Dal 1986 Chernobyl è ancora in una continua messa in sicurezza

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Storia breve delle pazzesche sfide tecnologiche per mettere in sicurezza Chernobyl, dal disastro a oggi. Il lavoro iniziò subito, quel 26 aprile 1986, con l’impegno di 600mila “liquidatori”, ed è destinato a non finire mai.

Il 26 aprile 1986 a Chernobyl, cento chilometri da Kiev, esplose il reattore 4 della centrale provocando il più grave incidente nucleare della storia. Più di 100mila persone furono evacuate dall’area, dalla stessa Chernobyl e dalla vicina Pryp’jat’ e 2.600 kilometri quadrati vennero più avanti isolati. Gli studi sulle vittime, a seconda dei parametri presi in considerazione, spaziano da 4mila a un milione di persone. Senza contare l’eredità sulle generazioni, le patologie, e la natura compromessa.

Nonostante gli enormi sforzi compiuti in 44 anni per mettere in sicurezza l’area, la bonifica prosegue ancora oggi. I reattori 1, 2 e 3 sono stati disattivati solo anni dopo, più o meno intorno al 2000, e hanno continuato a generare energia dopo l’incidente. Nel frattempo il quarto, coperto oggi da un nuovo sarcofago, rimarrà estremamente radioattivo almeno per 20mila anni. E secondo alcuni esperti perfino l’attuale copertura nuova di zecca, battezzata New Safe Confinement, -un guscio di 32mila tonnellate attorno allo storico sarcofago costruito dal 1986 nonché un’opera ingegneristica da record – potrebbe dover essere sostituita fra una trentina di anni. Ma quali sono state le tappe di questa colossale lotta con laSERGEI SUPINSKYGetty Images contaminazione radioattiva? Le ha sintetizzate Power Technology.

Dal 26 aprile 1986, il giorno dell’incidente, iniziò il lavoro dei cosiddetti “liquidatori”, da non confondersi coi soccorritori. Sono le persone che lavorarono all’emergenza in particolare nel primo biennio seguente la catastrofe. Dalla decontaminazione dell’edificio e del reattore, ma anche dell’intera zona, fino alla costruzione del primo sarcofago, fino al 1990 circa 600mila persone sono state inviate a Chernobyl. Pompieri, soldati, minatori, custodi, operatori di ogni genere sostituirono robot e macchinari a controllo remoto, che non erano efficaci per una gran quantità di attività necessarie per affrontare la crisi. Con la conseguenza di esporsi a livelli elevatissimi di radiazioni, anche se studi e indagini non hanno chiarito (o forse voluto chiarire) fino a che punto quel periodo a Chernobyl abbia influito sulla loro salute e sulla loro vita.

Il 20 maggio 1986, cioè meno di un mese dopo l’incidente legato alla fusione del nocciolo, iniziò di preciso la costruzione del sarcofago sopra il reattore. Ci vollero 206 giorni per completarlo, da giugno a novembre dello stesso anno. In quell’occasione, come ben racconta anche la recente miniserie tv Hbo dedicata al disastro, fu essenziale il lavoro dei minatori di carbone che costruirono un tunnel lungo 168 metri sotto il reattore. Una volta conclusa, la copertura imprigionò 200 tonnellate di corio radioattivo, prodotto dalla fusione delle barre di uranio, 30 di polveri contaminate e 16 di uranio e plutonio. Nonostante l’uso di robot, il sarcofago non venne mai del tutto sigillato. Fu un’impresa epica per l’epoca ma dieci anni più tardi il sarcofago era già da sostituire.SERGEI SUPINSKYGetty Images

Nel 1992 il governo ucraino organizzò una competizione internazionale per progettare la nuova copertura. Parteciparono in 394, 19 idee furono analizzate ma nessuna risultò vincitrice, almeno nell’immediato. Vennero solo assegnate la seconda e la terza posizione a organizzazioni francesi, britanniche e tedesche. Alla fine però un’ulteriore valutazione, nel contesto de programma paneuropeo Tacis, destinato dall’Unione Europea allo sviluppo e all’ammodernamento di 11 paesi della Cis, la Comunità degli stati indipendenti, e della Georgia, selezionò quella britannica, consistente in un enorme arco scorrevole di cemento britannico.

I lavori cominciarono nel settembre 2010: il New Safe Confinement è costato circa 1,5 miliardi di euro donati da oltre 40 governi e gestiti dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. Entrò nel vivo nel 2017, con i contratti affidati al consorzio Bovarka, guidato dalle francesi Bouygues e Vinci. Fra i subcontractor che produssero i diversi componenti ci fu anche l’italiana Cimolai, che realizzò proprio l’arco. Fra gli altri anche la statunitense PaR, la turca Okayanus e l’olandese Mammoet.SERGEI SUPINSKYGetty Images

La costruzione venne posta sul reattore dal novembre 2016 e definitivamente completata nel luglio dell’anno scorso. Come si diceva, dei tanti record che ha fatto segnare uno è quello più significativo: è diventata la struttura mobile più grande mai costruita dall’uomo. Visibile da diversi chilometri, pesa 30mila tonnellate e dovrebbe dare il suo contributo per un secolo anche grazie a una serie di meccanismi come il sofisticato sistema di ventilazione che dovrebbe eliminare o mitigare il rischio di corrosione. Ma in molti pensano che si tratti di una previsione ottimistica.

L’8 ottobre 2018 l’Ucraina ha annunciato la costruzione di un nuovo impianto solare proprio vicino a Chernobyl, consistente in circa 3.800 pannelli per un totale di un megawatt di produzione e un investimento inferiore al miliardo di euro. L’operazione, dall’elevato impatto simbolico considerando il dramma di 44 anni fa, è stata possibile grazie alla collaborazione fra la locale Rodina e la tedesca Enerparc.

Come abbiamo già raccontato, da diverso tempo, e anche quest’anno, una serie di incendi falcidiano l’area di esclusione, al momento popolata da appena 200 persone. Sono tossici e non sono spontanei: dietro c’è il disboscamento illegale, e la fitta economia sommersa nata intorno all’ex centrale esplosa nel 1986.

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