Centrali nucleari di quarta generazione in Italia

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Nucleare sostenibile: pro e contro delle centrali di quarta generazione. Il Governo italiano, in particolare sotto la spinta del ministro Matteo Salvini, valuta di poter attivare alcuni impianti nell’arco di 10 anni.

Il nucleare sostenibile conquista anche l’Italia. Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha annunciato ieri la convocazione al ministero di istituzioni e imprese per la prima riunione della Piattafoma nazionale per un nucleare sostenibile il 21 settembre.

“Siamo tra i pochissimi Paesi al mondo ad aver detto di no, ma io ritengo che l’Italia debba, entro quest’anno, riavviare la propria partecipazione al nucleare”, ha commentato il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini. La lobby nucleare ora punta sulla sostenibilità, ‘ribrandizzando’ l’atomo come pulito, sicuro, e prima di tutto ‘green’. Ma lo è davvero?

Il rinascimento del nucleare

La Commissione europea, che ha ripetutamente dichiarato che la politica climatica è la sua priorità numero uno, l’anno scorso ha incluso il gas naturale e l’energia nucleare nell’elenco delle attività economiche considerate sostenibili e quindi ammissibili agli investimenti verdi. Per i critici si tratta di uno dei più evidenti trionfi del greenwashing propinato al pubblico. Un dirottamento dello strumento chiave della politica verde europea, realizzato attraverso una campagna di disinformazione.

Da allora, i sette Stati membri nucleari – Francia, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Slovenia – che per primi avevano inviato una lettera alla Commissione nel 2021 chiedendo l’inclusione dell’energia nucleare della tassonomia, sono diventati 14, con l’aggiunta di Bulgaria, Croazia, Finlandia, Paesi Bassi, Belgio, Estonia e Svezia, mentre l’Italia è entrata nell’Alleanza nucleare come osservatrice. Secondo uno studio condotto da un team di esperti e fact checkers, 20 delle 25 affermazioni sull’energia nucleare contenute nella lettera erano false o fuorvianti.

Ormai fuori dall’Ue, ma anche la Gran Bretagna sta accelerando sul nucleare. Il Cancelliere dello Scacchiere Jeremy Hunt ha annunciato una nuova spinta verso l’energia atomica, sperando che possa fornire un quarto dell’elettricità britannica entro il 2050. In contemporanea, il Regno Unito ha lanciato una consultazione per classificare il nucleare come “ambientalmente sostenibile”.

Una mossa quasi indispensabile per attirare gli investimenti privati, in un contesto caratterizzato dalla proliferazione di fondi di investimento ESG (environmental, social, governance), scrive il Guardian. Questi fondi promettono ai propri investitori che i loro soldi verranno destinati a scopi sociali, come la lotta alla crisi climatica.

Il nucleare sostenibile: greenwashing o realtà?

Ultimamente, quindi, va di moda parlare del nucleare sostenibile e green, terminologia sulla quale la comunità scientifica è piuttosto divisa. Una fonte di energia è ritenuta sostenibile quando la sua produzione può essere mantenuta per un determinato periodo, permettendo un ritmo di consumo sufficiente per soddisfare i bisogni dell’umanità, ma anche lasciando abbastanza tempo alla risorsa per rigenerarsi.

Una cosa diversa è l’energia rinnovabile, spiega la rivista Forbes, ricavata da risorse inesauribili poiché capaci di auto-rigenerarsi in continuazione, come il vento o la luce solare. Non tutto ciò che è rinnovabile è anche sostenibile e, a sua volta, non tutto ciò che è sostenibile è rinnovabile.

Detto ciò, il nucleare può essere sostenibile, ma non lo è necessariamente. L’uranio utilizzato nelle centrali nucleari è una risorsa finita, quindi non rinnovabile, ma potrebbe essere sostenibile se viene utilizzato a un ritmo sufficientemente lento da far durare le scorte per migliaia di anni (e se il suo impatto negativo sull’ambiente è trascurabile). E con il continuo sviluppo della tecnologia, sostiene Forbes, tutto ciò non sembra impossibile.

Da una parte i nuovi reattori di quarta generazione affiancati dai cosiddetti mini reattori SMR (small modular reactor) promettono una riduzione dei costi e maggiore efficienza della produzione nel prossimo futuro. Dall’altra, l’estrazione dell’uranio dal mare presenta un’opportunità molto interessante che potrebbe rendere davvero sostenibile la produzione dell’energia nucleare.

Il mare è una miniera alternativa circa mille volte più fornita di uranio di qualunque miniera terrestre finora conosciuta. Un fatto noto nella comunità scientifica da decenni, sostiene uno studio condotto dai ricercatori delle università Berkeley e di Udine che ha chiarito la chimica che sta alla base del processo estrattivo.

“Per estrarre l’uranio dall’acqua di mare, si può utilizzare una ‘trappola’ costituita da molecole capaci di legare selettivamente questo metallo, ancorate a un materiale plastico di supporto”, spiegano i ricercatori.

“Una volta recuperata dal mare, la ‘trappola’ viene trattata per l’estrazione dell’uranio catturato dalle molecole supportate”, aggiungono. “Questa tecnologia – afferma Andrea Melchior, docente del Dipartimento di chimica, fisica e ambiente dell’Università di Udine – è già testata, ma il costo per chilogrammo di uranio recuperato non è ancora competitivo con le altre fonti di approvvigionamento. Lo sviluppo di materiali migliori potrebbe diminuire i costi e, in futuro, diventare una reale alternativa alle miniere terrestri”.

Molti governi giustificano il ritorno al nucleare affermando che l’energia atomica aiuterà a raggiungere gli obiettivi climatici internazionali dei prossimi anni. Tuttavia, nonostante siano molto promettenti sotto certi punti di vista, questi progetti richiederanno ancora anni – o meglio, decenni.

I critici dubitano, infatti, che le tecnologie moderne arriveranno in tempo per fare una vera differenza nella lotta al cambiamento climatico. Perciò molti sostengono che gli immensi fondi destinati al nucleare dovrebbero essere trasferiti il più presto possibile alla produzione dell’energia rinnovabile, i cui costi saranno comunque inferiori a quelli del nucleare anche tra il 2030 e il 2050, secondo l’Agenzia internazionale dell’Energia. Inoltre, per l’Onu il potenziale di riduzione di emissioni nette entro il 2030 di solare ed eolico è quattro volte maggiore rispetto al nucleare.

Il progetto nucleare italiano

Secondo il vicepremier Matteo Salvini, nel giro di 10 anni potrebbero essere operative le prime centrali nucleari italiane. “L’Italia non se ne può chiamare fuori – ha dichiarato il ministro al Forum Ambrosetti a Cernobbio – conto che entro il 2023 questo governo abbia la forza di spiegare agli italiani perché, nel nome della neutralità tecnologica, non possiamo dire di no a nessuna fonte energetica”.

Per realizzare il progetto, il governo punta su Ansaldo, società leader nello sviluppo dei reattori SMR. La società fondata a Genova è attiva in molti paesi europei e ora potrebbe ricoprire un ruolo centrale nell’inversione di rotta in Italia. La settimana scorsa il ministro Salvini ha incontrato l’ad di Ansaldo Riccardo Casale al Mit per fare il punto della situazione.

L’Italia e il progetto ripresa del nucleare

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