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Cibo spazzatura e tumori: c’è un legame? Un ampio studio identifica una associazione significativa tra il consumo regolare di alimenti ultra-processati e il rischio di cancro: che cosa dice lo studio e come interpretare i risultati.

Contengono troppi zuccheri, sale, conservanti, sono poveri di vitamine e di fibre: alimenti come snack, merendine, pasti pronti, oltre alle bibite gassate, non hanno certo fama di giovare alla salute. Aumentano anche il rischio di tumore? Un vasto studio ha rilevato uno dei primi indizi concreti di un possibile legame tra il consumo dei cosiddetti “cibi ultra-trasformati” e il cancro.

TRASFORMAZIONI. Da tempo gli alimenti industriali che hanno subito molte lavorazioni, più che il cibo confezionato in sé, è sotto accusa: quello che nel linguaggio comune viene spesso etichettato come “cibo spazzatura”. Gli alimenti ultra-processati, o ultra-trasformati, sarebbero – secondo la definizione di un’agenzia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – quelli che, oltre a zucchero, sale, oli e grassi aggiunti, contengono come additivi sostanze estratte dagli alimenti (come caseina, siero di latte e proteine isolate), o sostanze sintetizzate da componenti alimentari (come oli idrogenati, amidi modificati e aromi) non utilizzate normalmente nella preparazione casalinga dei cibi.

Una dieta in cui questi cibi hanno la prevalenza, a scapito di cibi freschi, è stata collegata all’obesità e a un aumento di diabete, pressione arteriosa e colesterolo, tutti a loro volta fattori di rischio per le malattie cardiovascolari. Finora però non c’erano prove e neppure indizi convincenti che il consumo di questi cibi fosse legato anche a un aumento del rischio di tumori.

DIMMI COSA MANGI. Per colmare questo vuoto di conoscenza, un team di istituzioni di ricerca di Francia e Brasile ha analizzato i dati raccolti nell’ambito di un vasto studio, NutriNet-Santé, che analizza le relazioni tra salute e alimentazione. Più di centomila francesi hanno risposto, in almeno due occasioni, a questionari in cui riportavano quello che avevano mangiato nell’arco delle ventiquattro ore. Sono stati presi in considerazione circa 3.300 tipi diversi di cibi, e i vari alimenti che i partecipanti allo studio riportavano di aver consumato sono stati raggruppati in categorie in base al loro livello di trasformazione. Tra i partecipanti sono poi stati registrati i casi di tumore diagnosticati nell’arco di cinque anni.

I RISCHI NEL PIATTO. Tenendo conto di altri fattori di rischio conosciuti, tra cui l’età, la storia familiare, il fumo, la quantità di attività fisica, dall’analisi è stato comunque isolato un aumento specifico del rischio di tumore attribuibile all’alimentazione.

Secondo lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sul British Medical Journal, a un 10 per cento in più nella proporzione di alimenti ultra-processati nella dieta corrisponde un innalzamento complessivo del 12 per cento del rischio di cancro. Per alcuni tumori, come quello del seno, l’aumento del rischio è stato dell’11 per cento; per altri tipi, come quelli della prostata e del colon-retto, non sono invece emerse associazioni significative con il consumo degli stessi prodotti.

Il rischio aggiuntivo identificato riguarda inoltre solo gli alimenti definiti ultra-trasformati, mentre non è stato individuato per altri tipi di alimenti industriali, per esempio le verdure in lattina o formaggi e pane prodotti industrialmente. D’altra parte, il consumo di cibi freschi – frutta, verdura, legumi, riso, pasta, uova, carne, pesce e latte – è stato associato a una diminuzione del rischio di cancro in generale e di tumore del seno.

COME INTERPRETARE QUESTI DATI? I ricercatori stessi precisano che si tratta di uno “studio osservazionale”, che cioè non stabilisce un nesso preciso di causa ed effetto (del tipo “mangiare questi cibi provoca il cancro”). La ricerca in sé presenta inoltre diversi limiti, per esempio la classificazione degli alimenti nelle varie categorie è in una certa misura arbitraria. Da questo tipo di ricerca, inoltre, non è affatto chiaro quali ingredienti specifici, o quali processi di lavorazione, nei vari cibi potrebbero essere responsabili del rischio accresciuto che è stato osservato.

Nonostante questi limiti, si tratta della prima volta in cui è stato possibile identificare un’associazione specifica – sebbene tutto sommato piccola – dell’alimentazione basata su cibo industriale con il cancro.

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