
Il tema è da sempre discusso nel mondo ambientale – ricordate il clamoroso studio di Greenpeace che sosteneva che una vecchia Golf fosse più ecologica nel ciclo di vita complessivo di una nuova ibrida – e si sa che se l’energia non arriva dalle rinnovabili le elettriche sono messe male. Ma ora è tutto nero su bianco, ad opera del corposo studio ‘Comparative Environmental Life Cycle Assessment of Conventional and Electric Vehicles’ pubblicato sul Journal of Industrial Ecology.

L’Italia? Pensavamo peggio: siamo a metà classifica con un valore equivalente di 170 g/km di CO2. La Germania sale a 179, la Gran Bretagna a 189 e gli Stati Uniti ‘sforano’ in zona rossa (si utilizza ancora il carbone) a 202 g/km.
Male anche Messico (203) e Turchia (204) ma le cose peggiorano, e non di poco, per Cina (258), Indonesia (270), Australia (292), Sudafrica (318) e India (370) tutti Paesi che sono fortemente dipendenti dal carbone per produrre elettricità.
Tutti livelli di emissioni – secondo ‘Comparative Environmental Life Cycle Assessment of Conventional and Electric Vehicles’ molto più alti rispetto ai diesel e ai benzina. Solo con l’arrivo delle rinnovabili le cose potranno cambiare. E solo con auto elettriche meno costose da produrre queste emissioni complessive potranno calare: se una vetture a batterie costa come una Porsche, è evidente che una Panda avrà – in termini di emissioni complessive – sempre e comunque un vantaggio straordinario.
Certo, rileggendo lo studio pubblicato sul Journal of Industrial Ecology dopo le polemiche sul mondo del diesel viene da pensare che ormai nel settore si è persa la serenità di giudizio. Cosa ovviamente grave perché parliamo di problemi tecnici molto seri, che incidono sulla salute di intere popolazioni.
L’auto elettrica ha enormi vantaggi, ovvio. E il primo è quello che consente di “spostare” le emissioni di CO2, allontanandole dalle grandi città. Non è un caso che la sua ascesa sia inarrestabile. O che in Borsa le aziende specializzate in vetture a batteria volino. Ma qui non si tratta né di accusare qualcuno né di difendere una tecnologia o spingerne un’altra. L’obiettivo – sempre difficile – è solo quello di cercare di capire, nella loro interezza, la portata dei problemi.
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