Pacemaker difettosi, allerta anche in Italia

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L’allarme della multinazionale americana St Jude Medical su dispositivi che potrebbero essere difettosi. Tra i problemi segnalati ci sarebbero il prematuro esaurimento delle batterie e il corto circuito dei dispositivi.

Sedicimila italiani cardiopatici vengono richiamati in questi giorni dagli ospedali di tutte le Regioni. L’azienda statunitense St. Jude Medical, ha diffuso in tutto il mondo un altert legato a alcuni modelli dei suoi pacemaker, i dispositivi che vengono impiantati sotto pelle e si attivano per riportare il battito a un ritmo regolare quando il cuore va in fibrillazione. L’operazione è su ampia scala, non solo in Italia, basti pensare che a livello internazionale la segnalazione riguarda ben 400mila apparecchi. Nel nostro Paese nessun paziente ha avuto danni a causa del problema mentre negli Usa ci sarebbero stati due morti.

Nei mesi scorsi la St. Jude si è resa conto che in alcuni suoi modelli (si chiamano Fortify, Fortify Assura, Quadra Assura, Unify, Unify Assura e Unify Quadra) prodotti fino al maggio 2015, c’è un problema alla batteria, che si scarica improvvisamente lasciando di fatto il paziente con un pacemaker che non funziona, quindi senza protezione nel caso di problemi elettrici a cuore. L’anomalia non riguarda tutti i dispositivi di ogni singolo modello che sono stati prodotti ma interesserebbe, a detta dello stesso produttore, appena lo 0,21% di questi. Per riuscire ad intercettarli, però, è necessario controllare tutti i pazienti. Il ministero alla Sanità ha inviato nelle scorse settimane una circolare a tutti i centri cardiologici e alle Regioni per informarli del problema segnalato dalla St. Jude, che si è mossa a sua volta per far sapere agli ospedali quanto è successo.

Prima di tutto si sono contati i pazienti italiani hanno impiantati i dispositivi a rischio e il risultato finale è, appunto, di 16mila persone. Molte di loro sono già state convocate in questi giorni. Va ricordato che si tratta di persone che fanno controlli periodici per la loro patologia durante i quali vengono fatte anche verifiche sul funzionamento dei dispostivi, quindi rintracciarle è piuttosto semplice. Quando si presentano in ambulatorio, i medici spiegano loro il problema e controllano il livello di carica della batteria, attivando se non sono stati attivati (succede di frequente) i sistemi che avvisano l’avvicinarsi della fine della carica, di solito attraverso una vibrazione che avverte il paziente.

L’azienda produttrice, inoltre, ha organizzato un sistema di telemonitoraggio che scarica i dati dell’apparecchio in remoto ogni 24 ore, sempre per essere certi che funzioni. Ovviamente se si trova uno dei pacemaker che ha la batteria mal funzionate, lo si sostituisce. In questo caso al paziente viene fatta un’anestesia locale, poi si rimuove la ‘scatoletta’ difettosa e se ne mette una nuova. I piccoli cavi che la collegano al cuore invece non si toccano. L’operazione di solito è molto rapida, richiede circa 20 minuti.

Tra l’altro tutti coloro che hanno un pacemaker, anche funzionante, ogni 6 o 7 anni devono comunque sostituirlo e quindi vanno incontro allo stesso intervento. Così i medici invitano i pazienti a non preoccuparsi. Sul sito della St. Jude è possibile, inserendo il numero di serie del proprio dispositivo, sapere immediatamente sapere se bisogna farsi controllare, sempre che l’ospedale non abbia già chiamato.

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