I bit digitali consumano sempre più energia

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I bit come quinto stato della materia: nel 2170 saranno più degli atomi. Gli stati della materia sono tre: liquido, solido, gassoso, a cui se ne aggiunge un quarto, il plasma. E se ne esistesse un quinto? A fornirci una risposta è lo studio “The information catastrophe” pubblicato su AIP Advances e redatto dal ricercatore Melvin M. Vopson della Università di Portsmouth, in Inghilterra, secondo cui “il nostro progresso tecnologico sta redistribuendo la materia della Terra dagli atomi fisici all’informazione digitale“.

Dunque l’informazione può essere considerata “una nuova forma di materia” con tanto di massa? La ricerca è volutamente provocatoria, basandosi tuttavia su fondamenti scientifici chiamati a interpretare l’enorme mole di dati che ogni giorno vengono condivisi – e salvati – in rete. Non sono tanto i dati di oggi a preoccupare Vopson – la massa di informazioni prodotte ogni anno corrisponde a “meno di un chicco di riso” – quanto la loro rapidità di crescita. E allora se si continuerà di questo passo si arriverà al punto di saturazione che non riguarda, in questo caso, il consumo delle risorse naturali per alimentare computer, dispositivi connessi e server, ma la singola unità di misura dell’informazione digitale: il bit.

Incremento della massa delle informazioni digitali secondo diversi scenari: crescita dell'1, 5, 20 e 50%
Incremento della massa delle informazioni digitali secondo diversi scenari: crescita dell’1, 5, 20 e 50%

C’è anche una data stimata: sarà il 2170 l’anno di break-even, quando cioè il numero di bit sarà pari al numero di atomi presenti sulla Terra (attualmente ne produciamo circa 10^21 ogni anno). Da quel momento nascerà un mondo “per lo più simulato al computer e dominato da bit digitali e codice“. E a quel punto il numero di bit, l’energia necessaria per produrli e la distribuzione della massa fisica e digitale non faranno altro che “travolgere il pianeta“. Uno scenario inquietante, diciamo anche piuttosto catastrofico…

Fisica, informatica e filosofia che si intrecciano fino a costruire una teoria che sa di assurdo, oltre che di criticabile. E a fianco della relatività di Einstein, delle leggi della termodinamica applicate all’informazione e dei bit digitali viene inevitabilmente chiamata in causa anche la questione energetica: la ricerca evidenzia infatti come tra 130 anni tutta l’energia prodotta sulla Terra rischi di essere consumata “per sostenere la creazione delle informazioni digitali. Nel migliore dei casi, ipotizzando un incremento del 20% di bit digitali creati ogni anno, basteranno 300 anni affinché l’energia richiesta per sostenere la produzione digitale superi l’attuale consumo energetico mondiale (stimato in 18,5 x 10^15 W).

I bit come quinto stato della materia:Se i bit continueranno a crescere ad un tasso così elevato – il 90% dei dati informatici sono stati creati negli ultimi 10 anni secondo IBM, e la pandemia non ha fatto altro che accelerare ulteriormente il processo – allora davvero si rischia di arrivare ad un punto di non ritorno, in cui il pianeta Terra sarà sempre meno fisico e sempre più digitale.

Insomma, dobbiamo iniziare a preoccuparci? Stando al fisico David Wolpert pare proprio di no: non c’è nessuna catastrofe informativa all’orizzonte. Pur partendo da assunti scientifici, lo studio di Vopson pare dunque esagerato e paradossale. Per tranquillizzarci tutti, il fisico del Santa Fe Institute fa un esempio che prende in prestito la lingerie femminile: visto il tasso di crescita che si registra oggi nella vendita di questa tipologia di prodotti, si rischia davvero che a breve ci si possa trovare nel bel mezzo di una catastrofe di biancheria intima?

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