Il DNA non viene alterato dalla permanenza nello spazio

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No, la permanenza di Scott Kelly nello spazio non ha alterato il suo DNA. Secondo alcuni media americani la permanenza di Scott Kelly lunga un anno sulla ISS ha provocato un’alterazione genetica del 7% (enorme). Il problema è che non è vero.

Parecchi siti internazionali hanno riportato durante la settimana che l’anno trascorso sulla International Space Station dall’ex astronauta della NASA Scott Kelly ha modificato il 7% del suo DNA. Secondo quanto riportato dalle notizie pubblicate oltreoceano il 7% del suo codice genetico non è ritornato alla normalità una volta che l’astronauta ha rimesso i piedi sulla Terra, con la permanenza nell’ambiente spaziale che – apparentemente – avrebbe alterato permanentemente il suo codice genetico. A breve distanza, però, sono arrivate diverse smentite.

L’errore sembra essere nato dall’errata interpretazione sul Twins Study in corso da parte della NASA. Scott Kelly è stato spedito sulla ISS nel 2015, mentre il suo fratello gemello Mark, un altro ex astronauta della NASA, è stato lasciato sulla Terra. L’esperimento aveva l’obiettivo di verificare i cambiamenti nell’organismo umano derivati dalla permanenza nello spazio utilizzando due campioni genetici particolarmente simili. Dai risultati sono emerse indicazioni piuttosto interessanti: i batteri intestinali di Scott, ad esempio, sono cambiati in maniera significativa.

C’è stata anche un’alterazione fisica nel DNA: le parti protettive alle estremità dei filamenti del DNA (telomeri) sono aumentate durante la permanenza nella ISS, ma questo non si traduce automaticamente con l’alterazione del 7% discussa dai media americani. Il DNA di una persona ne rappresenta il codice genetico e, quando viene alterato, il modello dei geni nelle cellule del corpo viene ordinato in maniera differente. E di fatto alcune forze esterne, come le radiazioni ultraviolette del Sole o il fumo delle sigarette, possono alterare il codice genetico di una persona.

Nel Twins Study si legge che Scott e Mark hanno avuto “centinaia di mutazioni uniche nel loro genoma”, e che questi cambiamenti sono stati scoperti dopo il ritorno di Scott sulla Terra. Ma, secondo la NASA, le mutazioni sono dovute agli alti livelli di stress relativi al viaggio spaziale, e probabilmente erano presenti (ma non rilevate) anche prima della sua permanenza sulla ISS. C’è comunque da dire che le mutazioni nel DNA non sono così inconsuete, e avvengono continuamente anche semplicemente per via dell’invecchiamento delle persone.

A causare il polverone è stato il cambiamento nell’espressione genica in Scott, secondo i rilevamenti della NASA, ma anche in questo caso si tratta di un fenomeno diverso rispetto a quella che può essere considerata un’alterazione genetica. L’espressione genica si riferisce a quanto è attivo un particolare frammento di DNA. Il DNA produce piccoli brandelli di informazioni noti come mRNA, utilizzati dalle cellule per produrre proteine che svolgono funzioni basilari dell’organismo. L’espressione genica stabilisce quanti mRNA un gene produce, ma il DNA rimane identico anche se si comporta diversamente.

Secondo gli scienziati l’espressione genica di Scott è cambiata in larga parte per via della sua missione spaziale, e circa il 93% dei livelli originari sono ritornati alla normalità una volta ristabilitosi sulla Terra. Il restante 7% dei suoi geni collegati al sistema immunitario, alla riparazione del DNA, alla formazione delle ossa, e altro, è rimasto “un po’ fuori combattimento”. Questi geni vengono indicati come “geni spaziali”, e la mutazione rappresenta l’aspetto più interessante del Twins Study anche se non dice che è stato modificato il codice genetico dell’astronauta.

Inoltre i cambiamenti nell’espressione genica non sono così sorprendenti, e avvengono anche sulla Terra. È una risposta essenziale dell’organismo all’ambiente e alle condizioni in cui si trova, e può avvenire anche a chi si trasferisce in zone con un’altitudine elevata. Pare che la sbagliata interpretazione dei risultati sia comunque dovuta ad un comunicato stampa inviato dalla NASA a gennaio, in cui una scarsa scelta delle parole utilizzate ha provocato un’interpretazione erronea di quanto avvenuto. In seguito sono intervenuti anche i due ex astronauti in maniera ironica su Twitter, che sottolineano come siano rimasti gemelli identici.

“Il DNA di Scott non è sostanzialmente cambiato”, ha infine commentato un responsabile della NASA alla stampa internazionale. “Quello che hanno osservato i ricercatori è un cambiamento nell’espressione genica, che è il modo in cui il corpo reagisce all’ambiente che lo circonda”. La NASA ha dichiarato inoltre che ulteriori dettagli dello studio verranno comunicati nei prossimi mesi, ricordando che “siamo solo agli inizi degli studi sul modo in cui i voli spaziali modificano il corpo a livello molecolare”.

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