
Nuove misure dell’osservatorio di esopianeti SPHERE aiutano a capire meglio le dinamiche alla base della formazione di nuovi sistemi stellari e il modo in cui i pianeti interagiscono con i dischi protoplanetari, le enormi strutture da cui i pianeti stessi prendono forma.
Tre gruppi di astronomi hanno realizzato osservazioni che gettano nuova luce sull’evoluzione di sistemi planetari in formazione. Le ricerche, i cui risultati saranno riportati in tre articoli già accettati per la pubblicazione da “Astronomy and Astrophyisics”, mostrano in che modo i pianeti contribuiscono a plasmare la forma dei dischi protoplanetari, enormi strutture formate da gas e polveri che orbitano attorno a stelle di recente formazione, e che costituiscono la fucina dei pianeti stessi. Le osservazioni sono state raccolte dallo strumento SPHERE dell’European Southern Observatory (ESO). SPHERE, il cui scopo principale è osservare nuovi esopianeti, è montato sul Very Large Telescope, l’enorme interferometro costruito nel deserto di Atacama, in Cile.
Il processo alla base della formazione dei pianeti all’interno dei dischi protoplanetari è noto: nel tempo, le particelle presenti nel disco collidono, si combinano e spesso portano a strutture più complesse, fino a formare nuovi pianeti. Tuttavia, molti dettagli riguardanti l’evoluzione dei dischi protoplanetari restano ancora misteriosi. In particolare, le dinamiche alla base dell’interazione tra i dischi e i pianeti in fase di formazione, interazione che può plasmare i dischi stessi secondo forme particolari (grandi anelli concentrici, bracci a spirale o forme più irregolari), non sono ancora ben chiare.

Grazie a SPHERE, strumento in grado di osservare direttamente e con un elevato livello di dettaglio la struttura interna dei dischi protoplanetari, il primo gruppo di ricercatori, guidato da Jos de Boer dell’Osservatorio di Leiden nei Paesi Bassi, ha scoperto un sistema di anelli concentrici in orbita attorno a RX J1615, una giovane stella della costellazione dello Scorpione distante 600 anni luce dalla Terra. In base alle osservazioni, l’intero sistema (che somiglia a una versione in grande scala degli anelli di Saturno) avrebbe un’età di soli 1,8 milioni di anni: un risultato sorprendente, perché la maggior parte dei dischi protoplanetari scoperti finora sono molto più vecchi, e che dimostrerebbe la possibilità che pianeti ancora nella fase iniziale della loro formazione possano già contribuire a plasmare la struttura del disco da cui essi stessi prendono forma.
Le osservazioni del gruppo di de Boer sono state rafforzate da quelle del gruppo guidato da Christian Ginski, sempre dell’Osservatorio di Leiden. Anche Ginski e i suoi collaboratori hanno scoperto un disco protoplanetario di recente formazione, costituito sempre da anelli concentrici, in orbita attorno alla stella HD 97048 nella costellazione del Camaleonte (a 500 anni luce dalla Terra).
La particolare simmetria dei sistemi rilevati da de Boer e Ginski è un altro aspetto inedito, perché la gran parte dei sistemi protoplanetari noti ha in realtà una forma fortemente asimmetrica.
Il terzo gruppo di astronomi, guidato da Tomas Stolker dell’Anton Pannekoek Institute for Astronomy, sempre nei Paesi Bassi, ha invece osservato un disco protoplanetario che orbita attorno alla stella HD 135344B, distante circa 450 anni luce dalla Terra.

In questo caso, le osservazioni di SPHERE mostrano come la forma del disco, caratterizzato da due grandi bracci a spirale, sarebbe stata creata da uno o più protopianeti molto massivi. Inoltre, gli astronomi hanno osservato la presenza di quattro filamenti scuri, probabilmente ombre prodotte dal movimento della materia all’interno del disco.
Uno di questi filamenti, nel corso delle osservazioni, ha cambiato forma, segnalando quindi la presenza di un’evoluzione nelle regioni più interne del disco (che non possono essere osservate direttamente da SPHERE) e costituendo quindi un raro esempio di evoluzione planetaria osservata in tempo reale.
Questi risultati mostrano quindi come la struttura complessa dei dischi protoplanetari che circondano giovani stelle sia ricca di comportamenti sorprendenti. Conoscere meglio le dinamiche alla base di questi processi rappresenterà un ulteriore vantaggio anche nella ricerca di nuovi esopianeti, uno dei settori più dinamici dell’astronomia.
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