Il pensiero magico filosofico di Pico della Mirandola

Vinci tutto supernealotto e giochi Sisal

Il pensiero magico filosofico di Pico della Mirandola
Il pensiero magico filosofico di Pico della Mirandola
Condividi l'Articolo
RSS
Twitter
Visit Us
Follow Me
INSTAGRAM

In questo articolo prenderemo in considerazione il pensiero magico filosofico di Pico della Mirandola.

Nel terzo libro del suo trattato “Adversus Astrologiam“egli espone una teoria degli influssi astrali sostanzialmente identica a quella di Ficino.

Il trattato sembra sin dal titolo voler essere una condanna dell’astrologia.

Ma in verità oggetto della condanna di Pico come quella dello stesso Ficino di Savonarola o di Tolomeo è soltanto la cattiva astrologia ovvero quella che assoggettava interamente la volontà umana agli influssi astrali.

D’altra parte che la mente e le volontà umane possano essere indirettamente influenzate dalle stelle tramite i loro effetti sul corpo lo aveva sostenuto anche Tommaso d’Aquino.

Non è d’altro canto nel suo approccio all’astrologia che va cercata l’autentica grandezza di Pico.

Tale grandezza si affida piuttosto a un’opera del 1486 che fa di lui non soltanto uno dei massimi esponenti dell’umanesimo rinascimentale ma una delle vette assolute del pensiero europeo.

Ci riferiamo alla famosissima Oratio il “Discorso sulla dignità dell’uomo” che Pico avrebbe dovuto pronunciare pubblicamente in occasione di un concilio teologico alla presenza di Papa Innocenzo VIII.

Scopo del discorso era la promozione di una sorta di concordia universale tra scuole teologiche e filosofiche.

Ma prima che si tenesse il concilio convocato per il 1486 Pico fece pubblicare una parte di tale Oratio prima di aver avuto il parere del Papa su tale Oratio.

Ma il Papa convintosi della pericolosità di tesi che volevano tra l’altro unificare Ebraismo e Cristianesimo avventurandosi anche nel campo dell’astrologia ne bloccò la discussione e ne chiese l’esame allo scopo di stabilire se rientravano nell’ortodossia.

Buona parte dell’Oratio subì la condanna ma Pico non si perse d’animo e ribadì le proprie convinzioni in un’altra opera intitolata “Apologia “.

In seguito scrisse una rinuncia alle sue tesi ma quando queste vennero definitivamente condannate nella loro totalità dal Papa stesso fu costretto a ritirarsi in Francia per evitare più sgradevoli conseguenze.

Di vastissima e proverbiale cultura Pico conosceva l’ebraico e la cabala, aveva studiato tutti i grandi della Scolastica e le dottrine degli arabi ma era vicino soprattutto al neo platonismo di Plotino Proclo Giamblico e Porfirio.

Esperto di tante dottrine studioso di tante tradizioni con quella fame di conoscenza che è caratteristica dell’Umanesimo egli voleva tuttavia ricondurre all’unità quella molteplicità culturale filosofica e religiosa.

In pratica Pico si proponeva di comporre tra loro le tradizioni più diverse individuando in tutte una medesima origine.

Filtrata dal pitagorismo orfico e dalla sapienza caldea quest’origine unica era ai suoi occhi riconducibile alla tradizione ermetica che si richiamava a Ermete Trismegisto figura identificata ora con il dio egizio della saggezza Thot ora con il greco Hermes ora con un antico sapiente egiziano contemporaneo di Mosè.

Il corpus dottrinale di Ermete è il riferimento principale di Pico soprattutto nel “Discorso sulla dignità dell’uomo”.

Tale opera ci dà la possibilità di entrare nell’universo di Pico in tutto il suo fulgore teoretico.

Proprio in tale opera è racchiuso la maggior parte del pensiero magico filosofico dell’umanista italiano che stiamo cercando di descrivere in tale articolo.

Il discorso sulla dignità dell’uomo inizia richiamandosi ad antichi scritti arabi e all’opera di Ermete Trismegisto poiché in entrambi i casi a Pico sembra sia stato sottolineato come nulla di più ammirevole dell’uomo esisteva sulla scena del mondo.

Pico non prende direttamente posizione nel merito ma piuttosto tende a confutare le tesi contrarie a tale affermazione.

In tale opera Pico si chiede se è vero che gli Angeli sono più ammirevoli degli uomini.

A tale domanda Pico risponde che anche gli Angeli devono invidiare l’eccezionalità della natura umana.

Infatti Dio dopo aver creato l’universo e tutte le sue creature volendo dar vita a un essere in grado di comprendere la bellezza dell’universo creò l’uomo che aveva una natura diversa da tutte le altre creature dell’universo.

L’uomo viene quindi creato come un essere dalla natura indefinita e viene messo dal Dio nel cuore dell’universo.

Proprio per tale ragione secondo Pico anche gli Angeli devono invidiare la natura umana.

Nell’uomo vengono dunque posti da Dio semi e germi molto diversi tra loro.

Di conseguenza ogni singolo individuo deve sviluppare al massimo le proprie potenzialità che sono un dono divino.

Se ogni individuo farò ciò potrà raggiungere la sua perfetta realizzazione e soprattutto potrà raggiungere quella pace in cui ogni conflitto verrà eliminato.

Per Pico Dio donerà agli uomini che si comporteranno in maniera adeguata la visione delle cose divine.

Per l’umanista italiano Mosè i filosofi i misteri dei greci e degli egizi tutti richiamano a questo percorso mostrandone segni visibili della natura gli invisibili segreti di Dio.

È dunque la filosofia per Pico il punto di arrivo di un percorso partito dalle antiche tradizioni.

A suo dire la vera filosofia è in grado di far agire gli uomini nella verità.

Inoltre la vera filosofia può anche dirsi vera magia.

Per Pico magia e filosofia non sono distinguibili purché si faccia riferimento alla vera magia.

Per il nostro autore la magia è duplice fondandosi l’una esclusivamente sull’opera dell’autorità dei demoni mentre l’altra non è altro che il totale compimento della filosofia naturale.

Per Pico la magia demoniaca è del tutto esecrabile mentre l’altra è totalmente buona e ammirevole.

Pico definisce la magia buona magia naturale.

Come il contadino unisce gli olmi alle viti allo stesso modo il vero mago unisce la terra al cielo ovvero le forze inferiori alle qualità e alle proprietà superiori.

Di conseguenza se la prima magia demoniaca appare mostruosa e nociva l’altra è per Pico ammirevole e salutare.

Per l’umanista italiano l’uomo che voglia dirsi sapiente dovrà si essere consapevole della propria libertà ma innanzitutto della responsabilità a cui è chiamato dalla volontà divina.

Il vero mago dovrà quindi da un lato essere consapevole della propria libertà ma dall’altro essere altresì consapevole della responsabilità che gli è stata attribuita da Dio.

Quindi il vero mago non cercherà prodigi che esaltino il suo ego ma il suo unico scopo sarà agire in modo da rispettare la volontà divina.

Concludiamo tale articolo mettendo in evidenza che nella dottrina di Pico il vero mago è colui che non soltanto ha delle conoscenze magiche ma è in grado di trasformare il reale nonché sé stesso.

Inoltre il vero mago naturale ha come obiettivo ultimo il raggiungimento di una verità che può unire tutti gli uomini aldilà delle differenze di religione di cultura e di tradizione.

Prof. Giovanni Pellegrino

Condividi l'Articolo
RSS
Twitter
Visit Us
Follow Me
INSTAGRAM

Ricerca in Scienza @ Magia

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Inviami gli Articoli in Email:

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.