“Procrastinazione quantistica”: nuovo paradosso micromondo

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"Procrastinazione quantistica": un nuovo paradosso per il micromondo
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Due diversi esperimenti hanno dimostrato, sfruttando il fenomeno quantistico dell’entanglement, che il comportamento particellare oppure ondulatorio di un fotone già rivelato può essere determinato con una successiva misurazione su un secondo fotone, entangled con il primo, con un’apparente retroattività che mostra ancora una volta la natura paradossale della meccanica quantistica (red)

Non fare oggi ciò che puoi rimandare a domani: questo ironico adagio viene ripetuto dai pigri, ma può essere adottato anche dagli indecisi. La possibilità di procrastinare le proprie scelte sembra ora trovare il proprio contesto naturale nel mondo microscopico, come dimostrano su “Science” due esperimenti che descrivono la possibilità di realizzare un “procrastinatore quantistico”, che permette, in un contesto assolutamente specifico, di rimandare la decisione sulla rivelazione di una particella. I due risultati sono stati ottenuti, rispettivamente, da un gruppo di ricerca francese guidato da Florian Kaiser e colleghi dell’Università di Nizza, e daun gruppo guidato da Alberto Peruzzo, dell’Università di Bristol, nel Regno Unito.

Secondo la meccanica quantistica tutte le particelle elementari – e a rigore anche i corpi macroscopici – hanno una duplice natura, ondulatoria e corpuscolare. Non fanno eccezione ovviamente i fotoni, i quanti di luce. Uno degli aspetti peculiari di questo fenomeno è che un oggetto quantistico si comporta come una particella oppure come un’onda a seconda del tipo di esperimento che lo studia.

Il dispositivo utilizzato negli studi pubblicati ora ha un’impostazione sperimentale piuttosto vecchia, perché si basa sull’interferometro ideato da Ludwig Mach e Ludwig Zehnder alla fine dell’Ottocento. Lo schema è semplice: un fascio di luce finemente collimato viene fatto incidere su uno specchio semiriflettente, che separa il fascio in due parti – quella riflessa dallo specchio e quella trasmessa attraverso di esso – che poi vengono guidati da specchi lungo due cammini ottici diversi, fino a ricongiungersi in un secondo specchio semiriflettente. Da qui si

dipartono altri due fasci tra loro ortogonali che giungono infine a due rivelatori.

"Procrastinazione quantistica": un nuovo paradosso per il micromondo
Schema del classico interferometro di Mach e Zehnder (Cortesia Daniel Mader/Wikimedia commons)

In una versione moderna dell’esperimento, è possibile utilizzare un solo fotone per volta, e la probabilità di rivelare il fotone nel primo rivelatore o nel secondo dipende dalla differenza di fase tra i due fasci introdotta tra i due diversi cammini con uno schermo di vetro. L’aspetto intrigante di tutta la faccenda è che se l’interferometro di Mach e Zehnder è chiuso – vale a dire se è presente il secondo specchio – si osserva una figura d’interferenza: il fotone si comporta come un’onda, che ha percorso simultaneamente i due cammini. Se l’interferometro viene invece aperto, rimuovendo il secondo specchio, le probabilità di osservare il fotone in uno dei due rivelatori è del 50 per cento per ciascuno; il fotone quindi si comporta come una particella classica: ha percorso o il primo cammino o il secondo.

Poiché la decisione di mantenere o togliere il secondo specchio può essere presa dopo che il fotone ha passato il primo, si crea una situazione paradossale: come fa a sua volta il fotone a “scegliere” dopo il primo specchio se comportarsi come un’onda o come una particella? Il suo carattere è determinato solo quando giunge “a destinazione”? È questa in sintesi una delle possibili realizzazioni del cosiddetto esperimento mentale della scelta ritardata, o retrocausalità, proposto da John Archibald Wheeler nel 1984.

"Procrastinazione quantistica": un nuovo paradosso per il micromondo
Cortesia NASA

Due versioni ancora più aggiornate di questo procrastinatore quantistico sono state realizzate dai gruppi di Kaiser e di Peruzzo che estremizzano il ritardo della “decisione” del fotone, che non sa ancora come comportarsi quando emerge dall’interferometro. Il risultato è stato ottenuto in entrambi i casi sfruttando un altro paradossale fenomeno della meccanica quantistica, quello dell’entanglement. Si tratta di una “fantasmatica azione a distanza” – come la definì Einstein – che lega due particelle o due stati quantistici opportunamente preparati anche se tra di loro viene posta una distanza arbitraria. I due stati possono vicendevolmente e istantaneamente influenzarsi nelle misurazioni, contravvenendo a qualunque criterio di causalità di eventi a velocità finita.

Nei casi di Kaiser e di Peruzzo, l’entanglement viene sfruttato in modo che anche dopo la rivelazione del primo fotone, il fatto che abbia esibito una natura particellare, oppure ondulatoria, o ancora una via di mezzo tra le due, dipende dalla misurazione condotta sulla seconda particella, con un’apparente retroattività.

In conclusione, i due esperimenti di procrastinazione quantistica ritardano di soli pochi nanosecondi la scelta di esibire un comportamento particellare od ondulatorio. Ma se si potesse realizzare una memoria quantistica in cui immagazzinare l’entanglement, la decisione potrebbe essere presa anche il giorno dopo. Quindi perché farlo oggi?

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