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L’intelligenza artificiale adesso “prevede” il futuro

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L'intelligenza artificiale adesso "prevede" il futuro
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Google, l’intelligenza artificiale ora immagina il futuro. I ricercatori di DeepMind alle prese con gli ‘imagination-augmented agent’, reti neurali in grado di prevedere, senza istruzioni umane, ciò che potrebbe accadere. E dunque pianificare le giuste strategie.

ADESSO l’intelligenza artificiale riesce anche a immaginare. I ricercatori di DeepMind, la società di Google che lavora nel settore e sta sviluppando alcune fra le soluzioni più interessanti, hanno iniziato a lavorare su un’intelligenza artificiale dotata di immaginazione battezzata “imagination-augmented agent”. Vale a dire una rete neurale in grado di ragionare e assumere delle decisioni, facendo piani per il futuro. Senza – questo il punto – essere guidata da istruzioni umane.

“Quando si posiziona un bicchiere su un tavolo gli esseri umani ragionano per un attimo per capire quanto sia stabile e se possa cadere – spiegano i ricercatori del gruppo di Demis Hassabis in un post sul blog ufficiale – sulla base delle conseguenze immaginate possiamo sistemare meglio quel bicchiere”. Bene, l’obiettivo è dotare gli algoritmi in fase di sviluppo delle medesime capacità, fornendo loro l’abilità di capire cosa potrebbe avvenire e dunque proiettarsi di fatto nel futuro, sebbene estremamente prossimo. Non è poi detto che, “al di là di questo, non possano diventare abili a effettuare piani usando quelle conoscenze”.

DeepMind ha dato prova di grande efficacia, basti ricordare le partite di Go vinte nei mesi scorsi contro i  più grandi campioni internazionali. Ma le regole di un gioco, pur complesso, non sono quelle della vita reale, estremamente più varie, imprevedibili e intricate. Per questo il gruppo ha messo il turbo per far fare alle intelligenze artificiali un salto di qualità. Il metodo è combinare capacità di simulazione con approcci composti da tentativi ed errori, in modo da “insegnare” il contesto e l’ambiente ai bot prima che questi agiscano. Curioso che queste capacità di pianificazione siano state addestrate anche attraverso un vecchio puzzle game degli anni Ottanta, Sokoban, del quale a questi sistemi non erano state fornite le regole. E anche con un altro gioco di navigazione spaziale.

I risultati: i loro algoritmi hanno risolto l’85% dei livelli dei videogioco rispetto al 60% delle intelligenze artificiali per così dire meno immaginative. Le prime, infatti, “imparano con meno esperienza e sono in grado di gestire le imperfezioni in cui si imbattono nell’ambiente” si legge nel post. E sono anche brave a variare strategia per arrivare all’obiettivo. Ma anche in questo caso, un videogioco non è la vita vera e ci vorrà molto tempo per sviluppare queste soluzioni.

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