
”Make Our Planet Great Again”. Posando accanto a questo slogan, il presidente francese Emmanuel Macron sfida Donald Trump a pensare in grande, a risolvere i problemi anziché crearli. Per il secondo anniversario dell’accordo di Parigi sul clima, il governo francese ha organizzato l’One Planet Summit che serve a rendere evidente una contraddizione planetaria: l’industria globale sta accelerando il passo verso un sistema di produzione in sintonia con l’ambiente, Washington tira il freno aiutando il caos climatico.
“Stiamo perdendo la battaglia contro il riscaldamento climatico”, ha avvertito Macron davanti a decine di capi di Stato e di governo. E la stiamo perdendo non perché la rotta di riconversione sia sbagliata, anzi i segnali di crescita dell’efficienza energetica, delle fonti rinnovabili sono netti. Il problema, come ha sottolineato il presidente francese è che “non andiamo abbastanza veloci e questo è il dramma: dobbiamo muoverci tutti, perché saremo tutti chiamati a rendere conto delle nostre azioni”.
Parigi ha presentato al summit – a cui partecipano 50 capi di Stato e di governo e i rappresentanti di 130 Paesi – 12 progetti da centinaia di milioni di dollari per combattere il cambiamento climatico: si va da un programma per lo sviluppo di auto elettriche in otto Stati americani a un fondo di investimento per i paesi caraibici colpiti dagli uragani passando per i finanziamenti alla Fondazione di Bill Gates che sostiene l’agricoltura avanzata. “Il mondo va avanti, va avanti anche senza gli Stati Uniti e loro rischiano di perdere un’occasione per la loro economia e per il loro ambiente”, ha detto il ministro dell’Ambiente italiano, Gian Luca Galletti.
Clima, Macron al vertice di Parigi: “Stiamo perdendo la battaglia”
Nonostante il taglio delle emissioni deciso nel vertice sul clima del dicembre 2015, l’obiettivo di bloccare il riscaldamento climatico entro un tetto compreso tra 1,5 e 2 gradi di aumento rispetto all’era preindustriale si allontana. Nel 2017, dopo tre anni di stasi, le emissioni di anidride carbonica sono tornate a crescere.
“La responsabilità è della Cina, che consuma il 51% del carbone mondiale, e che nel 2017, avendo avuto un calo dell’idroelettrico, ha invertito il trend aumentando l’utilizzo del carbone”, spiega Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile. “Però ci sono anche segnali positivi. Ad esempio i green bond, che in buona parte finanziano l’economia low carbon, erano poco più di 40 miliardi di dollari nel 2015: sono raddoppiati nel 2016 superando gli 80 miliardi e nel 2017 sono di nuovo più che raddoppiati, superando i 221 miliardi di dollari”.
E il vertice di Parigi ha rafforzato questa tendenza: la Banca Mondiale ha fatto sapere che smetterà di finanziare a partire dal 2019 qualsiasi progetto di esplorazione e sfruttamento di petrolio e gas. Dal 2018 pubblicherà annualmente le emissioni di gas serra dei progetti che finanzia nei settori più inquinanti.
Inoltre la società di assicurazioni Axa ha annunciato che rinuncerà a stipulare polizze con le aziende coinvolte nella costruzione di centrali a carbone: il gruppo francese prevede di ritirare quasi 2,5 miliardi di euro di investimenti. Parallelamente, aumenterà i suoi investimenti green di 9 miliardi di euro entro il 2020. Anche la banca olandese ING entro il 2025 smetterà di finanziare i progetti basati sull’uso del carbone.
Infine, 237 aziende hanno deciso di valutare il rischio climatico nelle loro attività; tra queste 20 delle maggiori banche del mondo e l’80% dei gestori patrimoniali. Un gruppo di oltre 200 grandi investitori, tra cui HSBC e il più grande fondo pensionistico pubblico degli Stati Uniti (CalPERS), metterà sotto pressione 100 società tra le più inquinanti come gas serra perché riducano le loro emissioni.
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