Luglio, il mese più caldo della Storia. E per il 2016 previsto un nuovo record

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Secondo i dati Nasa sul riscaldamento globale ha segnato la temperatura più alta dall’inizio delle registrazioni, nel 1880. Complice la ‘coda’ di El Niño la colonnina di mercurio ha registrato più 0,84 gradi sopra la media. Luglio 2016 è stato il mese più caldo della storia. I dati diffusi dal direttore del Goddard Institute of Space Studies della Nasa, Gavin Schmidt, che ha pubblicato su Twitter il grafico con le curve termiche. Quella del mese scorso, evidenziata, stacca di netto tutte le altre.

Una lunga lista di record. Come è ovvio, è stato anche il luglio più caldo di tutti i tempi da quando sono iniziate le misurazioni strumentali e sistematiche. I primi dati risalgono al 1880 ma mai la temperatura media del pianeta era salita così in alto: 0,84 gradi centigradi sopra la media presa come riferimento del periodo 1950­1980, 0,11 gradi superiore al record precedente, che apparteneva a luglio 2015. Ma il nuovo picco rappresenta anche il 15esimo mese consecutivo più caldo, se raffrontato con lo stesso mese degli anni precedenti.

Giugno 2016 aveva fatto segnare il record per il giugno e il primo semestre più caldi mai misurati, e la sequenza va indietro, senza soluzione di continuità, fino a ottobre 2015 (secondo la Nasa). Fino a maggio invece secondo il Noaa. Nonostante la differenza del tipo di misurazioni, il dato, allarmante, è il trend in continua crescita che non mostra alcun rallentamento. Anzi.

“Il 2016 sarà l’anno più caldo di sempre”. La previsione è ben più di una profezia, sempre secondo il Giss, e il suo direttore, c’è il 99 per cento di probabilità che questo sia l’anno più caldo nella storia delle misurazioni. Le mappe di calore inoltre mostrano come le zone più soggette all’aumento di temperatura siano quelle ecologicamente più delicate (oltre a Siberia, Iran e Medio oriente e Sud degli Stati uniti), soprattutto vicino al polo nord dove, da anni, si registra una preoccupante diminuzione della copertura della calotta. Dal 2002, i ghiacci della Groenlandia hanno perso una media di 281 miliardi di tonnellate all’anno. Quelli antartici 118.

La prima conseguenza dello scioglimento è rappresentata dall’innalzamento dei mari, che procede a 3,5 millimetri all’anno ed è cresciuto di 178 millimetri nell’ultimo secolo (87,4 millimetri dal 1990), secondo i dati del portale Climate Nasa http://climate.nasa.gov , che raccoglie i principali parametri che misurano la ‘febbrè del nostro pianeta.

Tra i livelli tenuti sotto osservazione ci sono le emissioni di gas serra, i principali responsabili dell’innalzamento delle temperature. Sempre secondo le rilevazioni del Noaa (il National oceanographic and atmospheric administration, l’ente di monitoraggio climatico e meteo statunitense) l’anidride carbonica ha superato la media globale di 404 parti per milione a marzo 2015 ed è in continua crescita. Così anche in Antartide, dove si sono superate le 400 ppm per la prima volta in quattro milioni di anni.

Il “bambino” e il vulcano. Stando ai climatologi, l’eccezionale caldo del 2016 è dovuto anche alla ‘codà di El Niño, il fenomeno climatico periodico che mediamente ogni cinque anni innalza le temperature dell’oceano Pacifico. Il riscaldamento globale però potrebbe essere stato addirittura attenuato negli ultimi 20 anni a causa (o meglio, per merito) dell’eruzione di un vulcano nelle Filippine. Il Pinatubo nel 1991, riversò
in atmosfera una quantità di ceneri e pulviscolo in grado di fare da schermo ai raggi solari. Nel prossimo decennio, dunque, gli effetti del riscaldamento globale potrebbero essere addirittura più intensi e l’aumento del livello dei mari potrebbe subire un’accelerazione.

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