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La Cina nello spazio alla conquista della Luna

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Spazio, la nuova sfida cinese: “Conquisteremo il lato oscuro della Luna”. Archiviata la caduta della Tiangong 1, Pechino rilancia e prepara tre missioni verso il satellite della Terra. Con un obiettivo: mandare i suoi astronauti nella zona a noi invisibile prima degli americani.

L’importante, per chi cade, è rialzarsi subito. E ora che la sua stazione spaziale è finalmente precipitata sulla Terra, polverizzata dall’atmosfera senza danni a cose o persone, la Cina è pronta a rimbalzare ancora più in alto: verso la Luna. Partendo già il prossimo anno alla conquista del suo “lato B”, quello che volge le spalle alla Terra e su cui ancora nessun uomo ha ancora messo piede. Poi fissando in orbita una nuova stazione spaziale, ideale rimpiazzo di quella internazionale che presto arriverà a fine corsa. E infine, se tutto andrà come deve, portando uno dei suoi taikonauti (da tai kong, spazio) a calpestare il suolo lunare.

Un grande salto verso le stelle che il presidente eterno Xi Jinping non può che sognare. Perché quella frontiera misura la grande rincorsa tecnologica (e militare) della Cina agli Stati Uniti. Partita in ritardo, visto che il suo primo satellite lo ha lanciato nel 1970, un anno dopo la storica passeggiata di Neil Armstrong e Buzz Aldrin. Ancora oggi un po’ ballerina, come dimostra la caduta libera della Tiangong 1. Ma con tutte le carte in regola per recuperare, visto che mentre il governo americano spera nel portafoglio e nella lucida follia di visionari alla Elon Musk, il Dragone di soldi ne vuole mettere in orbita sempre di più. Oggi sono 6 miliardi l’anno, ancora distanti dai 20 concessi da Trump alla Nasa. Ma già bastano per lanciare 40 razzi, più della concorrenza, e dovrebbero crescere in modo costante.

Un piccolo passo alla volta. Il primo dovrebbe arrivare a fine anno, il lancio del quarto satellite che prende il nome dalla Dea della Luna, Chang’e. Per sbarcare sul lato oscuro di Selene (oscuro perché vietato allo sguardo dell’uomo, ma in realtà più illuminato) la prima cosa da fare è rendere possibile le comunicazioni. Pechino farà quindi decollare un ripetitore che andrà a posizionarsi oltre la Luna, rimbalzando i segnali radio dal suo lato B verso la Terra. A quel punto sarà possibile mandarci due “rover”, due robot in grado di scendere sull’emisfero sconosciuto del satellite e prelevare dei campioni di terreno da riportare a casa. Una prima volta per il programma spaziale cinese.

Anche qui i problemi non mancheranno: Long March 5, il mega razzo che dovrebbe trascinare lassù tutto questo armamentario tecnologico, lo scorso luglio ha fatto cilecca precipitando con tutto il carico nel mar delle Filippine. Dopo tanti ritardi però la mai precisata “anomalia” pare risolta. E se i due lanci lunari andranno bene, a stretto giro la Cina potrà spedire in orbita anche la sua nuova stazione spaziale. Una vera stavolta, un laboratorio scientifico galleggiante, altro che

Spazio, la nuova sfida cinese: "Conquisteremo il lato oscuro della Luna"
L’astronauta cinese Wang Yaping

Allora mancherebbe solo l’ultima frontiera. Un razzo ancora più grande, per far volare gli uomini di nuovo sulla Luna. Nei sogni di Xi, e perciò nelle carte dei suoi ingegneri, dovrebbe avvenire poco dopo il 2030, al culmine del regno che si è assicurato. «Le esplorazioni spaziali richiedono uno sforzo di generazioni», ha ricordato pochi giorni fa all’Assemblea del Popolo, elegante nella sua divisa militare, la 38enne Wang Yaping, la Samantha Cristoforetti cinese. Avere un leader senza scadenza, se davvero vuole il cielo, potrebbe essere un vantaggio. Ma Trump non può certo accettare che, spariti o quasi i cosmonauti russi, siano i taikonauti cinesi a superare l’America, per questo ha chiesto alla Nasa, con o senza Elon Musk, di riattivare la corsa alla Luna. Dopo le guerre commerciali, torneranno anche quelle stellari?

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