Cronometrati elettroni “più veloci della luce”. Grazie a un ”otturatore” da due trilionesimi di secondo, un team di ricercatori è riuscito a misurare la durata di un fascio di elettroni che si propagano nel vetro emettendo radiazione Cherenkov. E ha scoperto che la vita nella corsia di sorpasso non è solo eccitante ma può anche essere utile!
Vivere la vita nella corsia di sorpasso può essere tremendamente eccitante, ma quanto durano veramente questi “momenti”? Esperimenti condotti al Tata Institute of Fundamental Research (Tifr) di Mumbai hanno risposto a questa domanda per un gruppo di elettroni che viaggiano all’interno di un pezzo di vetro a una velocità maggiore di quella raggiunta dalla luce nel vetro stesso: roba da allacciarsi le cinture di sicurezza! Questo studio, condotto in collaborazione con il Rutherford Appleton Laboratory nel Regno Unito e il Centre for Intense Laser Studies and Applications (Celia) in Francia, è apparso il 5 febbraio 2018 nella rivista Physical Review Letters.
Perché è dunque così importante conoscere la durata del fenomeno? In primo luogo, questi elettroni velocissimi provocano impulsi di corrente giganteschi (milioni di ampere) che possono generare, sulla Terra, alcuni tra gli stati più esotici della materia che l’uomo sia mai stato in grado di produrre, imitando le condizioni riscontrate nelle stelle e nei nuclei planetari. Secondariamente, questi elettroni sono al centro delle tecnologie che producono sorgenti di raggi X, di elettroni e di ioni per applicazioni industriali e medicali, per un motivo molto semplice: possono essere generati su un piccolo tavolo, a differenza dei metodi convenzionali che comportano l’utilizzo di enormi acceleratori.
Questi impulsi di elettroni sono prodotti da un laser ad alta potenza che irradia un pezzo di vetro posto su un tavolo, in una camera nella quale è stato fatto il vuoto. Il laser, focalizzato su un punto microscopico della superficie di vetro, ha un’intensità mostruosa in grado non solo di espellere istantaneamente gli elettroni dalle loro posizioni, ma di farli accelerare, quasi istantaneamente, a velocità prossime a quella della luce nello spazio vuoto. Poiché l’impulso luminoso che ha scalzato questi elettroni è ultracorto (decine di femtosecondi, in questo caso), anche questi impulsi di elettroni sono estremamente brevi. Siccome la luce viene rallentata nel vetro, molti di questi elettroni finiscono per viaggiare più velocemente della luce stessa. In queste condizioni, gli elettroni emettono uno speciale tipo di radiazione elettromagnetica chiamata radiazione Cherenkov, che di fatto fornisce una misura del numero di elettroni “più veloci della luce” e del loro life-time (il tempo di vita) nel mezzo.
Tornando alla domanda iniziale, potrebbe sembrare facile determinare quanto dura questa radiazione. In realtà si è dimostrata una vera e propria sfida, perché la durata di questa emissione luminosa è inferiore al tempo più corto che può essere misurato con dei normali circuiti elettronici, che in genere è di qualche miliardesimo di secondo. Il team di scienziati coinvolto nelle misure ha quindi creato un “otturatore ultraveloce indotto dalla luce” che dura due trilionesimi di secondo, attivato dal laser stesso. Con questo otturatore ultraveloce i ricercatori sono stati in grado di misurare l’evoluzione temporale del segnale Cherenkov (e quindi il tempo di vita di questi elettroni superluminali) con una risoluzione temporale un fattore mille volte migliore di quella raggiunta finora. Così facendo, hanno fatto la sorprendente scoperta che gli elettroni superluminali vivono molto più a lungo all’interno del solido rispetto al tempo che dovrebbero teoricamente impiegare per attraversare il solido stesso, durando oltre 2000 volte di più dell’impulso laser che li ha eccitati. Il modello presentato dagli scienziati nell’articolo spiega questo processo in tutti i suoi aspetti peculiari.
In che modo questa scoperta può rivelarsi di qualche utilità pratica? La conoscenza del tempo di vita di questi elettroni veloci aiuta a svelare il loro processo di trasporto nei solidi, che risulta essere cruciale per diverse aree della scienza delle alte energie, che vanno dalla fusione generata dai laser allo sviluppo di sorgenti di radiazione avanzate per applicazioni industriali e medicali.
Con un occhio di riguardo alle applicazioni astrofisiche dell’effetto Cherenkov, responsabile in questo studio dell’emissione luminosa generata dagli elettroni superluminali nel vetro, ricordiamo il Cherenkov Telescope Array (Cta), un progetto che vede coinvolti paesi e ricercatori di tutto il mondo, tra cui Inaf, per la realizzazione di due grandi osservatori astronomici (uno nell’emisfero nord ed uno nell’emisfero sud della Terra) che studieranno l’Universo attraverso i raggi gamma di altissima energia (in questo caso l’effetto Cherenkov interessa l’aria); IceCube, un osservatorio dedicato ai neutrini costruito al Polo Sud (che sfrutta l’effetto Cherenkov nel ghiaccio); e infine KM3NeT, acronimo di Cubic Kilometre Neutrino Telescope, una futura infrastruttura europea che verrà realizzata nel Mar Mediterraneo e che si basa sull’effetto Cherenkov nell’acqua.
Per saperne di più:
- Leggi su Physical Review Letters l’articolo “Mapping the Damping Dynamics of Mega-Ampere Electron Pulses Inside a Solid“, diMoniruzzaman Shaikh, Amit D. Lad, Gabriele Birindelli, Kevin Pepitone, Jagannath Jha, Deep Sarkar, Sheroy Tata, Gourab Chatterjee, Indranuj Dey, Kamalesh Jana, Prashant K. Singh, Vladimir T. Tikhonchuk, P. P. Rajeev, e G. Ravindra Kumar
Lascia un commento