Donne e magia nella Grecia antica

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In questo articolo ci interesseremo del legame che esiste tra donne e magia nell’antica Grecia.

Non vi è dubbio che l’azione magica scardina ogni certezza dal momento che la sua sfera d’azione rompe le rigide opposizioni e quindi le certezze determinate che ci guidano in questa vita.

L’azione magica per dirla in altro modo allude al manifestarsi di un’altra dimensione e mette alla prova l’astuzia razionale come fa Circe con Ulisse.

La maga trasformatrice immortalata da Omero che rappresenta forse la permanenza di tradizioni antichissime si presenta in tutta la sua inquietante seduzione nel X libro dell’Odissea nell’episodio in cui i compagni dell’eroe vengono trasformati da lei in porci.

Mentre l’incontro di Ulisse con la maga si risolve in una sfida emblematica.

Ulisse sembra assumere egli stesso le fattezze di un mago poiché come ogni buon mago entra in contatto diretto con la divinità rappresentata da Hermes e da quest’ultima riceve in dono un’erba magica.

Tale erba magica è un vero proprio farmacon che lo renderà immune dagli effetti provocati ai suoi compagni dalla pozione stregata di Circe.

La maga non avendo alcun potere su Ulisse tenta una strategia più sottile e mette in campo la potenza di Eros.

Gioca in breve l’arma della seduzione e Ulisse diventa per qualche tempo suo amante come se la maga avesse saputo stregarlo.

Ovvero sembra volerci dire che un vero e proprio strumento magico a disposizione di tutti è appunto l’amore.

Là dove la pozione magica e incantesimi possono fallire là dove la condizione privilegiata e il dono degli dei non bastano resta agli umani un’altra possibile strategia ovvero l’amore.

Ma Circe non è l’unica maga famosa della letteratura greca.

Infatti se Circe è donna lo è anche Medea come Circe figlia del Sole resa immortale dalle parole di Apollonio Rodio e di Euripide.

Maga e donna Medea riesce a prevalere sul mostro che sorveglia l’isola di Creta.

Medea richiama le forze del male e le incanala in un unico atto di strutture.

Ella raggiunto uno stato di trance materializza il suo odio evoca e da realtà alle immagini di morte in una sorta di rituale di vera e propria magia nera.

Così appare Medea nel racconto di Apollonio Rodio.

Ma dobbiamo dire che la Medea di Euripide non è da meno.

Ella fabbricatrice di malefici giunge a uccidere i propri figli per punire il colpevole Giasone e forse per distruggere il male che lei stessa ha commesso nelle sue nozze con l’eroe.

Si potrebbe dire che la terribile azione commessa da Medea è una specie di terribile atto di purificazione compiuto sui frutti delle sue nozze con Giasone.

Ma nel mondo greco si possono citare altri casi nei quali le donne assumono un ruolo da protagoniste nel mondo della magia.

Per fare un esempio riti magici e orgiastici venivano praticanti dalle Baccanti le invasate e terribili seguaci di Dioniso.

Egli il dio straniero l’ultimo a essere ammesso nell’Olimpo greco porta con sé una potenza primordiale originaria.

Tale potenza di Dioniso crea scompiglio dell’universo definito dalla religiosità olimpica.

Nel mondo greco Dioniso era considerato il Lisios ovvero il liberatore la divinità che con mezzi semplicistici per breve tempo pone ciascuno in grado di non essere più sé stesso.

Proprio perché Dioniso è in grado di fare questo è il Lisios in quanto in questo modo liberava le sue seguaci.

Esse si abbandonavano a riti orgiastici e danze notturne sui monti.

Mosse da un furore isterico preda di deliri e statici che conducevano infine a una pratica di vera e propria antropofagia.

A volte tale antropofagia era sostituita dallo sbranamento di animali vivi come per introiettare le qualità della vittima.

Dioniso dirigeva sulle donne il proprio irresistibile fascino distraendole dalle loro occupazioni tradizionali nonché seducendole con le esuberante estasi e la promessa di una possibilità di liberazione.

In definitiva potremmo dire che le donne che divenivano Baccanti rompevano con la routine quotidiana ed entravano in uno stato di effervescenza collettiva.

In tale stato di effervescenza collettiva alle seguaci di Dioniso sembrava che tutto divenisse possibile.

In definitiva si potrebbe dire che la magia in Grecia aveva un volto quasi esclusivamente femminile.

In realtà in origine tutto il divino dei greci era femminile essendo legato al culto della Madre Terra.

E l’ordine “maschile” instaurato nell’Olimpo non seppe mettere definitivamente a tacere quella potenzialità femminile.

Essa continuamente risorgeva e gettava scompiglio nella civiltà greca assumendo spesso le vesti della magia.

Per fare un esempio concreto si pensa agli aspetti magici dei culti misterici il cui punto focale era quasi sempre una divinità femminile che era espressione della Grande Madre la Madre Terra.

Si pensi pure alle figure di maghe che abbiamo ricordato in tale articolo ovvero Cicce e Medea.
Appare evidente che entrambe per poter realizzare al meglio la propria natura finiscono per mettere in discussione una serie non indifferente di norme e principi.

La Medea di Euripide si appella direttamente alla divinità dal momento che vuole cambiare in bene per sé il male di cui è stata vittima.

In ultima analisi Medea ricorre ad una forza che viene da un’origine lontana la sola che agli occhi di Medea possa ristabilire una vera giustizia.

Una giustizia certo fuori da ogni regola morale e razionale una terribile giustizia che colpisce colpevoli e innocenti ma agli occhi della maga la sola vera giustizia perché in grado di vendicare le offese che le sono state inflitte.

Detto ciò riteniamo concluso il nostro discorso sulla magia in Grecia, magia che spesso assumeva un volto di donna.

Prof. Giovanni Pellegrino

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