
Esplorare Venere ora è possibile. Per le temperature esistenti al suolo e per le pressioni immani Venere ha visto poche sonde sulla sua superficie. Ma ora nuovi materiali permettono a strumenti di rilevamento di vivere per mesi in quell’ambiente infernale

Venere è il pianeta che per dimensioni è il più simile alla Terra. Ma ha ricevuto un interesse inferiore rispetto a Marte per un evidente problema di esplorazione: sulla sua superficie la temperatura raggiunge i 470 gradi centigradi e la pressione è 90 volte quella che c’è sulla superficie terrestre. Un ambiente davvero inospitale.
Quello che sappiamo sulla sua superficie lo sappiamo grazie alla sonda della Nasa Magellano che nel 1989 realizzò una mappa relativamente dettagliata della superficie attraverso un radar. L’atmosfera – composta quasi esclusivamente da anidride carbonica – impedisce un’osservazione diretta del suolo.
In precedenza soltanto le sonde sovietiche Venera, particolarmente blindate per resistere alle temperature e alle pressioni esistenti, riuscirono a sopravvivere qualche ora prima di soccombere a quell’inferno.
Era il 1985 e da allora l’esplorazione del suolo venusiano si è fermata: le sonde adatte per resistere alle condizioni del suolo di Venere devono prevedere una corazza protettiva per computer di bordo e strumenti e questo rende il peso delle navicelle eccessivo (o se volete, il costo troppo elevato).

Neudeck infatti, per un mese intero ha riprodotto all’interno di un serbatoio in acciaio inossidabile le condizioni infernali di Venere e vi ha inserito due microchip che hanno lavorato a pieno regime a dispetto dell’ambiente in cui si trovavano.
A questo punto si potrebbe mandare su Venere un rover senza bisogno di “barricare” l’elettronica all’interno di un pesante recipiente protettivo. I rilevatori scientifici per misurare la velocità del vento, la temperatura, la pressione e le caratteristiche chimiche dell’atmosfera oltre alle onde sismiche, sarebbero a diretto contatto con l’ambiente venusiano.
Dice Neudeck: «La nostra ricerca non ha messo a punto i chip più complessi del mondo e nemmeno i più veloci, ma quelli in grado di resistere a lungo alle condizioni ambientali di Venere così da permettere una ricerca che potrebbe durare anche qualche mese».

L’evoluzione di quel materiale ha portato a chip in grado di resistere a temperature inferiori rispetto a quelle presenti nei motori, ma che possono resistere per tempi anche molto lunghi.

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