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Sono i liceali che vanno all’università, trovano lavoro con stages in azienda o estero

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Il rapporto 2017 di Almadiploma sui diplomati a distanza di uno,  tre e cinque anni racconta i giovani italiani tra libri e occupazione attraverso oltre centomila interviste. Metà degli alunni dei tecnici prosegue gli studi, un quarto dei professionali. Un ragazzo su sei sbaglia indirizzo di studi e cambia ateneo dopo dodici mesi.

L’89 per cento dei diciannovenni usciti da un liceo va all’università. E così la metà di chi ha frequentato un istituto tecnico (51 per cento) e un quarto di chi ha fatto le scuole professionali (il 26 per cento). E’ il dato più chiaro, e di spessore sociale, che esce dal rapporto 2017 di Almadiploma sui diplomati a distanza di un anno (dal titolo di studio, appunto), di tre e di cinque anni.

Trecentocinquanta scuole italiane testate, 115mila studenti ascoltati. E il risultato è che tra il 65 e il 70 per cento (rispettivamente dopo cinque stagioni e dopo una) hanno scelto un ateneo mentre tra il 38 e il 28 per cento hanno abbracciato una formazione non universitaria. Si iscrivono a una facoltà superiore più le femmine, 75 per cento, che i maschi, 66 per cento. Per 14 diplomati su cento la scelta d’ateneo è stata un errore: dopo un anno sei hanno abbandonato gli studi e otto hanno cambiato università o corso.

Il tasso di disoccupazione dei diplomati dopo una stagione è al 22 per cento (ricordiamo che in Italia è al 40,1 per cento tra i giovani di 15-24 anni): al venti tra i liceali e al ventinove tra chi ha fatto il professionale. Da notare che tra i liceali – dopo un anno – solo il 5 per cento lavora e basta mentre il 25 per cento studia e lavora. Se si scandaglia l’universo dei giovani usciti dai tecnici, la percentuale di lavoratori post-diploma sale al 31 (il 43 studia e lavora). Tra i professionali il 42 per cento lavora e il 48 fa entrambe le cose (significa che solo il 10 per cento studia e basta). In totale solo il 17 per cento dei maturati lavora come unica attività, il 33 è studente lavoratore, soltanto la metà dei diplomati italiani si applica agli studi in modo esclusivo.

E’ interessante il bacino di sondaggi sulle opportunità di lavoro. A parità di condizioni – parliamo ancora di diplomati tecnici e professionali – trova facilmente occupazione chi ha fatto tirocini e stage durante gli studi (questa voce incide per il 60 per cento), chi li ha fatti dopo il diploma (incide per il 34 per cento) e chi ha esperienze di studi all’estero (31 per cento). L’alternanza scuola-lavoro pesa addirittura per l’86,5 sui tecnici e il 90 per cento sui professionali. Dice il dossier Almadiploma: “Sono fondamentali per il successo formativo e occupazionale percorsi di orientamento, esperienze di studio all’estero durante gli studi superiori, stage prima e dopo il diploma”. Ancora: “L’alternanza scuola-lavoro non sembra essere un’esperienza isolata, che termina con il diploma, ma spesso si traduce in un rapporto di lavoro con l’azienda presso cui lo studente ha svolto i periodi lavorativi previsti dal progetto. Un dato molto interessante, che rafforza l’importanza di una maggiore diffusione di queste esperienze”. Questi sondaggi Almadiploma, tra l’altro, si sviluppano quando è trascorsa solo una stagione dall’imposizione di un’alternanza serrata e allargata anche ai licei da parte della legge 107.

Per quanto riguarda la fase lavorativa, tra i diplomati tecnici il 43 per cento dopo un anno è occupato e guadagna, se assunto a tempo pieno, tra i 947 e i 1.040 euro. Solo un quinto, però, utilizza in “maniera elevata” le competenze acquisite a scuola: per il 40 per cento quel sapere serve poco, per il restante quaranta serve a nulla. I professionali occupati salgono al 48 per cento, ma la paga scende: 877-1.012 euro. La retribuzione, a cinque anni dal diploma, cresce lievemente: 1.274 euro.
In particolare, il lavoro stabile riguarda il 25 per cento (compreso il 4 per cento di autonomi), il 22 per cento è a tempo determinato, il 26 per cento è stato assunto con contratti formativi. Il 10 per cento è totalmente irregolare. Poi, altre forme. Tra tecnici e professionali, l’87-88 per cento ha trovato lavoro nel privato. Quasi tre occupati su quattro, a un anno dal diploma, sono inseriti in un’azienda che opera nel settore dei servizi, in particolare del commercio. Il 18 per cento lavora nell’industria, il 2 per cento nell’agricoltura. Ha cercato un lavoro subito soprattutto chi aveva medie basse a scuola, ma nei primi cinque anni di mestiere la soddisfazione registrata è abbastanza elevata. Per il rapporto con i colleghi (voto 7,9), l’indipendenza o l’autonomia (7,5), il luogo di lavoro (7,3), l’acquisizione di professionalità (7,3). E’ insufficiente (5,5) la coerenza con gli studi fatti.

Dopo il report, offerto a dicembre, sui pentiti dello studio fatto tra i 14 e i 19 anni, l’ultimo lavoro di Almadiploma sottolinea la questione “ascensore sociale” dello studio. Si legge: “Fra i diplomati appartenenti a contesti più favoriti è nettamente più frequente l’iscrizione all’università (83 per cento contro

57 per cento dei giovani provenienti da famiglie meno favorite)”. Anche il titolo di studio dei genitori influenza le scelte formative: l’87 per cento dei diplomati provenienti da famiglie in cui almeno un genitore è laureato ha deciso di iscriversi all’università.

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