I Neanderthal curavano il mal di denti, loro non si lavavano i denti, e grazie a questo oggi sappiamo come si curavano.
Un recente studio pubblicato su Nature, condotto dall’equipe di Laura S. Weyrich e Alan Cooper (università di Adelaide, Australia), a cui ha partecipato anche David Caramelli, del Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze, ha preso in esame i reperti di dentature di cinque individui vissuti circa 40 mila anni fa in Spagna e in Belgio.
L’analisi del tartaro ha permesso di ricostruire sia il tipo di alimentazione possibile nelle zone prese in considerazione (carnivore le popolazioni stanziate nell’attuale Belgio, vegetariani e raccoglitori gli abitanti dell’attuale Spagna) sia il modo in cui probabilmente tentavano di curare malattie e dolori.
Particolarmente importante è stata l’analisi della dentatura di un giovane individuo nel sito spagnolo di El Sidrón. L’arco è deformato da un grosso ascesso e sui denti sono stati trovate sequenze geniche di un batterio che provoca diarrea acuta (Enterocytozoon bieneusi) e il genoma quasi completo di un altro batterio orale, il Methanobrevibacter commensali, forse il più antico genoma microbico orale finora scoperto.
Tracce di sofferenza, quindi, a cui si accompagnano però anche indizi di ciò che può essere interpretato come un tentativo di cura: sulla dentatura ci sono infatti anche indicatori della masticazione di muffe cresciute su materiale erboso (fonti di Penicillium) e di foglie di pioppo (fonte di acido acetilsalicilico, il principio attivo alla base della nostra Aspirina). Questo ha permesso ai ricercatori di ipotizzare, seppure con molta cautela, che quel primo umano fosse consapevole del rapporto consequenziale tra il masticare muffe e foglie e la riduzione del dolore. A corroborare l’ipotesi c’è anche il fatto che dalle arcate dentarie di altri individui dello stesso sito non sono state rilevate le stesse tracce.
Lascia un commento