L’intelligenza artificiale come consulente finanziario

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Consulenti finanziari e intelligenza artificiale, il futuro è adesso. Grandi aspettative e qualche preoccupazione. La ricerca Finer: anche i più giovani vogliono un interlocutore vero in Intelligenza artificiale.

«Non temo l’intelligenza artificiale, ma i miei concorrenti che sapranno usarla prima e meglio di me».

L’espressione è stata usata da un consulente finanziario in un focus group in preparazione della ricerca che è stata presentata da Finer, di Nicola Ronchetti, all’Efpa Meeting 2023 (l’Efpa è un ente di certificazione della formazione dei consulenti finanziari, presieduta da Marco Deroma) tenutosi a Firenze nei giorni scorsi.

E dà bene l’idea di come i consulenti si approccino al tema dell’intelligenza artificiale: con grandi aspettative e con qualche preoccupazione. Ma anche una certezza, che il “domani” dell’intelligenza artificiale, è già oggi.

Servizi a maggiore valore aggiunto

«Emerge in modo molto chiaro che l’intelligenza artificiale non sostituisce il rapporto tra consulente e cliente, ma permette di fornire servizi a maggiore valore aggiunto – spiega Ronchetti -. I professionisti con grandi portafogli e gli investitori private sono sicuramente i soggetti che in questo momento fanno da apripista sull’uso dell’intelligenza artificiale».

Il tempo e la gestione dei costi sono gli elementi percepiti come più importanti. «L’intelligenza artificiale consentirà sicuramente di rendere più veloci tutti i processi – aggiunge Ronchetti -, soprattutto per l’individuazione dei bisogni dei clienti, esaminando in tempi brevissimi quantità enormi di dati, per offrire proposte mirate».

Secondo Ronchetti l’intelligenza artificiale, come tutte le invenzioni importanti a partire da quella della ruota, renderà tutto molto più veloce e consentirà grandi vantaggi competitivi ai primi che la sapranno adottare anche nel settore della consulenza finanziaria.

Previsioni di utilizzo

Il futuro però per clienti e consulenti non è qualcosa di là da venire, è già adesso, anche perché le reti e le banche più importanti del nostro Paese stanno già utilizzando l’Ai.

E dall’analisi Finer emerge che una buona fetta di professionisti e di investitori vede un impatto dell’Ai già nei prossimi due o tre anni, anche se la maggioranza è più convinta che ciò avverrà più verosimilmente tra i prossimi 5-10 anni.

I dati della ricerca Finer

La ricerca ha individuato dunque come trend setter professionisti con maggiori portafogli, investitori under 30anni e investitori private/Hnwi (High Net Worth Individual, ovvero individui ad alto patrimonio netto).

Si tratta anche dei soggetti che conoscono meglio l’intelligenza artificiale, in un contesto in cui tra professionisti e clienti la percentuale si aggira intorno al 15 per cento.

Mentre i professionisti utilizzano l’intelligenza artificiale soprattutto per ricerche generiche, gli investitori cercano con una certa attenzione anche dati relativi agli investimenti finanziari.

Anzi è la voce più gettonata per investitori finali e per la loro componente private/Hnwi. Mentre gli under30 la utilizzano soprattutto per generare testi.

Il nodo della spersonalizzazione dei rapporti

La buona notizia per i professionisti è che anche i più giovani, gli under 30 nel 59 per cento dei casi vogliono avere a che fare con un consulente in carne ed ossa.

«L’idea dell’avatar che gestisce le relazioni con il cliente – spiega Ronchetti – è sicuramente qualcosa che non attrae neanche i giovani».

Anzi uno dei problemi maggiori legati all’intelligenza artificiale è proprio quello della spersonalizzazione dei rapporti, sia per i professionisti che per i clienti in generale. Per gli under 30 questo problema c’è, ma viene visto come rischio maggiore quello di una omologazione dell’offerta.

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