
Gli spermatozoi alleati nella lotta contro il cancro. Chi meglio delle cellule sessuali maschili, abituate a “nuotare” nel tratto riproduttivo femminile, per consegnare farmaci mirati contro i tumori della cervice? Nuovi esperimenti in laboratorio fanno ben sperare.
Uno dei problemi dei farmaci chemioterapici è che agiscono indiscriminatamente su cellule malate e sane, causando effetti collaterali a cascata. Una soluzione per somministrazioni mirate, nel caso dei tumori alla cervice uterina, potrebbe venire dagli spermatozoi.
L’idea non è nuova, ma ha dato in laboratorio nuovi, incoraggianti risultati. Le cellule sessuali maschili sono biologicamente ottimizzate per nuotare nel tratto riproduttivo femminile. Andrebbero dritte all’obiettivo – il collo dell’utero – consegnandovi direttamente il farmaco, senza che questo sia diluito o demolito dagli enzimi della paziente. Permetterebbero dosaggi più consistenti riducendo gli effetti collaterali sul resto dell’organismo e non sarebbero prese di mira dal sistema immunitario femminile, grazie ad alcune proteine presenti sulla loro membrana cellulare.
MOLTO EFFICIENTI. Forti di queste conoscenze, i ricercatori del Leibnitz Institute for Solid State and Materials Research, in Germania, hanno caricato un campione di spermatozoi con doxorubicina, un diffuso farmaco antitumorale, e li hanno guardati nuotare in una piastra di Petri contenente versioni in miniatura di tumori alla cervice uterina. Gli spermatozoi si sono diretti verso i tumori, uccidendo l’87% delle cellule malate nel giro di tre giorni. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica ACS Nano.
TELEGUIDATI. In un secondo esperimento i ricercatori hanno fissato strutture magnetiche a quattro braccia alla testa degli spermatozoi per guidarne il moto. Al contatto con il tumore, le braccia dello “spermbot” si sono aperte, liberando la cellula e il suo prezioso carico a base di farmaco. La tecnica dovrà ancora essere testata su creature in carne ed ossa – e sull’uomo – ma un giorno potrebbe servire a trattare diversi problemi del tratto riproduttivo femminile, inclusa l’endometriosi.
Ma quanto vivono gli spermatozoi dopo un’eiaculazione? La vitalità degli spermatozoi è determinata da alcuni parametri chimico-fisici. La vitalità degli spermatozoi è determinata da alcuni parametri chimico-fisici tra i quali soprattutto la temperatura e il grado di acidità (il pH) dell’ambiente.
Nello sperma, che contiene oltre agli spermatozoi anche il plasma seminale, la temperatura deve essere compresa tra 37 e 37,5 °C, ci deve essere una leggera alcalinità (pH tra 7 e 7,5) e la disponibilità di zuccheri. Alterazioni anche piccole di questi fattori compromettono la possibilità di sopravvivenza degli spermatozoi. I testicoli non scesi, cioè ritenuti all’interno del corpo (difetto chiamato criptorchidismo) possono provocare sterilità proprio perché la temperatura interna è troppo alta per la vitalità degli spermatozoi.
E IL NAUFRAGAR M’È DOLCE… Nella vagina, durante i periodi di non ovulazione, l’ambiente è acido (pH inferiore a 6) e gli spermatozoi dunque vivono poco, anche solo alcuni minuti. Nei giorni vicini all’ovulazione, invece, quando è presente il muco cervicale, che ha il pH giusto, gli spermatozoi sopravvivono alcune ore, da 2 a 16. Dopo aver superato il muco cervicale, essi si diffondono, a ondate, nell’utero, nelle tube e anche nella cavità peritoneale e qui possono sopravvivere anche giorni.
STIAMO FRESCHI. Se sono emessi all’esterno, a temperatura ambiente, per esempio a 15 °C, rimangono vitali circa uno o due giorni, ma non tutti e in percentuali sempre più basse col passare del tempo e comunque con grande variabilità secondo la persona e l’età. A 36 °C vivono poche ore.
Per conservarli due o tre giorni si possono mettere a 4 °C (la temperatura di un frigorifero), ma per la loro sopravvivenza è indispensabile aggiungere alcune apposite sostanze criopreservanti. Con la crioconservazione, invece, la provetta è tenuta alla temperatura di -196 °C, in azoto liquido, con sostanze preservanti più forti e gli spermatozoi si conservano per anni e anni, a tempo indefinito (è quello che fanno le “banche del seme”).
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