
In Italia le malattie psichiatriche colpiscono 1,8 milioni di persone. L’inserimento sociale come terapia. I rischi dell’isolamento dei pazienti. L’allarme per l’aumento dei disturbi della personalità fra gli adolescenti che consumano droghe. In crescita i pazienti immigrati. Se ne è parlato nel convegno organizzato a Roma dalla Fondazione Don Luigi Di Liegro.
Che cos’è una vita quando non si può decidere nulla? Se non si è liberi di scegliere se mangiare o uscire. Quando fare una passeggiata o incontrare un amico. Una condizione comune a molte persone che soffrono di malattie psichiatriche gravi. In Italia 1,8 milioni di pazienti convivono con il disagio mentale. Soli, fragili e in difficoltà sono quasi sempre ‘esclusi’ dal tessuto sociale e per loro, anche dopo la guarigione, il ritorno alla ‘normalità’ è ancora più difficile. “Il recupero di questi malati – spiega Michelle Funk del dipartimento salute mentale e abuso di sostanze dell’Organizzazione mondiale della sanità – passa dal loro reinserimento sociale, dall’aiuto che ricevono dagli altri e non solo dalla cura farmacologica. Quando la mente si ammala si perde tutto: amori, amici, lavoro. L’individuo si isola e perde il suo ruolo di cittadino. E’ necessario che i governi investano nel reinserimento di queste persone nella società”.
Il convegno. La cura passa da interventi non strettamente medici. Non solo farmaci e visite mediche, ma incontri e attività per “tornare a essere cittadini come gli altri”. Terapie che puntano a ricostruire l’identità peduta di ognuno. Una ricetta che punta sull’integrazione, ma che è anche un obiettivo complesso anche per lo stigma che circonda queste malattie. Proprio per questo l’Oms ha promosso un’iniziativa per tutelare i diritti dei pazienti che soffrono di disagio mentale e per difendere i loro diritti. Una questione ormai riconosciuta a livello globale, dagli esperti del settore, come è stato ribadito nel convegno I fattori determinanti della salute mentale, organizzato dalla fondazione Don Luigi Di Liegro con la Fondation D’Harcourt e l’Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti (Inmp), che si è appena concluso a Roma.
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I fattori di rischio. Sono diversi i fattori che mettono a rischio la salute mentale degli individui, come ricorda Giuseppe Ducci, direttore del dipartimento di salute mentale della Asl Roma 1. “Fra questi c’è un uso eccessivo di cannabis o di stupefacenti, la trascuratezza genitoriale precoce, nel caso di bambini poco seguiti o accuditi in modo sbagliato dalle famiglie, ma anche vivere in un contesto degradato o sovraffollato o fare parte di un’etnia o di una fascia della popolazione emarginate”.
Le droghe. A preoccupare soprattutto per gli adolescenti c’è la questione dell’abuso di sostanze stupefacenti. “Negli ultimi anni abbiamo uno scenario completamente diverso dominato dall’abuso di sostanze – aggiunge Ducci – con disturbi che colpiscono soggetti sempre più giovani. Spendiamo pochissimo per questi problemi, il 3,2% del Fondo Sanitario, e dovremmo spendere il 5%. Solo i malati di schizofrenia sono 400-500mila persone, se aggiungiamo gli altri problemi gravi arriviamo a 1,8 milioni di persone. Bisogna puntare alla restituzione sociale, all’attenzione al lavoro e all’abitare”.
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