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I social programmati per influenzare le menti dei bambini

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I social programmati per influenzare le menti dei bambini
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L’altro papà di Facebook lancia l’allarme. Sean Parker: “Il social di Zuckerberg sfrutta le vulnerabilità psicologiche umane”.  L’imprenditore che inventò Napster e partner di Zuckerberg nei primi mesi di vita della piattaforma di cui è stato anche presidente, si preoccupa dei bambini: “Solo Dio sa cosa sta succedendo al cervello dei nostri piccoli”.

NE è stato il primo presidente, quando la piattaforma fondata da Mark Zuckerberg ed Eduardo Saverin aveva appena cinque mesi. Ha dunque avuto un ruolo fondamentale nella nascita e nella crescita di Facebook. Prima, era noto per aver fondato Napster, il software di scambio musicale peer-to-peer, e una quantità di altri siti di successo. Adesso Sean Parker – per capirci, il Justin Timberlake del film “The Social Network” – decide di scagliarsi contro la creatura che ha contribuito a creare: il social blu “sfrutta le vulnerabilità psicologiche delle persone” ha detto nel corso di una conferenza a Philadelphia.

In alcuni passaggi Parker, oggi 38enne e milionario, ha ricostruito i momenti essenziali vissuti fra 2004 e 2005. Agli albori del sogno di Zuck. Spiegando che il meccanismo messo in piedi dal social, costruito intorno ai Mi piace, alle condivisioni e ai commenti, funziona di fatto come “un loop di validazione sociale” basato proprio intorno a una “vulnerabilità psicologica umana”. Per le dimensioni che ha oggi, Facebook “cambia letteralmente la relazione di un individuo con la società e con gli altri. E probabilmente interviene in modo negativo sulla produttività”. L’attenzione di Parker si è rivolta anche ai bambini: “Solo Dio sa cosa sta succedendo al cervello dei nostri piccoli”, ha spiegato dall’evento Axios.

Una preoccupazione che molte indagini hanno preso di petto negli ultimi anni, pur rimanendo nell’ambito dell’osservazione. Ansia, irritabilità, paure, isolamenti, “fomo” (la cosiddetta “fear of missing out”, paura di rimanere tagliati fuori dai flussi di notizie e aggiornamenti),iperesposizione, rapporti amicali e influenze politiche: le indagini sugli effetti dei social sulle persone, e su bambini e adolescenti, si sprecano. Poche, tuttavia, hanno indagato in profondità la traccia di cui parla Parker, quella degli effetti cognitivi sull’utenza più giovane. Una delle ultime è firmata dall’università della Pennsylvania.

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