
Coronavirus, sul fondo Ue da mille miliardi c’è l’intesa. Partita sui bond per finanziarlo e tempi d’attivazione. Il vertice di oggi pomeriggio darà mandato alla presidente von der Leyen di definire il Recovery Fund. Si dibatte dell’emissione di obbligazioni comuni per armarlo. E su quante risorse andranno agli Stati a fondo perduto e quanto dovranno esser restituite
Si parte alle tre di oggi pomeriggio per il quarto vertice in videoconferenza dei leader europei dall’inizio della pandemia. Questa volta un risultato, arriverà, parziale ma non per questo meno importante: dopo mesi di litigi, ora i capi di stato e di governo dell’Unione daranno il via libera al Recovery Fund con un piano da 1000 miliardi raccolti sui mercati per salvare dal default i paesi più colpiti dal virus e con meno possibilità di spesa a causa dell’alto debito pregresso. Questi soldi si sommeranno al normale bilancio Ue 2021-2027, per un totale di 2.000 miliardi.
I leader però non sono d’accordo sui dettagli, fondamentali in una colossale operazione finanziaria come questa. Ecco perché i primi ministri daranno mandato alla Commissione europea di presentare una proposta che poi sarà negoziata dai ministri delle Finanze (Eurogruppo) nella speranza che torni agli stessi capi di governo a giungo per il via libera finale. Ursula von der Leyen ha già pronto il testo, ma vista la mole di dettagli da sistemare probabilmente non lo pubblicherà la prossima settimana, come inizialmente previsto, ma ai primi di maggio.
Tornando al Recovery Fund: come detto von der Leyen punta a 1.000 miliardi. 320 saranno raccolti direttamente con gli Ursula Bond, titoli di debito comune garantiti dal bilancio Ue 2021-2027 emessi dalla Commissione. Bruxelles immagina di darne 160 ai governi più in crisi sotto forma di aiuti a fondo perduto (in modo da non gravare sui debiti sovrani già appesantiti dalla crisi) e 160 come prestiti a costo zero e a lunghissima scadenza (quindi più convenienti dei buoni di debito nazionali). Il resto dei soldi sarebbe raccolto con differenti leve legate agli investimenti e spalmato su altri tre programmi per il rilancio dell’economia.
I governi però litigheranno, e tanto, su tutti questi dettagli. Primo, la quantità di bond veri e propri. Secondo, quanto dare come sussidio da non rimborsare e quanto come prestiti. Ovviamente il fronte del sud spinge per la generosità, i nordici per la parsimonia.
E infine il nodo più grande: il piano partirebbe non prima del 2021. I governi infatti si devono mettere d’accordo sul bilancio 2021-2027, dossier titanico sul quale litigano da due anni. Poi sul Recovery Fund. Tutto quanto andrà ratificato dai parlamenti nazionali, con tempi incerti e soprattutto con rischio bocciatura. Ma l’Italia – su questo punto la Francia ha meno fretta – consapevole della sua precaria posizione sui mercati, vuole che i soldi di Bruxelles arrivino già nei prossimi mesi. Si immagina allora una soluzione ponte che inizi a far partire un progetto pilota che poi sfocerebbe nel grande piano: ma convincere i nordici non sarà facile. Unica speranza: la diplomazia europea parla di una Angela Merkel completamente arruolata alla causa, convinta che l’Italia vada aiutata a reggere l’urto di una crisi della quale nessuno ha colpa. Se il Belpaese crollasse, ragionano alla Cancelleria, l’industria tedesca rimarrebbe inchiodata senza indotto. E soprattutto, crollerebbero l’euro è l’unione.
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