Lavorare nel mondo dello streaming digitale

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Discografia, le case discografiche assumono: ecco che profili cercano. Maneggiare i dati di traffico sul web e conoscere i social sono skill che piacciono alle major. Come confermano Universal, Sony e Warner.

Una volta si diceva che, se vuoi fare affari, devi imparare il latino. Oggi potremmo dire che, se vuoi lavorare in discografia, devi studiare tutto ciò che ruota intorno al web: dalla promozione social alla distribuzione delle royalties provenienti dallo streaming. La buona notizia è che la discografia è in salute, in Italia come nel resto del mondo ha infilato l’ottavo anno consecutivo di crescita, qui da noi nel primo semestre 2023 ha toccato la cifra record di 20 miliardi di stream premium e lavorare per una major non è più un’ambizione campata in aria, come poteva sembrare ai tempi della crisi di Napster. A patto che si abbiano le giuste competenze.

L’attenzione ai social

«Un dato eloquente», sottolinea Daniele Demartini, cfo and hr director di Universal Music Italia, «sta nel fatto che fino a qualche anno fa avevamo appena tre persone nell’area digital. Adesso sono diventate dieci».

La conoscenza della rete è un asset sempre più centrale, «sia sul versante del supporto al marketing che su quello della monetizzazione della musica. Quando si promuove un nuovo progetto, bisogna usare i social in maniera creativa. Così come, quando si dialoga con le piattaforme di streaming, bisogna parlare la loro lingua che è diventata anche la nostra lingua.

Quando i dischi erano fisici, le case discografiche imponevano i trend. Adesso che la musica è liquida, abbiamo dovuto imparare a seguire i trend della rete». La ricerca di skill di questo tipo ha effetti anagrafici significativi sulle aziende: «L’età media dei professionisti che reclutiamo si è infatti abbassata», continua Demartini.

Un lavoro per giovani

La regola dell’abbassamento dell’età media non vale poi soltanto per il segmento digital ma anche per gli A&R, i profili più classici del lavoro in discografia: quelle professionalità che fanno scouting, gestiscono artisti e repertorio. «Anche da noi l’età media dei nostri dipendenti si è abbassata», commenta Emanuela Motta, head of people experience di Sony Music Italy, «e vale anche per le professionalità che stanno a diretto contatto con gli artisti».

L’innesto di giovani è importante anche per un altro aspetto: «Significa immettere entusiasmo, stimoli nuovi. La contaminazione tra generazioni è una cosa su cui insistiamo molto in azienda: i profili senior hanno da loro l’esperienza e la conoscenza della storia della musica. Quelli più giovani portano l’entusiasmo che, da noi, è fondamentale perché non stiamo parlando di un lavoro che si esaurisce nel corso dell’orario d’ufficio. Insieme realizzano un mix perfetto».

La capacità di «misurare»

Tirando le somme: «Oggi nel settore si assume con un approccio più specifico rispetto a 30 anni fa», sottolinea Raffaele Razzini, cfo and hr di Warner Music Italy. «Prima, quando cercavi un A&R, valutavi i contatti del candidato, le relazioni che intratteneva con i manager degli artisti. Adesso siamo a caccia di professionalità in grado di leggere i trend che guidano il settore. Che, sempre rispetto a 30 anni fa, sono immediatamente misurabili».

Poi c’è un pre-requisito che da sempre sta alla base di ogni campagna di reclutamento nel settore: «Essere un grande appassionato di musica», conclude Razzini. «Se entri in discografia, la musica è destinata a diventare molto di più che il tuo lavoro». Quel molto di più che si chiama vita.

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