Un esperimento per confermare i gravitoni. Il gravitone è una particella elementare ipotetica ma un nuovo esperimento propone un metodo per confermarne l’esistenza.
I fenomeni fisici a varie scale possono essere descritti con le quattro forze fondamentali: la forza elettromagnetica, la forza (nucleare) debole, la forza (nucleare) forte e la gravità. Con quest’ultima abbiamo una certa familiarità eppure ancora non l’abbiamo pienamente compresa.
I suoi effetti sono evidenti, come interazioni tra oggetti aventi una massa. Mantiene i pianeti in orbita attorno al Sole, la Luna in orbita attorno alla Terra e gli esseri viventi e gli oggetti inchiodati sulla sua superficie. E su scala più ampia, è fondamentale per la struttura dell’Universo.
Uno dei primi tentativi di descriverla fu fatto da Isaac Newton, che affermò che la gravità è proporzionale alla massa degli oggetti e inversamente proporzionale al quadrato della loro. Più di cento anni fa, Einstein rivoluzionò la nostra visione associando la gravità ai cambiamenti nello spazio e nel tempo. E molti dei sui effetti, come la dilatazione del tempo, le onde gravitazionali o i buchi neri, oggi sono stati confermati.
Tuttavia, mentre questa forza può essere spiegata in senso “classico”, la fisica quantistica riesce a spiegare solo le prime tre attraverso l’interazione di particelle: il fotone per la forza elettromagnetica, il gluone per la forza nucleare forte, i bosoni W e Z per la forza nucleare debole ma la gravità non ha ancora una sua particella definita.
Ha solo il gravitone che, però, per ora rimane teorica. Collegare la gravità alla meccanica quantistica è ormai diventato uno dei sacri graal della fisica. In teoria, le onde gravitazionali che attraversano frequentemente la Terra, provenienti da colossali eventi cosmici come fusioni di buchi neri e stelle di neutroni, sono costituite da un numero enorme di quei gravitoni.
Ma i rilevatori, come LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory), non possono rilevarli e, anzi, finora l’idea di individuarne uno è stata ritenuta impossibile.. Ora, però, un team di ricercatori guidato dal professore di fisica Igor Pikovski dello Stevens Institute of Technology suggerisce una nuova soluzione che prevede l’accoppiamento della tecnologia di rilevamento fisico esistente (risonatore acustico) con il rilevamento quantistico, che raccoglie informazioni a livello atomico.
Lo studio è stato pubblicato su Nature Communications.
La proposta
La soluzione proposta, spiega Pikovski, “è simile all’effetto fotoelettrico che ha portato Einstein alla teoria quantistica della luce, solo che le onde gravitazionali sostituiscono le onde elettromagnetiche“. Il segreto sono i passaggi discreti di energia che vengono scambiati tra il materiale e le onde gravitazionali quando vengono assorbiti i singoli gravitoni.
“Dobbiamo raffreddare il materiale e poi monitorare come cambia l’energia in un singolo passaggio e questo può essere ottenuto tramite rilevamento quantistico“, spiega il ricercatore Sreenath Manikandan. “Osservando questi salti quantici nel materiale, possiamo dedurre che è stato assorbito un gravitone“.
Una delle innovazioni proposte dal team è quella di utilizzare i dati disponibili dall’osservatorio statunitense di onde gravitazionali LIGO.
Il nuovo approccio è stato ispirato dai dati sulle onde gravitazionali rilevati sulla Terra e reso possibile dal fatto gli scienziati hanno recentemente iniziato a creare e osservare effetti quantistici in oggetti macroscopici.
“A quanto pare, questa misurazione può essere eseguita“, afferma Manikandan, “ad esempio utilizzando un dispositivo simile alla barra di Weber“. Le barre Weber sono barre cilindriche spesse e pesanti (fino a una tonnellata) che prendono il nome dal loro inventore, Joseph Weber, originario del New Jersey. Recentemente, sono cadute in disuso con la proliferazione delle tecnologie di rilevamento basate sull’ottica ma, in realtà, potrebbero tornare di moda per la caccia al gravitone.
Un rilevatore quantistico di nuova concezione verrebbe raffreddato alla sua energia più bassa, quindi vibrerebbe leggermente dal passaggio di un’onda gravitazionale. I sensori di energia super sensibili potrebbero quindi, teoricamente, catturare come tali vibrazioni cambiano in passaggi discreti. Ogni cambiamento rappresenterebbe un salto quantico e indicherebbe un singolo evento gravitonico.
Ma c’è un problema: la tecnologia di rilevamento necessaria non esiste ancora.
“Di recente sono stati osservati salti quantici nei materiali ma non ancora alle masse di cui abbiamo bisogno“, sottolinea Tobar. “Ma la tecnologia avanza molto rapidamente e abbiamo più idee su come semplificarla“.
“Siamo certi che questo esperimento funzionerà“, commenta entusiasta Thomas Beitel. “Ora che sappiamo che i gravitoni possono essere rilevati, è una motivazione in più per sviluppare ulteriormente la tecnologia di rilevamento quantistico appropriata. Con un po’ di fortuna, presto si potranno catturare singoli gravitoni“.
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