La Bce non basta, a marzo inflazione su solo dello 0,2%. Grandi città in deflazione

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In lieve ripresa il dato acquisito per il 2016 che risale al -0,4% dal -0,6% di febbraio avvicinandosi alla stima fatta dal governo nel Def: 0,2%. Su base annua, tuttavia, i prezzi restano in contrazione e il fenomeno si estende da Nord a Sud

La Bce non basta, a marzo inflazione su solo dello 0,2%. Grandi città in deflazione
L’Istat conferma la stima preliminare sull’inflazione: a marzo i prezzi sono cresciuti solo dello 0,2% rispetto a febbraio, ma mostrano una contrazione dello 0,2% su base annua (-0,3% a febbraio). Insomma, nonostante le mosse della Bce e la pioggia di liquidità con cui Francoforte sta innondando i mercati, i consumi restano fermi al palo. Certo, il dato acquisito per il 2016 risale al -0,4% e si avvicina alla stima del governo contenuta nel Def (+0,2% per fine anno), ma la deflazione colpisce sempre più città, allargandosi a macchia d’olio su tutto il territorio nazionale. Il Belpaese condivide la debolezza dei prezzi che riguarda l’intera zona euro, dove l’inflazione annuale è risalita a zero rispetto al -0,2% a febbraio. Anche nella Ue, secondo i dati di Eurostat, il tasso di inflazione annuale a marzo è stato di 0% dopo -0,1% a febbraio.

Secondo i dati dell’Istat sono 22 le grandi città con i prezzi in calo su base annua: un mese prima erano 20 a febbraio. Nella lista rientrano anche Roma (-0,5%), Firenze (-0,4%), Napoli (-0,1%) e Milano (-0,1%), ma i ribassi più forti si registrano per Bari e Potenza (-1% entrambe). D’altra parte, a marzo la deflazione ha travolto anche il cosiddetto carrello della spesa: i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona diminuiscono dello 0,1% rispetto a febbraio e dello 0,3% su base annua (da -0,4% del mese precedente). La domanda resta ferma, i prezzi calano e i consumatori rimandano gli acquisti alimentando i circolo vizioso.

Nel dettaglio, la persistenza del calo tendenziale dei prezzi risente di un quadro di sostanziale stabilità degli andamenti su base annua delle diverse tipologie di prodotto, con l’eccezione dell’ulteriore flessione dei prodotti energetici e in particolare degli energetici non regolamentati (-11,2%, da -8,5% del mese precedente), compensata però dall’inversione della tendenza dei servizi relativi ai trasporti (+0,5%, da -0,7% di febbraio) e da altri lievi segnali di ripresa registrati dai prezzi di alcune tipologie di prodotto, che hanno contribuito, però, solamente a ridurre l’ampiezza della flessione dell’indice generale.

Al netto degli alimentari non lavorati e dei beni energetici, l'”inflazione di fondo” sale a +0,6% (da +0,5% di febbraio); al netto dei soli beni energetici si porta a +0,4% (era +0,3% il mese precedente). Rispetto a marzo 2015, i prezzi dei beni registrano un’accentuazione della flessione (-1,0%, da -0,7% di febbraio) mentre il tasso di crescita dei prezzi dei servizi accelera (+0,7%, da +0,5% del mese precedente). Di conseguenza, rispetto a febbraio 2016 il differenziale inflazionistico tra servizi e beni si amplia di cinque decimi di punto percentuale.

L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta del 2,1% su base mensile mentre diminuisce, come a febbraio, dello 0,2% su base annua (la stima preliminare era -0,3%). Il rialzo congiunturale è
in larga parte dovuto alla fine dei saldi invernali, di cui il NIC non tiene conto. L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), al netto dei tabacchi, aumenta dello 0,1% rispetto al mese precedente e diminuisce dello 0,3% nei confronti di marzo 2015.

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