Messaggio (quasi) alieno per le antenne dell’Inaf, il segnale è stato ricevuto in simultanea a Cagliarie Bologna. La scorsa primavera il Sardinia Radio Telescope ha inaugurato le osservazioni dedicate al progetto Seti. Oggi, il 30 luglio 2021, alcune piccole antenne installate accanto alla grande parabola hanno captato, insieme a un’antenna dell’Inaf di Bologna, un segnale “alieno” simulato, lanciato da un satellite dell’azienda italiana D–Orbit. La ricerca di vita extraterrestre passa anche da questi esperimenti
Avremmo voluto stupirvi con un messaggio in stile Orson Welles ma, specie di questi tempi, avremmo rischiato una denuncia per procurato allarme. Eppure alla ricezione di segnali di intelligenze aliene ci stiamo lavorando davvero, migliorando di volta in volta le tecnologie in campo.
Ad esempio, finalmente il Sardinia Radio Telescope (Srt) di San Basilio, uno tra i più grandi e avanzati radiotelescopi d’Europa, è entrato in piena operatività nel progetto Seti (Search for Extra Terrestrial Intelligence). Già dallo scorso marzo, come da programma, sono infatti iniziate le prime osservazioni grazie all’instancabile lavoro di Andrea Melis, ingegnere tecnologo dell’Inaf di Cagliari e membro del comitato Seti in seno alla International Academy of Astronautics (Iaa).
«Nel 2021», dice Melis, «il Sardinia Radio Telescope è entrato a far parte della rete di telescopi del programma Breakthrough Listen. I target principali sono gli esopianeti più promettenti e il centro della via Lattea. È già in corso l’analisi dei dati, circa cento ore di osservazioni dedicate, da parte dei colleghi dell’Università di Berkeley. Dopo che sarà completato l’upgrade di Srt, saremo in grado di ampliare il range di frequenze dagli attuali 26 GHz fino a oltre 100 GHz, caratteristica unica per la quale Srt è stato scelto per affiancare il Green Bank Telescope per il Seti ad alta frequenza».
Ma non è solo il Sardinia Radio Telescope ad essere coinvolto in osservazioni Seti. Accanto alla parabola principale da 64 metri, è stata infatti installata, già dal 2016, una serie di piccole antenne a bassa frequenza omnidirezionali, chiamate “antenne Vivaldi”, sistemate al suolo dentro un cerchio anch’esso di 64 metri di diametro.
Si tratta del progetto Saad (Sardinia Aperture Array Demonstrator), curato dall’Inaf di Cagliari al fine di sperimentare il potenziale delle grandi reti di telescopi del futuro a bassa frequenza, come il progetto Ska, ancora da costruire, o la rete olandese Lofar, inaugurata nel 2012.
E sono proprio alcune di queste piccole antenne ad aver registrato, venerdì 30 luglio 2021 alle 15:55, un segnale molto particolare lanciato da un satellite costruito e mandato in orbita dall’azienda aerospaziale italiana D-Orbit. Si tratta del celebre messaggio di Arecibo, disegnato dall’astrofisico Frank Drake e inviato verso lo spazio profondo nel 1974 dall’omonimo radiotelescopio portoricano purtroppo recentemente collassato e conseguentemente dismesso. L’intento, allora, era di raggiungere una qualche forma di vita intelligente nell’ammasso globulare di Ercole, una zona ricchissima di stelle distante circa 23mila anni luce da noi.
Oggi invece, dopo quasi mezzo secolo, il messaggio di Arecibo è stato inviato dal satellite italiano – chiamato Ion (In orbit now) Scv Dauntless David – verso la Terra, e in particolare verso i radiotelescopi dell’Istituto nazionale di astrofisica. Tuttavia, in un’ottica di citizen science, anche i gruppi di radioamatori potrebbero essere coinvolti in futuro in questo tipo di osservazioni.
Le antenne di Bologna e Cagliari si sono accese per captare il segnale di D-Orbit che, di fatto, ha simulato una fonte aliena. Il satellite ha cominciato a essere visibile in onde radio alle ore 15:55 ed è transitato durante alcuni minuti fino a scomparire pochi secondi dopo le 16:00.
Lo scenario, che nei prossimi esperimenti evolverà verso prove sempre più complesse, non contempla solamente la capacità tecnica di ricezione di un segnale codificato, bensì anche la capacità di coordinamento e di comunicazione in caso di ricezione di un vero segnale alieno e tutte le implicazioni di carattere culturale e sociale che questo comporterebbe.
Effettivamente, a fare da interfaccia tra Seti, D-Orbit e Inaf non è stato un pool di astrofisici o di esperti in telecomunicazioni satellitari, bensì un’artista italiana che attualmente vive nei Paesi Bassi: Daniela De Paulis, che da tanti anni affianca e integra la sua attività artistica con quella di operatrice di apparecchiature radio e radiotelescopi. De Paulis è anch’essa membro del comitato Seti della Iaa, insieme con Andrea Melis, Stelio Montebugnoli dell’Inaf di Bologna e molti altri italiani, come si può leggere nella pagina dedicata ai membri provenienti da una quindicina di nazioni. Ed è proprio attraverso il Seti che l’artista è venuta in contatto con i radioastronomi dell’Inaf.
«Il progetto», dice De Paulis, «durerà circa due anni: coinvolgeremo altri istituti scientifici e radiotelescopi internazionali, usando messaggi realizzati appositamente con un gruppo di specialisti: filosofi, antropologi, radio astronomi. Lo scopo è quello di coinvolgere sia la comunità scientifica impegnata nel Seti che il grande pubblico nel ricevere e interpretare un possibile segnale extraterrestre, simulando in maniera esperienziale un ipotetico scenario in cui, come specie umana, siamo posti di fronte all’esistenza effettiva di una intelligenza extraterrestre. A livello artistico, si tratta di una performance globale, in cui scienziati e pubblico interagiranno tramite una piattaforma digitale, idealmente oltrepassando le barriere culturali terrestri».
Il titolo del progetto, A Sign in Space (un segno nello spazio), è ispirato, come in molti lavori dell’artista, dal titolo del racconto omonimo nella raccolta Cosmicomiche di Italo Calvino.
La ricezione di questo segnale da parte dei due radiotelescopi Inaf è un’importante verifica sperimentale di questo progetto, che combina l’arte e la scienza in maniera insolita e che non si ferma qui, anzi è solo all’inizio.
«Abbiamo deciso di partecipare anche come gruppo di Medicina», aggiunge Stelio Montebugnoli dell’Inaf di Bologna, «perché nel nostro paese il Seti è storicamente iniziato alla stazione radioastronomica di Medicina agli inizi degli anni Novanta – ed è ancora molto vivo l’interesse per questo importantissimo programma, per l’aspetto scientifico e ancor più filosofico, per l’uomo. Come advisor Seti della direzione scientifica dell’Inaf sono molto soddisfatto di questo esperimento, in quanto ci permette di simulare la ricezione di un segnale di cui non si conosce (teoricamente) la struttura – in pratica, la modulazione – e il vero esercizio sarà quello di estrarre qualche informazione dal segnale ricevuto».
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