Pianeti mini-Nettuno ideali per la formazione di diamanti

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Qui piovono diamanti! (Su Urano, Nettuno… ma non solo). Precipitazioni di diamanti non sarebbero solo su grandi pianeti come Urano, ma anche su altri più piccoli chiamati “mini-Nettuno”. Ce ne sono a centinaia al di fuori del nostro sistema solare.

Se un giorno l’uomo dovesse riuscire a costruire un’astronave in grado di penetrare l’atmosfera di Nettuno, allora si potrebbe provare l’esperienza di attraversare una pioggia composta da diamanti. E stando a una nuova ricerca condotta da un gruppo internazionale di scienziati e pubblicata su Nature astronomy, pianeti dove raccogliere diamanti sarebbero molto numerosi.

Come su Nettuno, anche su Urano la formazione dei cristalli di diamanti è resa possibile da due fattori presenti nelle profondità delle loro atmosfere: le elevate pressioni e le alte temperature. Queste condizioni scompongono idrocarburi come il metano nei singoli atomi, consentendo a quelli del carbonio di unirsi tra loro a formare molecole di diamante allo stato solido, le quali a loro volta possono dare origine a strutture via via più grandi.

Diamanti su tanti altri pianeti

Sulla base delle ricerche realizzate nell’ultimo studio – in cui i processi di formazione dei diamanti sono stati simulati in ambienti di laboratorio – si è scoperto che le temperature e le pressioni per dare vita alla formazione dei diamanti risultano inferiori rispetto a quanto si pensava precedentemente.

Ciò renderebbe possibile precipitazioni di diamanti non solo su grandi pianeti come Urano, ma anche sui pianeti gassosi simili più piccoli: si chiamano “mini-Nettuno” e ne sono stati scoperti a centinaia al di fuori del nostro sistema solare.

Sottolinea Siegfried Glenzer dello SLAC National Accelerator Laboratory a capo della ricerca: «Questa scoperta non solo approfondisce la nostra conoscenza circa i nostri pianeti ghiacciati locali, ma ha anche implicazioni per la comprensione di processi simili negli esopianeti oltre il nostro Sistema Solare».

Nettuno e Urano: nuovi risultati

Quanto scoperto da Glenzer e dai suoi colleghi potrebbe anche spiegare alcune caratteristiche a oggi incomprensibili sui campi magnetici di Urano e Nettuno. Per capire questo bisogna aprire una parentesi. I ricercatori hanno utilizzato l’XFEL europeo (uno strumento lungo 3,4 chilometri che produce lampi di raggi X estremamente intensi) per monitorare i diamanti che sono stati prodotti partendo da una pellicola di polistirene composta da idrocarburi, la quale è stata ripetutamente sottoposta ad enormi pressioni in una struttura simile a una morsa.

Qui piovono diamanti! (Su Urano, Nettuno... ma non solo).Tale struttura ha permesso ai ricercatori di osservare il processo più a lungo di quanto fosse stato possibile negli esperimenti precedenti proprio grazie all’uso di XFEL. Si è così giunti a comprendere che la pressione intensa e le temperature molto calde, pur essendo assolutamente necessarie, potrebbero non essere così estreme.

Diamanti e campi magnetici

Collegando quanto scoperto ai nostri pianeti e a quelli di altri sistemi solari, si può dunque ipotizzare che i diamanti potrebbero formarsi a una profondità inferiore a quella stimata. Non solo: poiché le particelle di diamante cadono verso il centro del pianeta – trascinando con sé gas e ghiaccio-, potrebbero influenzare i campi magnetici in modo significativo.

A differenza della Terra, infatti, pianeti come Nettuno e Urano non hanno campi magnetici simmetrici ma la presenza dei diamanti in caduta libera potrebbe aiutare a spiegare tale anomalia. Sottolinea Mungo Frost, dello SLAC National Accelerator Laboratory: «Quanto osservato permette di ipotizzare che il fenomeno dei diamanti potrebbe originare movimenti all’interno dei ghiacci presenti su questi pianeti, influenzando la generazione dei loro campi magnetici».

In altre parole, si verrebbero a creare correnti elettriche che darebbero origine a dei campi elettrici ma, proprio perché caotici, non darebbero origine a campi magnetici simmetrici.

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