMS, di cui gli Stati Uniti sono i principali finanziatori.
Mentre il mondo in lockdown cerca di coordinare gli sforzi contro la pandemia di COVID-19, Donald Trump ha annunciato la volontà di sospendere i finanziamenti USA all’Organizzazione Mondiale della Sanità, dopo un’indagine di 60-90 giorni su come questa istituzione sta facendo fronte all’emergenza da SARS-CoV-2. Il Presidente degli Stati Uniti ha accusato l’OMS di «aver gestito molto male e aver coperto la diffusione del coronavirus» e ha detto di avere «profonde preoccupazioni sul fatto che la generosità americana sia stata investita nel miglior modo possibile».
Anche se numerose attestazioni riferiscono di come Trump fosse stato informato sulla pericolosità della COVID-19 a gennaio e febbraio (mesi in cui l’Amministrazione USA parlava dei primi casi negli USA come di una situazione “totalmente sotto controllo”), il Presidente USA oggi accusa l’OMS di aver permesso alla Cina di celare a lungo la reale entità del contagio.
UN CAPRO ESPIATORIO. Già, ma qual è il contributo degli Stati Uniti al lavoro dell’OMS? Secondo quanto riportato da Politico, gli USA sono il principale finanziatore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità con oltre 400 milioni di dollari all’anno su un budget annuale di (circa) 4,8 miliardi: un contributo 10 volte superiore a quello della Cina. La Casa Bianca può ritardare il versamento di denaro già approvato dal Congresso per uno scopo specifico, ma ha bisogno dell’approvazione del Congresso per cancellarlo del tutto. Secondo Science, Trump potrebbe temporaneamente allocare altrove parte di questi fondi senza un permesso esplicito delle Camere americane, anche se difficilmente potrà reclamare la restituzione del denaro già inviato.
In ogni caso, la decisione è considerata miope ed egoista, in un momento storico in cui è necessario coordinare i vari trial mondiali per la ricerca di un vaccino anti COVID-19, in cui si devono approvare e distribuire i kit per gli esami sierologici degli anticorpi e in cui occorre trasparenza nel riportare il numero di casi e focolai nei vari Paesi. Sono in molti a sospettare che dietro l’uscita del Presidente USA ci sia la volontà di scaricare altrove la responsabilità di una cattiva gestione della pandemia, che vede ora negli USA il principale epicentro.
VITTIME INCONSAPEVOLI. L’uscita di Trump arriva nei giorni dei primi “voli della solidarietà”, aerei carichi di medicinali e dispositivi di sicurezza per aiutare i Paesi africani a far fronte alla COVID-19. Se perseguita oltre i proclami, la decisione degli Stati Uniti potrebbe causare ritardi globali nel contrasto alla pandemia e costare migliaia di vite. Già alcune settimane fa, di fronte ai primi attacchi dell’Amministrazione USA, il Direttore Generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus aveva invitato i leader politici a non politicizzare l’emergenza COVID-19, e pensare piuttosto alla tutela della popolazione.
IN DIFFICOLTÀ. L’OMS ha stimato in 675 milioni di dollari il budget necessario per i primi tre mesi di contrasto alla pandemia. Già lo scorso dicembre, Tedros aveva lasciato intendere che contare su pochi donatori rende l’OMS vulnerabile: meno di un quinto del budget dell’organizzazione arriva infatti da contributi fissi erogati dagli Stati membri delle Nazioni Unite, di cui l’OMS è emanazione. Il resto proviene da donazioni, con gli USA di solito in prima linea. Il contributo di coordinamento fornito dall’OMS non è comunque neanche lontanamente equiparabile al denaro versato in suo supporto, inferiore al budget annuale di molti grandi ospedali americani.
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