Nel 2012, nel tunnel circolare lungo 27 chilometri del Large Hadron Collider, che fa scontrare particelle tra loro, ha fatto la sua comparsa il bosone di Higgs, l’ultima particella mancante prevista dal modello standard della fisica, e il perno che tiene insieme quell’insieme di equazioni vecchio di decenni.
Ma nessun’altra nuova particella si è materializzata nel collisore del CERN di Ginevra, lasciando aperti molti misteri dell’universo che il modello standard non affronta. Ne è seguito un dibattito sull’opportunità di costruire un successore ancora più grande di LHC – con la proposta di una macchina di 100 chilometri di circonferenza, forse in Svizzera o in Cina – per continuare la ricerca di nuova fisica.
I fisici dicono che c’è ancora molto che possiamo imparare dal bosone di Higgs stesso. Quello che si sa è che l’esistenza della particella conferma una teoria vecchia di 55 anni sull’origine della massa nell’universo. La sua scoperta ha permesso a Peter Higgs e François Englert – due dei sei teorici che negli anni sessanta avevano proposto questo meccanismo per la generazione della massa – di ricevere il premio Nobel per la fisica nel 2013.
Il meccanismo coinvolge un campo che permea tutto lo spazio. La particella di Higgs è un’increspatura, o fluttuazione quantistica, in questo campo di Higgs. Poiché la meccanica quantistica mette in correlazione particelle e campi della natura, la presenza del campo di Higgs si riverbera in altri ambiti quantistici; è questo accoppiamento che dà la massa delle particelle associate.
Ma i fisici sanno poco dell’onnipresente campo di Higgs, o del momento fatidico dell’universo iniziale, quando improvvisamente si è spostato da un valore zero ovunque (o, in altre parole, non esistente) al suo stato attuale, considerato uniforme. Quello spostamento, o evento di “rottura della simmetria”, ha reso istantaneamente massicci quark, elettroni e molte altre particelle fondamentali, e li ha portati a formare gli atomi e tutte le altre strutture che vediamo nel cosmo.
Ma perché? “Perché l’universo dovrebbe decidere di avere questa presenza pervasiva dell’Higgs? È una domanda enorme”, ha detto Michelangelo Mangano, teorico delle particelle al CERN.
I fisici si chiedono se l’evento di rottura della simmetria dell’Higgs abbia avuto un ruolo nella creazione dell’asimmetria tra materia e antimateria nell’universo: cioè il fatto, ancora senza una spiegazione, che c’è molta più materia che antimateria.
Un’altra domanda è se il valore attuale del campo di Higgs sia stabile o se possa di nuovo cambiare improvvisamente, una prospettiva inquietante nota come “decadimento del vuoto”. Il valore del campo di Higgs può essere pensato come una palla che si è depositata sul fondo di una valle. La domanda è: ci sono valli ancora più profonde nella curva matematica che definisce i possibili valori del campo? Se la risposta è affermativa, la palla finirà per scavare un tunnel verso la valle più bassa e più stabile, corrispondente a un calo dell’energia del campo di Higgs. In questo caso crescerebbe una bolla di “vero vuoto”, più stabile, che abbracciando il “falso vuoto” in cui abbiamo vissuto, cancellerebbe tutto.
Non solo il campo di Higgs è legato all’origine e al destino dell’universo, ma il comportamento della particella di Higgs può anche rivelare particelle nascoste o sconosciute con cui interagisce, forse quelle che costituiscono la materia oscura mancante del cosmo.
In un collisore, quando le particelle si scontrano a una velocità prossima a quella della luce, la loro energia cinetica si converte in materia, formando di tanto in tanto particelle pesanti come il bosone di Higgs. Questo Higgs si trasforma rapidamente in altre particelle, per esempio una coppia di quark top o bosoni W, e la probabilità di ciascun risultato dipende dalla forza dell’accoppiamento dell’Higgs con ogni tipo di particella. Misurare con precisione le probabilità di questi diversi decadimenti di Higgs e confrontare i valori ottenuti con le previsioni del modello standard permette di rivelare se manca qualcosa, poiché la somma delle probabilità deve essere uno.
“Più studiamo l’Higgs, più potremmo scoprire che tutta la storia potrebbe non essere esattamente come ce la aspettiamo, il che ci porterebbe a una nuova fisica”, ha detto Melissa Franklin, fisica delle particelle alla Harvard University. “Da un punto di vista sperimentale, vogliamo solo fare un bel po’ di prove e vedere che cosa succede”.
