Rivelate le onde gravitazionali di fondo dell’Universo

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Rivelate le onde gravitazionali di fondo dell'Universo
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Onde gravitazionali: la scoperta che rivela il respiro dell’universo. Alla ricerca pubblicata sulla rivista Astronomy and Astrophysics, hanno contribuito la collaborazione europea Epta, della quale l’Italia fa parte con l’Istituto Nazionale di Astrofisica (sede di Cagliari) e l’Università di Milano Bicocca

Lo definiscono “il respiro dell’universo”, si tratta del rumore di fondo che gli astronomi sono riusciti ad ascoltare grazie a una tecnica per la rilevazione delle onde gravitazionali. Una novità che, come sottolineano, apre una “nuova finestra sull’universo”. Un risultato importante, pubblicato su The Astrophysical Journal Letter frutto di uno studio e progetto di ricerca che ha visto la collaborazione di più scienziati. Gli studiosi hanno osservato per la prima volta le deboli increspature causate dal movimento dei buchi neri che stanno dolcemente allungando e comprimendo ogni cosa nell’universo.

Mercoledì, hanno riferito di essere stati in grado di “sentire” quelle che vengono chiamate onde gravitazionali a bassa frequenza, “cambiamenti nel tessuto dell’universo creati da enormi oggetti che si muovono e si scontrano nello spazio”. La prima volta, come sottolineato da Maura McLaughlin, co-direttrice di NANOGrav, North American Nanohertz Observatory for Gravitational Waves che «abbiamo prove di questo movimento su larga scala di tutto nell’universo». A spiegare quanto sia importante questa scoperta è Michele Vallisneri, senior research scientist al Jet Propulsion Laboratory della NASA nella California del sud.

Questa scoperta rivela che l’intero universo è immerso in un rumore di fondo di onde gravitazionali, provenienti dalle binarie di buchi neri al centro delle galassie, e suggerisce che queste binarie esistono in gran numero – dice -. La tecnica di rivelazione è quasi incredibile: abbiamo monitorato per 15 anni la pulsazione regolare proveniente da 67 stelle di neutroni nella galassia, per misurare lo stiramento e compressione dello spaziotempo». Alla scoperta delle onde gravitazionali a bassissima frequenza e ultra-lunghe hanno contribuito in modo importante l’Europa, con la collaborazione European Pulsar Timing Array (Epta), e l’Italia grazieall’Istituto Nazionale di Astrofisica, con la sua sede di Cagliari, e l’Università di Milano Bicocca. Il risultato si deve a 13 telescopi di tutto il mondo. Di questi, 5 sono europei, fra cui il Sardinia Radio Telescope.

All’interno delle 11 istituzioni europee che fanno parte dell’Epta, astronomi e fisici teorici hanno collaborato per utilizzare i dati relativi a 15 pulsar, stelle molto dense che ruotano su sé stesse, il cui ritmo è alterato dal passaggio delle nuove onde gravitazionali. Distanti dalla Terra e disseminate nella Via Lattea, le pulsar sono diventate un unico rivelatore cosmico ai limiti della fantascienza. Le variazioni nella loro rotazione misurate dai 13 radiotelescopi riflettono infatti le dilatazioni e le compressioni dello spazio-tempo, la cui regolarità ricorda quella del respiro. L’organizzazione europea ha partecipato a un grande lavoro disquadra con i ricercatori indiani e giapponesi dell’Indian Pulsar Timing Array (InPta) e gli altri cacciatori di pulsar attivi nel mondo, come la collaborazione nordamericana NanoGrav,l’australiana Ppta e la cinese Cpta.

Con il Sardinia RadioTelescope, i radiotelescopi che hanno permesso la scoperta sono l’Effelsberg Radio Telescope in Germania, il Lovell Telescope dell’Osservatorio Jodrell Bank nel Regno Unito, il Nancay Radio Telescope in Francia e il Westerbork Radio Synthesis Telescope nei Paesi Bassi. Per il presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, Marco Tavani si tratta di “risultati straordinari per la loro importanza scientifica e per le prospettive future di ulteriore consolidamento dei risultati». I risultati appena pubblicati, rileva, sono «una pietramiliare per l’astrofisica contemporanea: da un lato aprono una nuova finestra osservativa nella scienza delle onde gravitazionali e dall’altro confermano l’esistenza di onde gravitazionali ultra lunghe che, secondo le teorie correnti, dovrebbero essere generate da coppie di buchi neri super-massicci formatisi nel corso del processo di fusione frale galassie».

I risultati dell’EPTA si confrontano con una serie di pubblicazioni oggi annunciate in parallelo da altre collaborazioni in tutto il mondo.

L’insieme di dati dell’EPTA è straordinariamente lungo e denso ed ha permesso di ampliare la finestra di frequenza in cui possiamo osservare queste onde – fa sapere Alberto Sesana professore all’università Milano Bicocca – permettendo una migliore comprensione della fisica delle galassie che si fondono e dei buchi neri super massicci che esse ospitano». Nataliya Porayko, ‘visiting researcher’ all’Università di Milano-Bicocca tuttavia sottolinea che «una regola d’oro in fisica per conclamare la scoperta di un nuovo fenomeno è che il risultato dell’esperimento abbia una probabilità di verificarsi casualmente meno di una volta su un milione». Il risultato riportato da EPTA – così come dalle altre collaborazioni internazionali – non soddisfa ancora questo criterio, infatti c’è ancora circa una probabilità su mille che fonti di rumore casuali cospirino per generare il segnale. C’è poi l’altra faccia della ricerca e riguarda il progetto dell’Einstein Telescope.

«L’astronomia gravitazionale alle frequenze più basse (nanohertz) con le pulsar è complementare al programma degli interferometri terrestri come LIGO, Virgo, e in futuro ET che puntano a frequenze più alte (decahertz) – conclude Michele Vallisneri -. Mentre la prima rivela i buchi neri supermassivi ed effetti cosmologici esotici, i secondi studiano la ricchissima fenomenologia dei buchi neri stellari e delle stelle di neutroni. Così come sondiamo l’universo utilizzando parti diverse dello spettro elettromagnetico (da onde radio al visibile ai raggi gamma), così vogliamo estendere la “finestra” gravitazionale a tutte le frequenze, per esplorare tutti gli aspetti dell’universo oscuro».

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