Di nuovo in aumento il buco nell’ozono dovuto ai CFC

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Tornano ad aumentare i gas che distruggono l’ozono. Dal 2013 i livelli atmosferici dei CFC, ovvero gas che distruggono lo strato di ozono, sono tornati ad aumentare nonostante la loro messa al bando in tutto il mondo. Una parte consistente di queste nuove emissioni illegali proviene da province della Cina orientale.

Dal 2013, le emissioni annuali di clorofluorocarburi (CFC) – una delle più importanti classi di molecole che distruggono lo strato di ozono che ci protegge dalle radiazioni ultraviolette del Sole – il cui uso è vietato dal Protocollo di Montreal, sono aumentate in modo inaspettato. L’immissione in atmosfera di questi gas proviene in buona pare da alcune regioni della Cina orientale. A documentarlo è uno studio effettuato da un gruppo internazionale di ricercatori diretto da Matt Rigby dell’Università di Bristol, e pubblicato su “Nature”, che ha in particolare tracciato il CFC-11, uno dei clorofluorocarburi in passato più diffusi.

Negli ultimi decenni i livelli atmosferici di CFC-11 erano in discesa in seguito agli accordi internazionali per una loro progressiva messa al bando. Le analisi dei dati registrati da varie reti di monitoraggio sparse per il mondo hanno però mostrato che dal 2013 c’è stato un nuovo inaspettato rialzo, indice che da qualche parte erano riprese emissioni illegali di questo composto, un tempo ampiamente usato come fluido di refrigerazione nei frigoriferi e come schiumogeni negli isolati degli edifici.

Il confronto fra le emissioni di CFC in Cina orientale nel periodo 2008-2012 (sinistra) e 2014-2017 (destra) indica un netto aumento. (University of Bristol )
Il confronto fra le emissioni di CFC in Cina orientale nel periodo 2008-2012 (sinistra) e 2014-2017 (destra) indica un netto aumento. (University of Bristol )

Per escludere che l’aumento fosse realmente dovuto a una nuova produzione, ha spiegato Rigby, “abbiamo esaminato le stime sulla quantità di CFC-11 che potrebbe essere inglobato in schiume isolanti in edifici o frigoriferi prodotti prima del 2010, ma le quantità erano troppo piccole per spiegare il recente aumento”.

Per poter stabilire la provenienza del gas, è stato necessario allestire una nuova rete di rilevazione; le centraline di quella usata fino ad allora erano collocate in punti molto lontani dalle possibili fonti di emissione, proprio per essere sicuri di rilevare le concentrazioni medie globali di CFC-11. L’analisi dei dati provenienti dalla nuova rete – che copre diverse aree parti di Nord America, Europa, Australia meridionale, Corea e Giappone – ha ora mostrato che dal 40 al 60 per cento delle nuove emissioni, pari a circa 7000 tonnellate all’anno di gas, proviene dalla Cina orientale, e in particolare dalle province di Shandong e di Hebei. Per l’individuazione dei responsabili specifici bisognerà chiedere la collaborazione diretta delle autorità cinesi, che peraltro proprio di recente hanno individuato e chiuso alcuni impianti di produzione illegali.

I dati indicano peraltro che aumenti minori si siano verificati anche in altri paesi o nelle regioni più occidentali della Cina, tutte aree troppo lontane dagli attuali punti di monitoraggio della rete di monitoraggio.

Purtroppo, anche la nuova rete non copre molte aree del globo, specie nei paesi in via di sviluppo, ma quel che è peggio, osservano i ricercatori, è che “probabilmente abbiamo rilevato solo una parte del totale dei CFC prodotti. Il resto potrebbe essere incluso in edifici e refrigeratori e verrà rilasciato nell’atmosfera nei prossimi decenni”, ritardando il tempo necessario allo strato di ozono e al “buco” dell’ozono antartico per riprendersi.

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