Il confine tra scienza e star system. Ci sono virologi che si sono tinti i capelli, hanno assunto il make up artist o l’agente, sono ospiti fissi in tv. Un salto di sistema che pare innocuo ma non lo è.
La Scienza è l’unica difesa che abbiamo dalla pandemia. Ma in questi due anni, da noi, è successo qualcosa che non si era finora mai visto. La scienza è diventata Star System. Credo che questo salto di sistema, che pare innocuo, non lo sia affatto. Credo che abbia conseguenze sul nostro modo di gestire e vivere la situazione complicata che stiamo affrontando e proverò a dimostrarlo.
Abbiamo ancora circa 5 milioni di non vaccinati. Abbiamo un numero di contagi che sfiora il 10% della intera popolazione italiana. Tra le ragioni che in molti adducono per spiegare la loro diffidenza (nei confronti dei vaccini, nei confronti delle misure adottate dal governo per la protezione sociale) primeggia questa: “Ci dicono cose confuse”. Per il momento, la responsabilità della “comunicazione confusa” è stata attribuita ai media. I media, si è detto, creano confusione. Ma è davvero così?
Il giornalista è un mediatore. Non sa, ma sa informarsi. Sa confrontare le fonti. Sa individuare quelle false. Studia, confronta, interroga, indaga. Il risultato del lavoro di un buon giornalista è una informazione corretta e verificata.
Lo Star System lavora in un modo completamente differente. Il suo scopo è creare dei “divi”. Persone che il pubblico considera speciali, che ammira, di cui imita le abitudini. Per avere un contatto con i divi, il pubblico è disposto a pagare un biglietto. Anela a vederli in televisione. Anela a incontrarli, a conoscerne i segreti. Attribuisce loro un potere sulla propria vita. Che sia l’innamoramento platonico o l’imitazione. Per ottenere lo status di “divo”, serve un apparato. Un sistema complesso di competenze che creano, appunto, il fenomeno che chiamiamo “divismo”. I divi non si offrono al pubblico. Vengono offerti da un mediatore (l’agente) e da uno staff pubblicitario che crea la loro identità, inventa la loro immagine, decide i loro comportamenti e li comunica affinché creino, appunto, il mito.
La Scienza è un sistema di saperi, teorici e applicati, che vengono esercitati attraverso lo studio. il confronto e la pratica, dagli “scienziati”. Albert Sabin, a cui dobbiamo il vaccino che ci ha salvato dalla poliomielite, è pressoché sconosciuto al grande pubblico. Chi conosce il suo nome, ne ignora il viso. Rita Levi Montalcini è riuscita a non diventare una “diva” nonostante il Premio Nobel.
Lo “scienziato” abita il mondo chiuso dei laboratori, dei convegni, delle riviste scientifiche autorevoli (5 in tutto nel mondo) dove pubblica il risultato delle sue ricerche per confrontarsi con le ricerche altrui. Il medico sta in ospedale o nel suo ambulatorio e si occupa dei malati. Spesso, lo scienziato è anche un medico, e il medico è anche uno scienziato.
Ma cosa è successo, con la pandemia, in Italia?
L’Italia è il magnifico paese che ha inventato la Commedia dell’Arte. Cioè un insieme di attori che recitano a soggetto, che il pubblico riconosce perché ciascuno incarna un preciso “carattere”. Ovvero è una maschera. La maschera, con la Scienza, ha poco a che fare. È più probabile che la inquini, piuttosto che farla avanzare.
Nei primi mesi dell’esplosione del contagio, i media si sono sentiti investiti dal dovere sociale di fornire informazioni certe. E, sull’onda emotiva della fretta (e della paura) hanno dimenticato il loro ruolo di filtro. Sono andati alla fonte, che è il dovere del giornalista. Ma invece di esercitare il loro ruolo di controllori, hanno preso per buono tutto quello che veniva loro detto.
E siccome il linguaggio è insieme il nostro specchio e il modo in cui creiamo il nostro mondo, c’è una parola nuova che dimostra quello che ho appena detto.
Il termine “virologo”.
“Virologo” è un termine del gergo scientifico che definisce lo scienziato che studia i virus in laboratorio. Il virologo è diverso dal medico infettivologo (che sta in reparto), dal medico immunologo (che sta in reparto), dal medico igienista ( che studia l’impatto sociale e la gestione della sanità). È diverso dal pediatra e dal veterinario. Ogni medico è libero di affiancare attività ospedaliera e attività clinica nel suo ambulatorio privato, ricerca e studio personale e può pubblicare i risultati delle sue ricerche sulle riviste scientifiche. Il discrimine, ciò che identifica lo scienziato è uno solo: il numero delle pubblicazioni che le 5 riviste scientifiche riconosciute autorevoli gli hanno pubblicato, dopo averle sottoposte a puntigliosa verifica.
