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L’America rifiuta la moneta virtuale, i bitcoin restano valuta senza corso legale

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L'America rifiuta la moneta virtuale, i bitcoin restano valuta senza corso legale
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L’autorità di Borsa americana nega il via libera alla quotazione del primo strumento finanziario legato alla criptomoneta, proposto dai gemelli Winklevoss. Parte della comunità esulta: “Non vogliamo essere sorvegliati da nessuno”. Ma senza una mediazione con i regolatori la valuta rischia di rimanere confinata in una nicchia. Per i militanti della prima ora, gli ultra ortodossi, è addirittura una vittoria. Il bitcoin, moneta virtuale nata come alternativa decentrata e anarchica alle valute tradizionali, se ne frega del via libera delle autorità. Tanto meno se quell’autorità si chiama Sec, il garante che negli Stati Uniti vigila sui mercati finanziari. Ma la bocciatura subita venerdì dalla Security and Exchange Commission, lo stop a uno strumento finanziario quotato legato al bitcoin proposto dai fratelli Winklevoss, rischia di pesare molto sul prossimo futuro della moneta digitale, ben al di là del crollo improvviso che ha provocato nel suo valore. L’ingresso del bitcoin su un mercato regolamentato poteva infatti rappresentare un passo decisivo nell’adozione di massa della valuta. Che così rischia invece di rimanere confinata ancora per molto tempo in una nicchia, un mercato molto poco liquido e quindi anche molto volatile.

Provateci ancora, Winklevoss
Ad aver sbattuto contro il muro dei regolatori è un Etf, uno strumento finanziario che replica passivamente l’andamento di un indice. Ne esistono legati a qualsiasi tipo di indicatore, dall’oro a listini come il Ftse Mib: quando quelli salgono, anche il relativo Etf guadagna, e viceversa. Negli ultimi anni sono diventati uno degli strumenti preferiti dagli investitori per il costo limitato e la loro grande liquidità. L’idea di agganciarli ai bitcoin è venuta a Tyler e Cameron Winklevoss, i due canottieri olimpionici e imprenditori digitali famosi per aver accusato Marc Zuckerberg di aver rubato loro l’idea di Facebook. Venerdì la società che hanno fondato quattro anni fa si è vista negare dalla Sec l’autorizzazione a quotare lo strumento, visto che “i principali mercati dove i bitcoin sono scambiati non sono regolati” e che questo crea il rischio di “pratiche potenzialmente fraudolente e manipolative”. Un giudizio su cui pesano recenti episodi criminali, come il furto di 65 milioni di dollari dai portafogli degli utenti di Bitfinex, uno dei maggiori scambi globali di bitcoin con sede a Hong Kong. E il fatto che oltre il 90% delle transazioni in valuta digitale oggi si concentrano sul mercato cinese, dove le autorità hanno appena sospeso i prelevamenti per i clienti delle principali piattaforme.

Non è tutto oro ciò che luccica
La decisione della Sec ha fatto subito crollare il prezzo della criptomoneta. Negli ultimi giorni il bitcoin aveva aggiornato i suoi massimi storici arrivando sopra i 1.300 dollari e superando addirittura il valore di un’oncia di oro. Venerdì, in pochi minuti, la quotazione è precipitata di quasi il 20%, sotto i 1000 dollari, ai minimi da quasi un anno. Allargando la prospettiva il tonfo appare un po’ meno drammatico: nelle ore successive il bitcoin ha in parte recuperato le perdite e negli ultimi mesi la sua cavalcata resta spettacolare, a metà del 2015 valeva appena 250 dollari. Ma le oscillazioni di prezzo, per una moneta da sempre molto volatile, rispecchiano solo in parte l’importanza della decisione della Sec. “L’approvazione di un Etf legato alla moneta avrebbe portato il bitcoin all’interno dei circuiti della finanza tradizionale”, spiega Antonio Simeone, 33 anni, che con la sua startup Euklid si occupa di trading legato alla valuta. “Significa che anche i grandi fondi di investimento e le grandi banche avrebbero potuto scommettere sulla moneta, aumentando la liquidità del mercato. E quindi anche la sua stabilità”. Al momento in Svezia esistono già degli strumenti quotati legati al bitcoin. Ma si tratta di Etn, contratti molto meno liquidi degli Etf e parecchio più rischiosi.

Regole contro anarchia
“E’ un errore misurare il successo dei bitcoin con l’approvazione da parte di un’industria finanziaria obsoleta – ha scritto su Twitter dopo la decisione Sec Andreas Antonopoulos, uno dei maggiori esperti al mondo della criptomoneta – il fatto di non poter essere sorvegliato e regolato è una sua qualità, non un limite”. Un punto di vista condiviso da molti degli adepti della prima ora del bitcoin, che nasce proprio come alternativa anarchica alle valute tradizionali: il sogno di una moneta senza banca centrale, capace di costruire fiducia tra i membri della rete grazie alla trasparenza delle operazioni. A molti investitori speculativi, di fatto ad oggi l’utilizzo principale della critpomoneta, la sua estrema volatilità può far piacere: grandi sbalzi possono significare grandi guadagni. Alla lunga però, secondo molti esperti, l’esiguità del mercato resta un problema: i bitcoin capitalizzano nel complesso poco più 19 miliardi di dollari, un’inezia se confrontata per esempio ai 7.000 miliardi dell’oro, e con scambi giornalieri nell’ordine dei 500 milioni di dollari. “La decisione della Cina di bloccare i prelevamenti delle maggiori piattaforme locali, per evitare che il bitcoin fosse usato per trasferire capitali all’estero, ha di fatto congelato il mercato: essere piccoli vuol dire anche essere più dipendenti dalle decisioni delle autorità”. E di certo, senza il via libera dei regolatori, è difficile immaginare una massiccia diffusione commerciale del bitcoin come strumento di pagamento. Quale negoziante accetterebbe una moneta che si può svalutare del 20% in pochi minuti?

Siamo solo agli inizi
La decisione della Sec, in fondo, non fa che prendere atto di questa fragilità. Che dovrebbe portarla nel prossimo futuro a respingere anche gli altri Etf legati al bitcoin per cui hanno fatto domanda società diverse da quella dei Winklevoss. Attenzione però a pensare che questa sia la parola fine per la critpomoneta inventata dal misterioso Satoshi Nakamoto. Da una parte la tecnologia continua ad avanzare: è possibile che nel prossimo futuro anche le piattaforme dove i bitcoin vengono scambiati diventino anch’esse decentrate, quindi non più bloccabili dalle autorità. Dall’altra si moltiplicano gli sforzi per rendere il bitcoin più compatibile con le regole, e quindi digeribile per le autorità di vigilanza. “La tecnologia è ancora nelle prime fasi del suo sviluppo – riconosce la stessa Sec – nel futuro si potranno sviluppare mercati regolati di dimensioni significative”. Molte startup, da Ripple a Ethereum, stanno lavorando con soggetti finanziari tradizionali, grandi banche, fondi di investimento e pure Banche centrali, per adattare la criptovaluta e la sua tecnologia contabile, la blockchain, alle loro esigenze. Con buona pace degli ultra ortodossi.

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