
Nel 1937, un pezzo di lastra di molibdeno arrivò all’Università di Palermo. Era stato spedito dall’Università della California a Berkeley, dove era stato parte dell’atom smasher di Ernest Lawrence – uno dei primi acceleratori di particelle, noto come ciclotrone da 37 pollici. La piastra conteneva il pezzo mancante più importante del mondo chimico.

L’elemento 43 – provvisoriamente indicato come ‘eka-manganese’ prima della sua scoperta – era un buco nella tavola periodica definita da Dmitri Mendeleev nel 1869. Anche se c’erano stati tentativi precedenti di ordinare gli elementi chimici, Mendeleev dispose la sua tavola secondo la massa atomica e le proprietà degli elementi, e lasciò spazi vuoti dove sentiva che mancava un elemento. La maggior parte degli spazi fu gradualmente riempita, confermando le idee di Mendeleev.
Negli anni trenta, la lacuna più rilevante riguadava l’eka-manganese. I ricercatori avevano cercato a lungo questo elemento sfuggente, ma ogni pretesa scoperta era stata dimostrata errata. Ora, a Palermo, era il turno del fisico italiano Emilio Segrè.
A soli 32 anni, Segrè era già noto per la scoperta di elementi. Ebreo sefardita e figlio del proprietario di una cartiera a Tivoli, Segrè si era formato come fisico sotto la guida di Enrico Fermi prima di partire come ufficiale antiaereo dell’esercito italiano. Nel 1929 era tornato da Fermi come uno dei ‘ragazzi di Via Panisperna’, un gruppo di scienziati con un budget limitato e senza attrezzature moderne: i fratelli minori degli scienziati venivano reclutati per sollevare gli apparecchi le attrezzature fatte a mano e i ricercatori dovettero nascondersi in fondo al corridoio per proteggersi dalle radiazioni.
Eppure, nonostante le difficoltà, nel 1934, il team di Fermi aveva esteso i limiti della tavola di Mendeleev.

In Francia, Frédéric e Irène Joliot-Curie avevano dimostrato che un elemento poteva essere trasformato in un altro usando radiazioni indotte artificialmente. Fermi, Segrè e gli altri “ragazzi” fecero un ulteriore passo avanti bombardando un campione di uranio – l’elemento 92, il più pesante conosciuto all’epoca – con un fascio di neutroni improvvisato. Così facendo, sembrava che Fermi avesse sintetizzato gli elementi 93 e 94.
Segrè sperava che Lawrence avesse inconsapevolmente creato un altro elemento come risultato dell’uso di molibdeno nel suo ciclotrone. Il molibdeno è l’elemento 42; se gli isotopi pesanti dell’idrogeno (deuterio) avessero accelerato attraverso il ciclotrone di Lawrence e irradiato una piastra di molibdeno, questa avrebbe potuto contenere alcune tracce di eka-manganese. Segrè chiese a Lawrence di inviargli i pezzi che erano diventati radioattivi. Lawrence, non avendo alcun intressw per il metallo scartato, fu felice di farlo.
Con l’aiuto del collega Carlo Perrier, Segrè effettuò un’analisi chimica della piastra, estraendo un elemento sconosciuto facendo bollire un campione con idrossido di sodio e perossido di idrogeno.
Fu il primo avvistamento dell’elemento 43. Così fu risolto il mistero del perché questo elemento non fosse stato trovato: l’eka-manganese era instabile, con un tempo di dimezzamento radioattivo di qualche milione di anni. Qualsiasi campione presente in natura quando si è formata la Terra sarebbe decaduto eoni fa.
La storia del nuovo elemento era solo all’inizio. Nel giugno 1938, Segrè si recò a Berkeley per continuare la sua ricerca. Mentre era in viaggio, il governo fascista di Mussolini approvò leggi che impedivano agli ebrei di occupare posizioni universitarie in Italia. Segrè, intrappolato in California, mandò a chiamare la sua famiglia e prese la residenza permanente. Qui lavorò con un giovane chimico, Glenn Seaborg, per isolare un insolito isotopo metastabile del nuovo elemento.
Poco dopo arrivarono due notizie. A novembre Fermi aveva vinto il premio Nobel per la scoperta di elementi al di là dell’uranio. Fermi, la cui moglie era ebrea, usò il premio come pretesto per fuggire dall’Italia. Poi, due mesi dopo, dalla Germania giunse la notizia che gli “elementi” di Fermi erano un errore: un gruppo guidato da Otto Hahn e Lise Meitner aveva dimostrato che le scoperte di Fermi erano il risultato della rottura di un atomo, e probabilmente erano bario, krypton e frammenti di altri elementi.
Questa rivelazione avrebbe portato, alla fine, allo sviluppo di armi nucleari – e fece sì che l’eka-manganese di Segrè e Perrier fosse il primo vero elemento sintetico. Nel 1947, dieci anni dopo la sua scoperta, lo chiamarono tecnezio, da technetos, la parola greca che significa “artificiale” . A quel punto, tutti gli altri spazi vuoti della tavola periodica di Mendeleev erano stati riempiti, e Segrè contribuì anche alla creazione dell’elemento 85, l’astatina.

Gli elementi creati in laboratorio aprirono la ricerca di elementi più pesanti dell’uranio (elementi transuranici). Nel 1939, il ricercatore di Berkeley Edwin McMillan si rivolse a Segrè per un atomo insolito che aveva scoperto nel ciclotrone, che riteneva essere un nuovo elemento. Segrè respinse il ritrovamento, arrivando persino a scrivere un articolo: “Una ricerca infruttuosa di elementi transuranici”.
In effetti, McMillan aveva scoperto l’elemento 93, che chiamò nettunio. Poi, nel febbraio 1941, riprendendo l’opera di McMillan, Seaborg scoprì l’elemento 94. Con l’aiuto di Segrè, Seaborg dimostrò ben presto che la sua creazione – il plutonio – poteva essere usata in una bomba atomica. Fu il primo di dieci elementi sintetici che avrebbe poi scoperto; a un altro, il Seaborgium (elemento 106), fu dato in suo onore il suo nome.
Il tecnezio dimostrò che l’esplorazione della tavola periodica non si limitava agli elementi trovati sulla Terra. Oggi abbiamo esteso la tavola fino all’elemento superpesante 118, oganesson.
Con i nuovi elementi sono arrivate applicazioni che pochi avrebbero potuto immaginare: rivelatori di fumo, energia per le sonde spaziali e le armi più devastanti che si conoscano. Ma probabilmente la scoperta più grande rimane il tecnezio, e l’isotopo metastabile dell’elemento scoperto da Segrè con Seaborg.
Con il suo breve tempo di dimezzamento di sei ore, è un tracciante radioattivo ideale. Oggi, il tecnezio è il radioisotopo medico più usato al mondo, in circa l’80 per cento delle procedure di medicina nucleare, e contribuisce a salvare milioni di vite umane ogni anno. Non male per qualcosa visto per la prima volta in un pezzo di lamiera di metallo scartato.
(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Nature” il 28 gennaio 2019. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)
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