Cosa è accaduto, in questi due anni, da noi?
La nostra ansia di sapere e di venire rassicurati ci ha portato a inseguire le fonti, piuttosto che affidarne la gestione al mediatore giornalista scientifico, l’unico capace di verificarne l’attendibilità e di incrociare le informazioni. Abbiamo cominciato a chiamare “virologo” qualunque medico\ scienziato che si affacciasse dalla nostra tivvù, dai nostri siti, dai nostri giornali.
I primi sono stati i più fortunati. Piuttosto che vedersi verificare dai media le competenze, sono stati immediatamente assunti come oracoli. Qualunque cosa dicessero. E, quando, dopo i primi mesi, è stato evidente che i più avevano detto cose rivelatesi infondate, false, non vere (“La pandemia non esiste”,”il covid è una influenza”, “Tra due mesi ne saremo fuori”, ”il distanziamento non serve”, “la mascherina crea panico”) i media non li hanno stigmatizzati. Anzi, hanno continuato a chiamare, interrogare, dare la parola anche a chi (i più) si era rivelato fonte inadeguata e falsa.
Perché è accaduto?
Credo che dipenda dal fatto che, da subito, sull’onda della paura e del bisogno di essere rassicurati, si è verificata la contaminazione tra “virologo” e “divo”. Non citerò i nomi, ma chiunque da solo è in grado di rendersi conto che il panel dei nostri virologi di riferimento ha molto a che fare con le maschere della Commedia dell’Arte.
C’è il bel Brighella che fa il piacione, Colombina che fa la civetta, il Dottor Balanzone che ci rovescia addosso la sua saccenteria, c’è Arlecchino che pur di stare nel paradiso dei media cambia parere di continuo per seguire il vento. C’è Pulcinella che ogni volta la combina bella.
Ciascuno ha scelto la sua immagine. Chi parla in tivvù indossando il camice da corsia ospedaliera, chi si mostra sul suo divano con alle spalle una ricca libreria destinata a confermare la ponderosità del suo sapere. Chi parla dalla sua stanzetta al laboratorio, nuda e francescana, per stabilire la purezza della propria scienza.
Ci sono virologi che si sono colorati i capelli, che hanno assunto un make up artist, alcuni hanno preso un agente, altri sono andati in giro per programmi di intrattenimento, altri sono diventati ospiti fissi. Il successo di ciascuno è dipeso dalla sua capacità di essere un “carattere”. Qualcuno da identificare con facilità. Il fratello studioso, la zia antipatica, la cognata belloccia, il nonno lunatico.
C’entra, questo costeggiare lo star system da parte di medici e scienziati, con la obbiettiva necessità di salvare il nostro stile di vita e la nostra salute dal covid?
Io penso di sì. Perché lo Star System ha le sue ragioni che la Scienza non conosce. Anzi, spesso le ragioni dello Star System sono l’opposto dei fondamentali scientifici.
Il “divo” cerca di piacere a più gente possibile. Vuole essere, tra i suoi simili, quello che piace più di tutti. Quello che ha più fan. Si guarda intorno, e si ricava il suo angoletto di successo. Lusinga, tranquillizza, fa lo spiritoso. Fa il severo. Fa il trasgressivo. Adotta uno stile e non lo molla.
Il “divo” cerca di restarlo e dunque, se la pandemia rallenta, si affanna a fare dichiarazioni pressoché su tutto. E lo fa in maniera da piacere a più gente possibile. Per esempio, non pochi virologi si sono dimostrati in questi ultimi due anni capaci di annusare il vento del consenso molto meglio dei politici.
E, per finire, cosa fa il “divo”? Cerca di approfittare del successo una volta che l’ha afferrato. Quindi scrive libri e li pubblicizza in tutti i talk show, si cimenta da cantante e da ballerino, esibisce la sua vita privata. O ci informa sulle onlus che ha creato, sulle ricerche che ha avviato. Cerca in ogni modo di restare nel campo visivo del pubblico.
Curiosamente, i virologi che ogni giorno, più volte al giorno, ci ammanniscono le loro opinioni, di rado pubblicano sulle riviste scientifiche. Disgraziatamente, alcuni pare che neanche le leggano. Forse sarebbe più utile affidarci a esperti giornalisti scientifici.
O no?
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