Questo è uno dei motivi per cui Franklin e molti suoi colleghi vorrebbero costruire una macchina più grande, migliore. La prima fase del supercollisore proposto è stata soprannominata la “fabbrica degli Higgs”, perché la macchina farebbe scontrare elettroni e positroni con energie attentamente calibrate per massimizzare le possibilità di produrre bosoni di Higgs, i cui decadimenti successivi potrebbero essere misurati in dettaglio. Nella seconda fase, la macchina gigantesca farebbe scontrare protoni, provocando collisioni più caotiche ma molto più energetiche.
Con il Large Hadron Collider, la maggior parte degli accoppiamenti del bosone di Higgs con altre particelle del modello standard sono stati misurati con una precisione del 20 per cento circa, ma un futuro acceleratore che producesse molti più bosoni di Higgs, potrebbe definire i numeri con un’accuratezza dell’uno per cento. Questo permetterebbe di capire molto meglio se le probabilità raggiunge uno, oppure se i bosoni di Higgs decadono occasionalmente in particelle ignote.
Particelle extra accoppiate agli Higgs sono ipoitzzate da molte teorie fisiche che vanno oltre il modello standard, inclusi i modelli “twin Higgs” e di “relaxion”. “Sfortunatamente, ci sono così tanti modelli e così tanti parametri che non c’è speranza per un teorema che sicuramente accontenti tutti” – ha detto il fisico delle particelle Matt Strassler – ma solo un’opportunità”.
Forse l’accoppiamento più importante che i fisici vogliono definire con precisione è chiamato accoppiamento triplo di Higgs, in pratica la forza dell’interazione del bosone di Higgs con se stesso. Questo numero è misurato contando eventi rari, non ancora osservati con LHC, in cui un bosone di Higgs decade in due copie di sé. Il modello standard fa una previsione per il valore del triplo accoppiamento dell’Higgs, quindi qualsiasi deviazione da questa previsione indicherebbe l’esistenza di nuove particelle non incluse nel modello standard che influiscono sull’Higgs.
Misurare il triplo accoppiamento del bosone di Higgs rivelerebbe anche la forma della curva matematica che definisce i diversi valori possibili del campo di Higgs, aiutando a determinare se il vuoto del nostro universo è stabile o solo metastabile, cioè situato in un minimo locale oppure globale della curva. Se la previsione del modello standard per l’accoppiamento è corretta, allora l’universo è metastabile e destinato a decadere tra miliardi o migliaia di miliardi di anni.
Non è certo qualcosa di cui preoccuparsi, ma è un indizio importante sulla storia del nostro cosmo. La capacità di rivelare il destino dell’universo è il motivo per cui il triplo accoppiamento dell’Higgs “è al centro del programma sperimentale dei futuri acceleratori”, ha detto Cédric Weiland, fisico delle particelle all’Università di Pittsburgh, che ha studiato questo accoppiamento.
Con una fabbrica di Higgs, ha detto Weiland, i fisici potrebbero misurare il triplo accoppiamento di Higgs con una precisione del 44 per cento. Le collisioni protone-protone della seconda fase potrebbero definire il suo valore entro il cinque per cento.
L’aspettativa di base è che le misurazioni di un futuro acceleratore confermeranno il modello standard che – frustrando i tentativi dei ricercatori – sembra inaffondabile nonostante fornisca un resoconto incompleto dell’universo fisico. Alcuni fisici sono perplessi rispetto alla prospettiva di investire miliardi di dollari in una macchina che potrebbe limitarsi ad aggiungere qualche cifra decimale di precisione alla nostra conoscenza di un insieme noto di equazioni.
Nei prossimi anni, fisici e agenzie di finanziamento discuteranno il valore di un successore del Large Hadron Collider. La decisione di spendere vent’anni e altrettanti miliardi di dollari per costruire un acceleratore con una circonferenza di 100 chilometri dipende dal suo potenziale di scoperta. Gli acceleratori del passato hanno collocato i tasselli del modello standard uno per uno. Ma una volta completato quel puzzle, non c’è alcuna garanzia che una macchina futura trovi qualcosa di nuovo, lasciando i fisici con un dilemma: costruire o non costruire?
(L’originale di questo articolo è stato pubblicato il 4 marzo 2019 da QuantaMagazine.org, una pubblicazione editoriale indipendente online promossa dalla Fondazione Simons per migliorare la comprensione pubblica della scienza. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati)
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