

Ha un entusiasmo contagioso e l’incredulità di chi non riesce a capacitarsi di aver vinto proprio lei, con il suo gruppo. Uno dei tre studiosi premiati del Gfi (Grant for Fertility Innovation) 2017, riconoscimento voluto e finanziato da Merck, parla italiano ed è il gruppo di Luisa Campagnolo, ricercatrice di Istologia ed Embriologia dell’università romana di Tor Vergata, come la collega Francesca Gioia Klinger. Lavorano in collaborazione con il centro di Sterilità e Procreazione assistita dell’ospedale romano Pertini, diretto da Rocco Rago. Un centro pubblico, che si occupa di ricerca di base.
·NEGLI USA
Laureata alla Sapienza di Roma, Campagnolo ha lavorato quattro anni allo Scripps Research Institute di San Diego dove – racconta – capitava di incontrare premi Nobel o di chiacchierare con Dulbecco. E dove era facile poter dire “I’m a scientist”, sono una scienziata, senza che nessuno si mettesse a ridere, come capita in Italia. Poi si fa tentare dalla nostalgia e partecipa ad un concorso per ricercatori a Roma e lo vince. Nel 2004 torna. “Perché l’Italia è il mio paese, e forse perché avevo qualche aspettativa in più. Poi mi sono accorta che da noi davvero la ricerca pubblica è quasi zero”.
·IL PROGETTO
Il progetto che vince oggi nasce a Tor Vergata quando Luisa decide di procedere come negli Stati Uniti. E far fare materialmente le cose ai suoi studenti – insegna Biotecnologie mediche – anziché raccontarle. Così allestisce un laboratorio didattico, con la collaborazione di Rocco Rago del Pertini, e mostra come si manipolano ovociti (di topo), come si crioconservano i gameti (quelli maschili sono umani ma di scarto), come si valutano. Un successone. Da questa collaborazione didattica nasce il progetto di ricerca, puntato sul fattore EGLF7, che aveva cominciato a studiare già negli Stati Uniti. Dietro la sigla si nasconde un regolatore dell’angiogenesi (e per questo è studiato anche in oncologia) ma Luisa è convinta che possa avere un ruolo importante anche nella riproduzione, poiché è implicato pure nello sviluppo placentare.
·L’IPOTESI
E quindi – ipotizza – perché EGLF7 non potrebbe essere importante anche per l’impianto dell’embrione, oggi il momento più problematico della fecondazione assistita e di cui si ignorano ancora tutti i meccanismi? Lo definisce una sorta di “buco nero” Rocco Rago, proprio perché non si conoscono i modi con cui l’embrione – una volta inserito in utero – dialoga con l’endometrio. Ed è il momento più delicato, perché fino al 60% degli impianti può fallire. Quando è inserito in utero l’embrione aspetta da 48 a 72 ore prima di impiantarsi. E forse manda messaggi all’endometrio. Poiché nei topi EGLF7 viene rilasciato dall’embrione poco prima dell’impianto, non potrebbe essere questo il modo in cui embrione ed endometrio comunicano?
·IL FUTURO
Un’ipotesi affascinante che, se verificata, potrebbe permettere di individuare un fattore responsabile dell’impianto, e agire su questo in modo specifico. Così, non potendo lavorare in vivo per problemi etici, con l’aiuto del Pertini e della Patologia Ostetrica di Tor Vergata (Carlo Ticconi) che forniranno biopsie endometriali di donne che hanno aborti ricorrenti, Campagnolo e il suo team faranno colture e studieranno come il fattore EGFL7 modula il segnale. “Se, come crediamo, questo fattore è importante per la recettività uterina – spiega la ricercatrice – potrebbe essere un obiettivo terapeutico, forse anche localmente. Potremmo ipotizzare una spennellatina di EGLF7 direttamente sull’endometrio per favorire l’attecchimento. E studiando il momento in cui l’embrione secerne questo fattore, individuare anche il momento più giusto per il transfer”.
·LA FESTA
Tutto questo avverrà nei prossimi due anni. Ma intanto – ammette Campagnolo, che ieri ha festeggiato il suo compleanno qui a Ginevra – questo premio è stato il più bel regalo di compleanno. “Abbiamo vinto ed è successo tutto in pochi mesi – racconta – e per me è un risultato fantastico. Avevamo vinto un altro progetto del ministero della Salute ma i fondi ci sono arrivati dopo tre anni, e nel frattempo erano stati pubblicati da altri i risultati di quello che noi avevamo proposto. Qui invece abbiamo presentato a dicembre il progetto e oggi avremo i fondi richiesti. E tutto al buio”.
·46 DOMANDE
I quarantasei lavori presentati per concorrere al premio sono stati infatti valutati senza alcuna indicazione che potesse collegare i progetti ai nomi dei proponenti. Per garantire assoluta imparzialità. E oggi Luisa – che è una delle vincitrici – può tornare a casa e dire ai suoi bambini – senza suscitare ilarità – che mamma è davvero una scienziata.
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