Alla ricerca del tessuto dello spazio-tempo

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Alla ricerca del tessuto dello spazio-tempo
Rappresentazione dello spazio-tempo intorno alla Terra: nella visione della relatività generale, le masse curvano lo spazio-tempo, come una palla da bowling curverebbe un lenzuolo su cui è poggiata. I corpi intorno alle masse ne vengono attirati come se scivolassero sul tessuto dello spazio-tempo venendo attirati da una concavità
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Un gruppo di ricercatori italiani ha pubblicato uno studio teorico che collega relatività generale e meccanica quantistica, proponendo una soluzione a uno dei maggiori problemi della fisica. Il modello, che ha il pregio di poter essere verificato sperimentalmente, prevede uno spazio-tempo che alle scale più piccole ha una struttura granulare e discreta, e non più continua come ipotizzato nella fisica classica.

Se passiamo la mano su un panno di cotone oppure su uno di lana, ci sembreranno lisci, privi di discontinuità. Se li guardiamo con una lente d’ingrandimento o meglio con un microscopio ci appare evidente che si tratta di tessuti, in cui le fibre intrecciate formano una struttura reticolare discreta, nella quale i pieni si alternano ai vuoti.

La stessa cosa può valere per lo spazio-tempo, il tessuto composto da tre dimensioni spaziali e una temporale che pervade l’universo.

Secondo alcune teorie, a una dimensione piccolissima, nota come scala di Planck, pari a 10 elevato alla meno 33 centimetri, questo tessuto ha una struttura granulare. A questo insieme di teorie sulla natura dello spazio-tempo ora si aggiunge anche quella formulata da Stefano Liberati della SISSA di Trieste, Francesco Marin e Francesco Marino del LENS di Firenze e Antonello Ortolan dell’INFN di Padova, e pubblicata sulle “Physical Review Letters”.

Per capire la portata di questa proposta bisogna ripercorrere i concetti di spazio e di tempo formulati da varie teorie fisiche. L’idea di uno spazio-tempo continuo è fondamentale nella fisica classica come nella teoria generale della relatività. In queste teorie, tra due punti non ci sono buchi o salti, per quanto piccoli, in cui non esiste lo spazio o non esiste il tempo.

La teoria generale della relatività, basandosi su questo concetto continuo dello spazio-tempo spiega bene tutti i fenomeni del cosmo che hanno a che fare con l’interazione gravitazionale, descrivendo per esempio con precisione la dinamica delle grandi masse su grandi distanze.

All’estremo opposto della scala delle lunghezze, cioè nel mondo microscopico, la descrizione che la meccanica quantistica fa della realtà è un’altra. La materia ha una struttura granulare, caratterizzata da atomi e da particelle ancora più piccole degli atomi, e le grandezze fisiche sono appunto quantizzate, cioè possono assumere solo valori discreti, saltando da un valore a un altro, come quando si scendono o si salgono le scale. Ecco allora che per i fisici sperimentali nasce un problema fondamentale: come mettere d’accordo la meccanica quantistica con la relatività generale?

La risposta sarebbe una teoria quantistica della gravitazione, che però non esiste ancora come teoria consolidata e condivisa da tutti, nonostante decenni di tentativi. Così come sono, infatti, meccanica quantistica e relatività generale sono inconciliabili. Bisogna introdurre diversi postulati, rinunciando ad alcuni principi e mantenendone altri. Sono nati così “scenari” che differiscono tra loro per i diversi postulati iniziali e quindi per le conclusioni a cui arrivano.

Per alcuni di questi scenari, come nella gravità quantistica a loop, proposta per la prima volta dal gruppo di Lee Smolin, lo spazio-tempo non è continuo, ma ha una sua granularità a scale molto piccole, cioè sotto la scala di Planck, che è un limite assoluto per le lunghezze: al di sotto di essa non si può scendere.

Tutto questo però crea un problema. Se infatti consideriamo la teoria ristretta della relatività, elaborata sempre da Einstein prima della relatività generale, ci dobbiamo aspettare un peculiare fenomeno noto come contrazione delle lunghezze. Secondo uno dei principi della relatività ristretta, la cosiddetta invarianza di Lorentz, in opportune condizioni di moto un osservatore misurerebbe lunghezze anche più corte della lunghezza di Planck, che tuttavia è un limite assoluto. Di conseguenza, uno spazio-tempo granulare alle scale di Planck sarebbe inconciliabile con l’invarianza di Lorentz.

A meno di non rinunciare, come hanno fatto Liberati e colleghi nella loro teoria, a un altro cardine della fisica: il principio di località. Secondo questo principio, due eventi nello spazio-tempo possono essere legati da un rapporto di causa-effetto solo se sono connessi da una catena causale di eventi che si propaga con una velocità minore o uguale alla velocità della luce nel vuoto, un limite assoluto per qualunque corpo e qualunque segnale. Ciò significa che la fisica in un certo punto dello spazio-tempo può essere influenzata anche da punti molto distanti, non solo da quelli nelle vicinanze.

“Rispettiamo l’invarianza di Lorentz, ma tutto ha un prezzo, che in questo caso paghiamo con l’introduzione di effetti non-locali”, ha spiegato Liberati. “Naturalmente non si viola la causalità, e non si presuppongono informazioni che viaggiano più veloce della luce. Si introduce però la necessità di conoscere la struttura globale per sapere che cosa accade nel locale”.

Un aspetto importante del nuovo studio di Liberati e colleghi è la possibilità di verificarne sperimentalmente i risultati.

“Per sviluppare il nostro ragionamento abbiamo collaborato strettamente con i fisici sperimentali del LENS di Firenze. Stiamo già lavorando alla messa a punto degli esperimenti”, ha aggiunto Liberati.

L’obiettivo è individuare il limite che segna il confine tra lo spazio-tempo continuo e quello granulare e di conseguenza tra la fisica locale e quella non-locale.

Al LENS si sta ora costruendo un oscillatore armonico quantistico: un chip di silicio di pochi microgrammi che, portato a temperature vicine allo zero assoluto, viene illuminato da un laser ed entra in oscillazione armonica”, ha spiegato ancora Liberati. “Il nostro modello teorico prevede infatti la possibilità di testare gli effetti non locali su oggetti quantistici con massa non trascurabile, o meglio oggetti ‘al limite’: quantistici sì, ma di una dimensione dove sia ancora importante la massa, che rappresenta la ‘carica’ associata alla gravità, così come la carica elettrica è associata al campo elettrico”.

Una volta effettuate le misurazioni, Liberati e colleghi sapranno se sono sulla strada giusta.

“Se non dovessimo vedere l’effetto, in futuro potremo spostare più in alto l’asticella delle energie dove cercare la transizione: gli esperimenti già in preparazione dovrebbero essere capaci di spingere i vincoli sulla scala di non-località fino alla scala di Planck: in questo caso potremmo arrivare a escludere questi scenari con non-località, e già questo sarebbe un bel risultato, poiché daremmo una bella sfoltita alla giungla degli scenari teorici”, ha concluso Liberati. “Se invece osservassimo l’effetto, allora confermeremmo la presenza degli effetti non-locali, salvando la relatività ristretta e aprendo le porte a una nuova fisica.”

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