Primi vagiti del satellite europeo che scoprirà esopianeti

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Plato ha acceso il cervello, reportage dal laboratorio dell’Inaf  Iaps di Roma. Mercoledì 26 agosto la Instrument Control Unit (Icu) di Plato – il futuro cacciatore di nuove Terre potenzialmente abitabili dell’Agenzia spaziale europea, con lancio previsto nel 2026 – è stata accesa per la prima volta in maniera ufficiale e nominale. Ne parla oggi su Media Inaf Stefano Pezzuto, software system engineer della Icu

Buongiorno, signori. Io sono la Icu di Plato. Entrai in funzione in un laboratorio dell’Inaf di Roma, il 26 agosto 2020.

Forse è un po’ eccessiva la citazione da 2001 Odissea nello spazio, ma per la missione Plato dell’Agenzia spaziale europea (Esa) la data del 26 agosto rimarrà certamente fra le più importanti. Uno dei computer di bordo, la Icu (Instrument Control Unit), è stato acceso per la prima volta in maniera del tutto simile a ciò che avverrà tra qualche anno nello spazio: tramite un simulatore di satellite, è stavo inviato un comando che ha dato l’ordine a un alimentatore di fornire tensione alla Icu. E la Icu ha preso vita, mandando i suoi primi “vagiti”: pacchetti di telemetria che contengono informazioni sullo stato della Icu stessa.

La Instrument Control Unit (Icu) di Plato – la scatola di metallo di colore argento al centro della foto – nel laboratorio del gruppo infrarosso dell’Inaf Iaps di Roma. A sinistra, Emanuele Galli, ingegnere software dello Iaps; a destra, a un metro di distanza, Luca Serafini, ingegnere hardware della Kayser Italia. Crediti: Stefano Pezzuto/Inaf Iaps di Roma
La Instrument Control Unit (Icu) di Plato – la scatola di metallo di colore argento al centro della foto – nel laboratorio del gruppo infrarosso dell’Inaf Iaps di Roma. A sinistra, Emanuele Galli, ingegnere software dello Iaps; a destra, a un metro di distanza, Luca Serafini, ingegnere hardware della Kayser Italia. Crediti: Stefano Pezzuto/Inaf Iaps di Roma

Non è in realtà la prima volta che la Icu viene accesa, dato che l’unità è stata sottoposta a numerosi test da parte di Kayser Italia, la ditta di Livorno che ha fornito l’hardware e parte del software di bordo, prime della consegna ad Asi e Inaf, ma quella del 26 agosto è la prima accensione effettuata in maniera ufficiale e nominale.

Plato è una missione Esa con lancio previsto nel 2026. Avrà il compito di trovare esopianeti simili alla Terra orbitanti intorno a stelle come il Sole. Naturalmente scoprirà un gran numero di esopianeti come quelli già osservati da precedenti missioni, ma l’obiettivo principale sarà proprio quello di trovare una seconda Terra, e sistemi planetari simili al Sistema solare.

Per raggiungere tale scopo, il satellite userà la tecnica dei transiti: sfrutterà cioè le variazioni di luminosità che una stella subisce quando un pianeta che le orbita intorno si interpone tra la stella e la Terra. La variazione di luminosità è estremamente debole – poche parti per milione – cosicché, per essere sufficientemente sensibile, Plato userà non un “occhio”, bensì 26. Due telescopi acquisiranno immagini velocemente – una ogni 2,5 secondi – per osservare stelle brillanti; gli altri 24 acquisiranno un’immagine ogni 25 secondi. I primi due sono detti telescopi veloci, gli altri vengono chiamati normali. I dati dei vari telescopi saranno quindi combinati a terra per raggiungere la sensibilità richiesta.

Rappresentazione artistica di Plato. Crediti: Esa/Atg Medialab
Rappresentazione artistica di Plato. Crediti: Esa/Atg Medialab

Per elaborare le immagini dei telescopi si useranno 12 Dpu (Digital Processing Unit), una ogni due telescopi normali, dette quindi N-Dpu, e due per acquisire i dati dei telescopi veloci (F-Dpu, fast Dpu). La mole di dati da gestire sarà enorme, e uno dei compiti della Icu sarà quello di acquisire tutti i dati di scienza dalle Dpu, comprimerli e trasmetterli a terra. La Icu sarà l’unico computer a interfacciarsi direttamente con il modulo di servizio (service module) che tramite antenna collegherà Plato ai centri di ascolto a terra. Essa dovrà gestire e smistare i comandi ai vari sottosistemi, come le Dpu, dovrà controllare lo stato di salute della missione, eventualmente attivando delle procedure di emergenza nel caso qualche cosa non dovesse funzionare come ci si aspetta. Plato, come diverse missioni quali Herschel o Gaia, lavorerà in L2, il punto Lagrangiano a un milione e mezzo di chilometri dalla Terra, e sarà in contatto con le antenne terrestri solo poche ore al giorno, tipicamente due o tre, per cui la maggior parte della vita operativa sarà condotta in autonomia.

La consegna all’Inaf – Istituto di astrofisica e planetologia spaziali (Iaps) di Roma da parte di Kayser Italia è avvenuta in condizioni non usuali, per il dovuto rispetto delle norme di sicurezza connesse con la pandemia Covid-19. L’evento è stato quindi seguito allo Iaps da poche persone soltanto, mentre altri collaboratori si sono collegati in remoto. Nella foto in alto è possibile vedere la Icu – la scatola di metallo di colore argento sullo sfondo – tra Emanuele Galli, ingegnere software dello Iaps, e Luca Serafini, ingegnere hardware della Kayser. Rigorosamente con mascherina e a distanza di un metro. Giovanni Giusi è l’altro ingegnere software dello Iaps che ha lavorato sul software della Icu.

Partecipazione italiana a Plato – L’Inaf ha un ruolo molto importante in Plato: per quanto riguarda la Icu ne ha la responsabilità sia dell’harware che del software. La realizzazione dell’hardware è affidata alla Kayser Italia, insieme a Iwf, un istituto di ricerche spaziali di Graz, ed è coordinata dall’Inaf da ricercatori del Telescopio nazionale Galileo (La Palma, Isole Canarie) e dell’Osservatorio Astrofisico di Arcetri. Il software è realizzato dallo Iaps, insieme a Kayer Italia e all’Università di Vienna.  Alcuni ricercatori Inaf dell‘Osservatorio di astrofisica e scienza dello spazio di Bologna, dell’Osservatorio astrofisico di Catania e dello Iaps coordinano le attività del team internazionale – composto da istituti di ricerca e industrie di nove paesi europei e da ricercatori e ingegneri dell’Esa – di costruzione, integrazione, verifica e consegna dei 26 telescopi. Inoltre, le parti opto-meccaniche dei telescopi sono costruite, integrate e verificate da un raggruppamento di imprese che fa capo alla Leonardo con la partecipazione di Thales Alenia-Space e Media Lario, con il supporto e la supervisione del team scientifico basato negli osservatori Inaf di Padova e Catania. L’Università di Padova e l’Asi Ssdc hanno il delicato compito di coordinare la selezione dei campi stellari da osservare con Plato, per massimizzare il ritorno scientifico della missione. L’Italia è, in generale, coinvolta nella preparazione scientifica e nello sfruttamento scientifico dei dati Plato. La missione in Italia è finanziata dall’Asi e cofinanziata dall’Inaf.

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