Attività estrattive Cinesi ad alto impatto ambientale e sociale

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Tutti i disastri che la Cina sta facendo in America latina. Undici organizzazioni latinoamericane denunciano all’Onu i “gravi abusi” dei diritti umani e l’impatto ambientale di quattordici progetti cinesi. Ma nessuno si preoccupa.

Nel silenzio generalizzato dei grandi media, lo scorso febbraio una delegazione di undici organizzazioni della società civile latinoamericana del Collettivo per la finanza e gli investimenti cinesi, i diritti umani e l’ambiente, CICDHA la sigla, ha presentato a Ginevra al Comitato delle Nazioni Unite sui diritti economici, sociali e culturali, un rapporto per denunciare i “gravi abusi” dei diritti umani e l’impatto ambientale di 14 progetti cinesi in Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, Messico, Perù e Venezuela.

La richiesta a Pechino di adempiere agli obblighi

In collaborazione con l’International Service for Human Rights, ong con sedi a Ginevra e New York, e il Food First Information and Action Network (FIAN), le 11 organizzazioni del CICDHA hanno chiesto al Comitato dell’ONU di sollecitare Pechino ad adempiere ai propri obblighi sui diritti economici, sociali, culturali e ambientali che la Cina ha ratificato nel 2001 e che sono rimasti sinora lettera morta. La presentazione del rapporto rientra nel processo di valutazione che, sulla Cina, viene svolto in questi giorni dal Comitato delle Nazioni Unite incaricato di vigilare sul rispetto del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali.

Il president dell’Ecuador Guillermo Lasso durante l’inaugurazione del summit tra Cina e paesi latinoamericani nel 2022 (foto Ansa)
Il president dell’Ecuador Guillermo Lasso durante l’inaugurazione del summit tra Cina e paesi latinoamericani nel 2022 (foto Ansa)

Il testo elaborato da CICDHA è molto chiaro nell’evidenziare i termini di non conformità della Cina e avverte che i casi analizzati «indicano una serie paradigmatica di violazioni dei diritti umani» da parte di società ed entità finanziarie cinesi che operano tra il Rio Grande, al confine tra Messico e Stati Uniti, e la Patagonia. La violazione dei diritti delle popolazioni indigene, gli abusi in materia di lavoro, gli sgomberi forzati e la distruzione dell’ambiente sono all’ordine del giorno, mentre gli effetti per le popolazioni locali sono catastrofici, il che spiega perché spesso portano a conflitti e violenze. Dato che si verificano in aree remote e per la collusione e/o il disinteresse dei governi locali, spesso il tutto si riduce però a un fenomeno silenzioso.

Il problema della presenza cinese in America latina

«Il problema della presenza cinese in America latina invita a una riflessione più ampia. È evidente, dopo più di due decenni dall’inizio della sua internazionalizzazione, che le cattive pratiche e gli standard bassi delle aziende statali cinesi non sono eccezionali, ma ripetute e trasversali in tutto il continente», spiega Gabriel Salvia, direttore del Cadal, il Centro per l’Apertura e lo Sviluppo dell’America Latina. Con investimenti cinesi per un totale di quasi 200 miliardi di euro nella regione, in gran parte nelle industrie estrattive, e la costruzione di oltre 200 infrastrutture, l’impatto socio-ambientale della Cina è enorme e dannoso per l’ambiente.

«La grave situazione denunciata dal rapporto non cambierà nel breve periodo. Innanzitutto perché, nell’imminente lotta tra le potenze mondiali per le risorse naturali, la Cina aumenterà i suoi investimenti estrattivi e i suoi megaprogetti infrastrutturali in America Latina nei prossimi anni. E, in secondo luogo, perché non vi è alcun accenno di ravvedimento da parte dello Stato cinese, le cui autorità impediscono ogni dialogo con le organizzazioni civili latinoamericane», denuncia Salvia.

La comunità internazionale sta cercando di usare i meccanismi e le procedure delle Nazioni Unite per fare pressione su Pechino, ma non serve per far fare marcia indietro alla Cina e cambiare il suo modus operandi. In teoria che la Cina investa in modo massiccio in America Latina è positivo ma non dovrebbe essere Pechino a fissare le condizioni e gli standard della sua presenza, perché è proprio l’assenza di contrappesi nel suo modello di sviluppo ad alimentare gli abusi.

Chi controlla le manovre cinesi in America latina?

Anche le aziende occidentali hanno una storia di eccessi in questa parte di mondo, ma sono osservate molto più da vicino e, quindi, le conseguenze dei loro comportamenti scorretti funzionano come un incentivo sufficiente per alzare il livello dei loro standard sociali e ambientali. Con le multinazionali e i megaprogetti cinesi in America Latina, invece, questo controllo, soprattutto da parte dei media occidentali (i cinesi non fanno testo), è del tutto assente.

«Le società e le banche di Pechino in America latina non sono soggette a nessun tipo di supervisione, controllo né responsabilità e, rebus sic stantibus, è improbabile per non dire impossibile che gli investitori cinesi scelgano di introdurre linee guida di comportamento responsabile che riducano al minimo l’impatto socio-ambientale dei loro progetti», conclude Salvia.

Un continente che dipende dalla Cina

Preoccupa anche la sempre maggiore dipendenza finanziaria dell’America latina dai prestiti cinesi, come ha scritto nei giorni scorsi Bloomberg, così come l’intenzione del presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva e del suo ministro della Scienza e della Tecnologia di negoziare la costruzione di un nuovo satellite made in China per l’osservazione del clima e per monitorare la deforestazione in Amazzonia.

«Uno dei motivi per cui alcuni paesi dell’America Latina e dei Caraibi trovano così attraente fare affari con la Cina è la velocità con cui le imprese statali cinesi e le società private fanno affari, più o meno legalmente», spiega Ryan Berg, direttore del Programma Americas del Center for Strategic & International Studies. Dal canto suo, invece, il regime di Pechino, attraverso i suoi media ampiamente diffusi in America Latina grazie anche a partnership con giornali locali, si vende come «la soluzione per aiutare l’America Latina e i Caraibi a sradicare la povertà, migliorare la qualità della vita».

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